domenica 30 novembre 2014
​L'operazione congiunta Italia-Europa ha soccorso in mare 2.700 immigrati. E Frontex ora ammette: «Aumenteranno». Almeno 18 i morti in mare negli ultimi dieci giorni.
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Nel quartier generale di Frontex, a Varsavia, ne erano sicuri: con l’avvio di Triton sarebbero calati gli sbarchi dei migranti, attirati in Europa dall’operazione Mare Nostrum. Ma a un mese dall’avvio della missione europea, per la prima volta l’agenzia Ue per le frontiere ammette: «A causa delle guerre i profughi aumenteranno». La previsione secondo cui sarebbero diminuite le traversate è stata smentita dai fatti: quasi 10mila persone soccorse e tratte in salvo nel Canale di Sicilia. Ma c’è un numero che non viene ufficializzato. Se è vero che Mare Nostrum non ha del tutto abbandonato il campo, provocando non poche tensioni con Frontex, nella sola area di pattugliamento ridotto dei mezzi di Triton sono state trasbordate 2.700 migranti, quasi un terzo del totale. Una cifra che solo in apparenza darebbe ragione ai detrattori di Mare Nostrum. Perché Triton, con soli sei mezzi navali che si alternano su turni garantendo la presenza in mare di un paio di natanti per volta, ha fatto in proporzione molto di più di quanto non avvenga con le 22 navi messe a disposizione dall’Italia.  Negli ultimi 10 giorni sono stati soccorsi in totale 5.100 migranti. E secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) almeno 18 profughi nello stesso periodo hanno perso la vita in mare. «È ancora difficile valutare quale impatto potrà avere la fine di Mare Nostrum sull’efficacia delle operazioni di ricerca e soccorso in mare, ma – afferma il Capo Missione dell’Oim in Italia, Federico Soda – siamo convinti che sia necessario che il Mediterraneo continui a essere pattugliato come fatto finora, sia in termini di mezzi sia geograficamente, per evitare che aumenti il numero di dispersi».  Nel mese di novembre sono comunque stati arrestati 32 scafisti e 7 carrette del mare sono sotto sequestro. Dall’1 novembre sono giunte 16 richieste di soccorso a cui hanno risposto le unità di Frontex. Fin dall’inizio dell’operazione, si sono susseguite quotidianamente le richieste di intervento avanzate al centro di coordinamento della missione Frontex da parte delle Capitanerie di Porto per barconi in difficoltà nello spazio di mare a 50 miglia dalla Libia, ben al di fuori, dunque, dell’area di competenza. E ciò rende problematico assolvere il compito dell’operazione Frontex che è quello di controllare le frontiere marittime comunitarie.  In un documento gli analisti di Frontex ammettono senza girarci attorno che in maggioranza si tratta di profughi spinti alla fuga dalle crudeltà commesse in «Mali, Africa Occidentale, dalla crisi di Gaza, e poi Siria e Iraq, che si sono rivelati una miniera d’oro per i trafficanti». Una soluzione «potrebbe essere quella di stabilire degli accordi con la Li- bia», spiegano da Varsavia, «come accade con paesi come Marocco e Senegal». Un miraggio: «Vi sono scarse prospettive di un’intesa con Tripoli – si legge in un memorandum di Frontex –, dato il caos in corso lì; e con le perduranti crisi militari in Medio Oriente, la marea di migranti nel Mediterraneo centrale è certo che andrà ad aumentare». Del resto, sempre secondo gli analisti di Frontex, solo sulle coste libiche, si conta «un minimo di quattromila persone pronte a partire ogni settimana». In proiezione, più dei 160mila già sbarcati negli ultimi 12 mesi. 
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