mercoledì 25 maggio 2011
Il Belpaese si conferma ancora una volta lontano dai parametri europei. In Francia, Olanda e Danimarca, ad esempio, si arriva a 2,1 figli per ciascuna donna contro il nostro 1,29 (nel 2009 era l’1,33).
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Diminuiscono le nascite, scendono i decessi e il saldo naturale appare negativo per 25.544 unità, mentre la popolazione residente secondo l’Istat ha raggiunto nel 2010 le 60.626.442 unità, con un aumento di 286.114 persone (+0, 5%) grazie esclusivamente all’immigrazione, risultata positiva per 380mila individui. Appare rilevante che per la seconda volta consecutiva, dopo alcuni anni di incremento, le nascite nel nostro Paese sono diminuite. E non sono soltanto le donne italiane a procreare meno, ora anche quelle straniere tendono a seguirne le orme. Il risultato è che nel 2010 sono nati complessivamente quasi 7 mila bambini in meno rispetto all’anno precedente (-1,2%). Si tratta appunto di un bis, perché la riduzione è pari a quella già registrata nel 2009.In ogni caso il popolo italiano nonostante tutto non rischia l’estinzione e, seppure lentamente, cresce ancora con l’apporto degli stranieri che a questo punto rappresentano il 7,5% della popolazione totale, con una punta del 10,3% nel Nordest. Ma è evidente che il problema restano le nascite, tra l’altro inferiori ai 587.488 decessi. I nuovi arrivati sono appena 561.944 nel 2010 (circa la metà rispetto ai nati degli anni Sessanta, quelli del baby-boom) con un  tasso di natalità pari al 9,3 per mille che rappresenta il valore più basso dell’ultimo decennio. Oltretutto ben il 13,9% dei neonati sono figli di stranieri. Tornando alle donne italiane, emerge nel 2010 un tasso di fecondità pari appena a 1,29 figli (1,33 nel 2009), mentre in altri Paesi (Francia, Olanda, Danimarca, per citarne alcuni) si arriva intorno a 2,1 che è il valore ideale per mantenere in equilibrio la popolazione. Ma lì le politiche familiari dei governi che negli anni si sono succeduti, fanno impallidire anche i migliori interventi che da noi si registrano soltanto in alcune regioni come ad esempio l’Emilia-Romagna. Così il futuro si prospetta oltretutto peggiore. I tecnici dell’istituto di statistica rilevano che «si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri, dovuto al prolungato calo delle nascite iniziato all’incirca a metà anni Settanta». Inoltre, «nonostante l’assenza di relazioni dirette di causa-effetto, non si può escludere che la crisi economica abbia prodotto qualche effetto negativo anche sulla natalità».Dal bilancio complessivo si registra poi che nel 2010 sono state iscritte in anagrafe 458.856 persone provenienti dall’estero, con un incremento di circa 16mila unità rispetto al 2009. Le iscrizioni sono da attribuire in parte prevalente alle donne (54,7%), ancor più che negli anni precedenti e questo, evidentemente, si deve soprattutto alla regolarizzazione delle badanti. Da notare che tra il circa mezzo milione di iscritti stranieri vi sono poco meno di 35mila italiani che rientrano dopo un periodo di permanenza all’estero, ma sempre meno dei circa 44mila italiani che invece si cancellano per l’estero: in pratica il 60% delle 78.762 unità rilevate dall’Istat complessivamente.Considerando infine i dati territoriali, il Nordovest e il Centro risultano le aree più attrattive per gli stranieri, con un tasso pari al 9,1 mille a fronte del 6,3 per mille nazionale. Il Sud acquista popolazione a causa delle migrazioni con l’estero, ma ne perde a causa delle migrazioni interne, con il risultato di un tasso migratorio appena superiore all’1 per mille. A livello regionale, l’Emilia-Romagna risulta essere la regione più attrattiva (11,5 per mille), seguita dalla Lombardia (10,3 per mille), dall’Umbria (9,7 per mille), dalla Toscana (9,6 per mille). Tra le regioni del Mezzogiorno solo l’Abruzzo si stacca nettamente dalle altre con un tasso pari a 5,6 per mille.
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