sabato 17 febbraio 2024
Il centravanti della Roma e del Belgio porta all'attenzione del mondo il dramma che si consuma nel suo paese d'origine nel silenzio del mondo. Padre Zanotelli ai calciatori: imitate il vostro collega
Il gesto significativo di Lukaku

Il gesto significativo di Lukaku - Reuter

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Una mano che simula una pistola puntata alla tempia, l’altra che copre la bocca: è il gesto con il quale Romelu Lukaku, centravanti della Roma e del Belgio, ha sottolineato il gol del pareggio nella partita dei giallorossi contro il Feyenoord, match di Europa League disputato giovedì sera nello stadio di Rotterdam.

Serio in volto, gli occhi bassi, tutt’altro che un’esplosione di gioia per una rete importante per il futuro della Roma nella competizione europea per club sorella minore della Champions.

Ce l’aveva con i tifosi per una delle periodiche ruggini di una star del football con gli ultras? Ha un conto aperto con la società per qualche grana contrattuale? Niente di tutto questo: Romelu ha voluto mettere al servizio della sua gente la notorietà sportiva che ne fa un ambasciatore nel mondo della Repubblica democratica del Congo.

La sua gente, in questo caso, non sono i romanisti ma i congolesi che soffrono per una guerra civile endemica consumata a spese di una terra tra le più ricche dell’Africa per materie prime, e proprio per questo tra le più soggette a predazioni, appetiti, contese feroci, conflitti senza fine e senza apparente soluzione. Ne sappiamo qualcosa anche noi italiani: dentro il buco nero della violenza che da decenni dilania il Congo sono finite risucchiate anche le vite dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci che lo scortava, uccisi in un’imboscata insieme all’autista locale Mustapha Milambo lungo la strada tra Goma e Rutshuru.

Come fare per non lasciare che questa catastrofe che si consuma lontano dagli occhi di quasi tutti i media (quasi tutti... ) finisca dimenticata al pari di decine di altre in giro per il pianeta?

Lukaku, nato ad Anversa da genitori congolesi, ha deciso di sfruttare la ribalta del calcio, e quando l’attenzione si concentra su di lui – dopo un gol, gli occhi dello stadio e del pubblico televisivo sono tutti per chi ha fatto centro – ha voluto riassumere il dramma della sua terra in un gesto drammatico e dolente, lo stesso usato dall’intera nazionale congolese durante l’inno nazionale prima di ogni partita della recente Coppa d’Africa: una pistola alla tempia a evocare la violenza, la mano che copre la bocca per denunciare il silenzio in cui viene lasciato scorrere il sangue.

È stato lui stesso a chiarire in un post sui social il senso di quel gesto che poteva sembrare enigmatico: «Free Congo DR - Stop the genocide» ha scritto senza mezzi termini accanto alla sua foto dopo il gol, «Liberate la Repubblica Democratica del Congo. Fermate il genocidio». Per chi condivide l’amore per l’Africa e il dolore per le sue innumerevoli ferite con “Big Rom” – com’è soprannominato affettuosamente Lukaku, un nomignolo che rimanda alla sua bontà d’animo, da qualcuno scambiata per debolezza di carattere e volubilità – il gesto di Rotterdam dev’essere enfatizzato e se possibile reso seriale per tener desta l’attenzione verso i drammi che si consumano dove spesso non vogliamo guardare.

È padre Alex Zanotelli, missionario di lungo corso, a invitare a non scambiare la mesta esultanza del centravanti congolese per una banale curiosità da cronaca calcistica: «In sessant’anni di guerre – ha dichiarato all’agenzia AdnKronos – ci sono stati dodici milioni di morti. Eppure non si parla mai del Congo dove si combatte ogni giorno, al centro le risorse minerarie: dai diamanti all’oro, al cobalto». Zanotelli invita i giocatori africani a far uscire dal silenzio le ingiustizie che spesso si consumano nei loro Paesi, imitando il coraggio di Lukaku.

Un appello rivolto anzitutto ai calciatori congolesi ma che potrebbe trovare ascolto anche tra i numerosissimi figli d’Africa che militano nel campionato italiano e nei ricchissimi tornei occidentali. «Quel gesto-simbolo – dice padre Alex – che racchiude l’atrocità silenziata che sta vivendo il Congo venga ripetuto nelle partite. Rompiamo anche così il silenzio!». Tra tante esultanze stravaganti a uso delle telecamere – balletti, imitazioni, sceneggiate – ben venga un gesto che rompe il muro dell’indifferenza su intere parti di mondo dalle quali importiamo ricchezze naturali e talenti sportivi senza far caso alle terre da cui arrivano e alle loro troppe sofferenze.

E proprio questa settimana il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha espresso preoccupazione per la "escalation di violenza" nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo, condannando un'offensiva lanciata dai ribelli dell'M23 vicino a Goma, che ha una popolazione di un milione di abitanti. Negli ultimi tempi si sono intensificati gli scontri tra l'M23, sostenuti dal Ruanda, e l'esercito congolese sostenuto da miliziani filogovernativi. Sono già decine le vittime dei combattimenti, intensificati nei giorni scorsi dopo le accuse di Kinshasa allo scomodo vicino di casa ruandese per il sostegno alla milizia che opera nella regione orientale cambiando casacca periodicamente, restando sempre però fedele a chi mira alle risorse minerarie dell'Est.



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