L'aria di Milano? Più che inquinata è depressiva
lunedì 19 febbraio 2024

A Milano, si sa, tira spesso una brutta aria. Soprattutto se per qualche giorno non piove e non c’è vento. L’aria diventa particolarmente irrespirabile, però, quando al crescere delle concentrazioni di polveri sottili e ossidi d’azoto rilevati dalle centraline corrisponde un incremento del tasso di polemiche con successivo surriscaldamento del clima politico. Perché lo smog è fondamentalmente un fatto politico. Lo è a tal punto che per spiegare com’è l’aria a Milano non serve nemmeno ricorrere ai numeri, dato che li danno già in tanti.

Per esempio, qualche giorno fa le centraline dell’Arpa Lombardia hanno segnalato che a Milano le concentrazioni di Pm10 avevano superato ampiamente i livelli d’allarme, poi l’Agenzia spaziale europea ha informato che a gennaio in tutta la Pianura Padana il particolato fine aveva superato più volte le soglie critiche, per ultima ecco una società svizzera produttrice di purificatori d’aria diffondere la notizia che domenica Milano è risultata la terza città più inquinata al mondo quanto alle polveri sottili Pm2.5, molto più fini delle Pm10.

Come stanno veramente le cose? Dunque, effettivamente l’aria non è buona. Anzi. Se però si allarga lo sguardo andrebbe detto che mediamente oggi l’aria è migliore rispetto agli anni Settanta, Ottanta, Novanta, perché l’eliminazione dei carburanti più inquinanti, dei veicoli più vecchi e delle caldaie meno efficienti ha dato buoni frutti. Tra l’altro proprio l’Arpa Lombardia ha certificato il mese scorso che da quando si rilevano i dati il 2023 è stato l’anno migliore di sempre per la regione, quanto a qualità dell’aria, ancora meglio del 2022 che era stato migliore del 2021. In media, s’intende.

Il problema in Pianura Padana nasce quando d’inverno non piove o non tira vento, c’è alta pressione e un bel sole che splende oltre la cappa color ruggine che sovrasta l’orizzonte. Perché gli inquinanti ristagnano e si accumulano. Ma quali inquinanti? Dipende. Se si guarda alla Lombardia quasi la metà del particolato arriva dalla combustione della legna, cioè stufe e caminetti, e per un quinto dal traffico. Se si guarda a Milano le proporzioni s’invertono. L’agricoltura è responsabile di quasi tutto l’inquinamento da ammoniaca, che peraltro è anche all’origine del Pm10 secondario, che si forma per reazione chimica con altri inquinanti. Mentre gli NOx, anche questi produttori in seconda battuta di particolato, arrivano sostanzialmente ancora dalle auto diesel.

Il concetto di fondo è che si guarda all’Italia l’inquinante principale può arrivare da una determinata fonte, se si scende a livello regionale se ne trova un’altra, in città il mix cambia di nuovo. In montagna, per dire, i guai arrivano dall’ozono, mentre l’aria peggiore quanto a particolato si respira paradossalmente aspettando il treno sulle banchine dell’ecologica metropolitana. Insomma, per quanti sforzi si possano fare, come ne sono stati fatti negli ultimi anni, lo smog ci insegue come l’ombra e le condizioni atmosferiche riescono sempre a fare la differenza, soprattutto in Pianura Padana e a Milano.

Proprio per questo il clima peggiore per i cittadini è quello che li immerge, già prigionieri, in un contesto in cui mentre i polmoni si infiammano e la mente non trova di meglio che sperare nella pioggia (la neve non si osa nemmeno) le istituzioni si azzuffano rimpallandosi le responsabilità. Non saranno blocchi del traffico d’emergenza nelle zone centrali né la liberazione delle ciclabili urbane dai furgoni delle consegne a fare la differenza, o magari lo sblocco di una fermata di metrò che attende di essere completata da anni: può invece essere utile provare a pensare che lo smog non è tutto e solo a Milano, ma un po’ ovunque, e che una metropoli è un tantino più complessa, e più grande, delle sue varie Ztl.

Ci sono studi che calcolano quante morti premature si potrebbero evitare riducendo lo smog. Non meno interessanti sono quelli che indicano l’esistenza di una solida correlazione tra la concentrazione di polveri sottili in un’area e i tassi di depressione della popolazione che vi risiede. Ovviamente non è del tutto chiaro se la causa del malessere sia totalmente imputabile allo smog. Cercare di andare d’accordo mentre soffochiamo, sarebbe già un bel risultato.

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