giovedì 22 maggio 2014
Il Guardasigilli ha l’ultima occasione per evitare una valanga di rimborsi. Da stamattina online le “condizioni trattamentali” di tutti gli istituti penitenziari. «L’emergenza ci ha dato la spinta, adesso il salto di qualità».
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​Nel suo studio in via Arenula Andrea Orlando rivede le ultime carte e tira le fila di una giornata convulsa. Mancano appena due ore al decollo dell’aereo che lo porterà a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dove il ministro della Giustizia si giocherà oggi l’ultima possibilità che l’Italia ha di evitare una valanga di condanne a risarcire migliaia di detenuti per il sovraffollamento carcerario. I requisiti richiesti sono quattro metri quadrati di spazio per ogni recluso, in celle adeguatamente ventilate e illuminate. I ricorsi pendenti, l’aggiornamento è di ieri, sono ben 6.829. E l’ultimatum dei giudici scade mercoledì prossimo. Ma, oltre al rischio di un salasso di milioni di euro per le casse dello Stato, c’è da scongiurare il pericolo di macchiare con un verdetto negativo il semestre italiano di presidenza Ue, che comincerà il primo luglio.L’appuntamento con il presidente della Corte europea, il lussemburghese Dean Spielmann, è per stamattina. Orlando appare ben consapevole della difficoltà della sua missione. I numeri, seppure in diminuzione, non sono ancora dalla sua parte, con oltre 59mila reclusi su una capienza regolamentare dichiarata di 49mila. Il suo sarà piuttosto un appello alla ragionevolezza, basato sul lavoro svolto finora. Con un jolly dell’ultimo momento: da oggi il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria metterà online, sul sito del ministero (www.giustizia.it), un database che consentirà con un clic di verificare, istituto per istituto, le "condizioni trattamentali", quindi gli spazi disponibili, il numero dei detenuti, i progetti di lavoro e di formazione professionale, il tipo di servizi sanitari garantiti, le attività sportive e culturali, gli orari di ricevimento per i familiari. Uno sforzo di trasparenza che lo stesso ministro definisce «una fotografia talvolta positiva, talvolta impietosa».Signor ministro, nella sua valigia ci sono speranze o certezze?Parto con la convinzione che il Paese ha fatto molto. Non sono ancora le carceri che vorremmo, ma adesso abbiamo il controllo dei numeri. Appena tre anni fa c’era una crescita esponenziale dei detenuti con una disponibilità dei posti che non aumentava. Strasburgo ci dovrà dire se è abbastanza. Certo, i passi avanti sul fronte normativo sono innegabili. Cito soltanto la messa alla prova, le misure alternative, la riduzione mirata di pena. Sul versante amministrativo abbiamo operato per rendere più rapido il rimpatrio di detenuti di altri Paesi: abbiamo firmato un protocollo con il Marocco, incontrato il ministro della Giustizia romeno, avviato rapporti con l’Albania e attivato tutti gli strumenti per rendere efficace l’accordo quadro che consente il rimpatrio di detenuti comunitari anche senza il loro consenso. Per snellire le procedure abbiamo riunito tutti i procuratori generali, ai quali abbiamo dato riferimenti standard.Insomma, chiederà alla Corte di valutare i risultati ottenuti ma anche le prospettive per il prossimo futuro?Non solo. Discuteremo anche di quali sono i possibili rimedi interni da introdurre nel nostro ordinamento nazionale, così da evitare il ricorso diretto a Strasburgo e costituire una sorta di "filtro". L’obiettivo è quello di valutare caso per caso, in modo di poter stabilire in base alla legge un risarcimento adeguato qualora sia dovuto. Fermo restando che noi preferiamo comunque risarcimenti che in qualche modo agevolino il percorso di riabilitazione del detenuto piuttosto che quelli di carattere pecuniario, come quelli previsti dalla Corte europea. Questi ultimi, infatti, rischiano di essere semplici forfait, che non migliorano strutturalmente il funzionamento del nostro sistema penitenziario.Mettiamo da parte per un attimo i numeri e i parametri che giustamente gli Stati devono rispettare e guardiamo la questione dalla parte di chi sta dietro le sbarre: in molti istituti penitenziari le condizioni di vita sono talmente difficili da essere una pena accessoria non scritta rispetto alla privazione della libertà personale. Non crede?Indubbiamente il problema esiste, ma va parzialmente distinto dal sovraffollamento, perché talvolta carceri affollate non hanno le peggiori condizioni strutturali o il quadro di servizi più scadente. Nelle scorse settimane abbiamo siglato quattro protocolli con altrettante Regioni, mentre altri due li aveva firmati il ministro Cancellieri, tutti finalizzati da un lato a facilitare il ricorso alle pene alternative per i tossicodipendenti, dall’altro a sviluppare progetti di lavoro in carcere e dopo il carcere, oltre che a migliorare le infrastrutture penitenziarie. Umanizzare la pena è una delle questioni che ci pone Strasburgo e, soprattutto, la nostra Costituzione. Guardi, ho appena firmato un protocollo che prevede agevolazioni per gli imprenditori che investono in progetti lavorativi in carcere.Tutto grazie alla "spinta" di Strasburgo?Be’, oggettivamente la situazione emergenziale ha avuto il suo peso. Ci ha costretto a guardarci allo specchio. E può consentire un salto di qualità dell’intero sistema delle pene. Chiusa l’emergenza, dovremo stabilizzare certe "buone pratiche" ed estenderle a tutto il territorio nazionale.Alcuni partiti di opposizione vi accusano di aver fatto solo un indulto camuffato, a scapito della sicurezza dei cittadini...Mi sembra più che altro propaganda. Chi invoca la sicurezza chiedendo più carcere o soltanto carcere non considera che spendiamo per il sistema penitenziario più di altri Paesi, dove è maggiore il ricorso alle pene alternative, ma abbiamo tassi di recidiva tra i più alti d’Europa.
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