mercoledì 27 ottobre 2021
La discussione sul superamento di quota 100 entra nel vivo. Draghi ha prospettato il ritorno alla legge Fornero, ma con gradualità. E l'ex ministra: non agimmo per cattiveria, alt ai demagoghi
Elsa Fornero

Elsa Fornero - Ansa

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La discussione sui nuovi criteri per il pensionamento e il superamento di quota 100 entra nel vivo. A Palazzo Chigi girandola di incontri tra il premier, il ministro dell'Economia Franco, i partiti e i sindacati. Draghi ha indicato come prospettiva il ritorno alla legge Fornero, varata nel 2011 nell'ambito della manovra "salva-Italia". Ma il ritorno sarà graduale. Intanto proprio lei, la ministra del Lavoro del governo Monti, è tornata al centro del dibattito: tra vecchie e nuove accuse di aver "esagerato" nei criteri per accedere alla pensione e riabilitazioni di una riforma che vorrebbe alleggerire il peso della previdenza sui conti pubblici e lasciare una finestra di opportunità anche ai giovani, altrimenti destinati a carriere lavorative infinite.

«Qualche giorno fa, in radio, ho sentito un commentatore che suggeriva di non parlare più di "legge Fornero", di trovare un altro termine, insomma di cancellare il mio cognome. Mi ha molto colpito: a parte che ho pensato al dispiacere che avrebbe provato mio padre, il punto è che ancora oggi non si riesce a comprendere sino in fondo che quella riforma delle pensioni, che Draghi ha definito "la normalità", non è nata dalla cattiveria di pochi o dai diktat di Berlino o da altri falsi storici, ma dalla necessità di costruire un futuro per i giovani. Una necessità che, ad anni di distanza, resta la priorità assoluta del Paese».

È ormai impossibile per Elsa Fornero, l’ex ministra più discussa del nuovo secolo, guardare con distacco ai giorni roventi e drammatici del governo Monti, con l’Italia sull’orlo del default e la riscrittura del sistema previdenziale come ultima carta per riconquistare la fiducia dei creditori. A maggior ragione in questi giorni in cui la sua riforma - e il suo cognome - tornano a essere il baricentro del dibattito politico-economico.

Professoressa, pare che il tempo non passi mai. È lei il principale pomo della discordia per i partiti italiani…
Nessuna riforma è perfetta, non lo era la mia e non lo sono nemmeno quelle dei demagoghi che dicono di saper risolvere tutto. Ogni riforma va curata, sostenuta, aggiustata senza perdere di vista il sentiero. Per il nostro sistema non c’è una rotta diversa da quella che tracciammo noi, finalizzata a ristabilire l’equità tra le generazioni. Il sistema delle quote è dannoso per i giovani e ingiusto per le donne: è stata un’avventura senza fondamenti economici che ora vincola le scelte politiche.

Ora si parla di "Quota 102", poi 104. Sono le strade giuste per transitare di nuovo verso il regime che porta il suo nome?
La gradualità indicata dal governo mi pare una strada di buon senso. Personalmente avrei preferito che si lavorasse dentro il quadro generale comune per tutti, attraverso l’Ape sociale, l’individuazione con criteri oggettivi dei lavori gravosi per le deroghe, ma mi rendo conto che è più complesso. Il percorso selettivo che - ripeto - a mio avviso sarebbe il migliore, cozza con la necessità dei partiti di difendere il proprio elettorato.

Anche i giovani votano…
Come in passato, si ritiene che le nuove generazioni vedano lontano il tema previdenziale. Ma deve essere la politica a pensare a loro. Innanzitutto mettendo al primo posto il lavoro; strettamente collegato al lavoro, c’è il tema dell’istruzione e della formazione. E poi preoccupandosi ora della loro pensione. Ritengo che vada messa a punto subito e con urgenza il sistema che consenta di avere i contributi versati anche nei periodi in cui non si lavora. Un intervento a carico della fiscalità generale per costruire il futuro e la serenità di chi ha carriere precarie e discontinue.

Lei dice che la Fornero è a garanzia delle nuove generazioni. Perché allora i partiti la esorcizzano?
Perché manca la politica con un profilo alto. Manca da molti anni ed è una delle cause, insieme a più ampie motivazioni di ordine internazionale, della lunga stagione di declino da cui veniamo. Mancano la lungimiranza e il coraggio di dire ai cittadini la verità, e la prova è proprio il ricorso ai tecnici. I tecnici dovrebbero stare in seconda fila, suggerire, indicare possibilità. Ma non è raro che in Italia vengano chiamati a risolvere i problemi, salvo poi essere rinnegati. Prevale sempre il pensiero rivolto a un voto ravvicinato, magari adesso tutto è condizionato dall’idea che in primavera, dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato, si potrebbe andare alle urne. Manca unità e una visione unitaria.

Anche i sindacati, però, vedono il suo sistema come il fumo negli occhi.
Io mi chiedo come Landini, una persona saggia, possa proporre soluzioni che riportano il sistema pensionistico indietro di 10 anni.

Il tavolo con le parti sociali è molto ostico per Draghi. Quali consigli gli darebbe?
Draghi è un politico fine in grado di interloquire in modo efficace, a volte con un sorriso quasi disarmante.

È anche lei del partito di chi ritiene che Draghi non debba muoversi da Palazzo Chigi per nessun motivo al mondo?
Penso che Draghi sia la persona giusta - una delle poche in verità -, per consolidare una direzione di marcia necessaria per il Paese. Dobbiamo evitare di tornare indietro o di sbandare alla prima curva. Sarebbe una vera tragedia.

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