mercoledì 2 agosto 2023
L'ex presidente dell'Inps: «Il reddito di cittadinanza non è assistenzialismo. Non temo la commissione d'inchiesta, con me stanati furbetti e raggiri»
L'ex presidente dell'Inps Pasquale Tridico

L'ex presidente dell'Inps Pasquale Tridico - Ansa

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Pasquale Tridico, docente universitario ed ex presidente dell’Inps dal marzo 2019 al maggio 2023, è finito nel mirino di governo e maggioranza per la gestione del reddito di cittadinanza.

Teme per l’istituzione di una commissione di inchiesta sul Rdc e sul suo operato?
Innanzitutto non ho nulla da temere. Sono stato l'unico in Inps a creare una direzione antifrode, che ha contribuito a stanare furbetti di ogni tipo, dai falsi invalidi al Rdc. Le truffe legate al Rdc hanno riguardato lo 0,8% delle cifre erogate e la direzione voluta da me per fare filtro ha evitato raggiri per 11 miliardi di euro. Abbiamo rifiutato 1,2 milioni di domande e ne abbiamo revocate 800mila. In questo modo si è anche contribuito a ridurre l’evasione fiscale e contributiva: da 130 milioni a 100 milioni. E il lavoro nero: da 3,5 milioni a tre milioni circa. Io non sono un politico. Sono un professore universitario che ha fatto il tecnico al servizio del Paese. La mia critica ogni volta dà fastidio quando si tratta di politiche del welfare, ma riguarda unicamente quelle. Piuttosto però che rispondere nel merito, mi vorrebbero perseguire attraverso un'inchiesta ad personam che non ha né capo né coda. Mi rispondano sul merito, sul contenuto e sulle mie idee. Nei Paesi democratici e liberali si fa così.

È stato un errore da parte dell’Inps mandare quel messaggio di sospensione del Rdc?
La sostanza è quella di aver fatto recapitare 160mila messaggi per annunciare la sospensione del reddito di cittadinanza. Che era cosa nota. Anche se non lo erano le modalità e sorprende che il governo non abbia ancora emanato decreti attuativi per gli strumenti sostitutivi. Quindi la sostanza è il fatto di non essere pronti sulle annunciate alternative. Da qui a gennaio decadranno in tutto 600mila persone occupabili e a oggi non ci sono gli strumenti di politica attiva del lavoro e la piattaforma che dovrebbe sostituire il Reddito. Parliamo di persone che da un giorno all'altro rimangono senza sussidi. E mancano le opportunità di lavoro per i cosiddetti occupabili. Hanno ribaltato tutta la responsabilità sui Comuni e i servizi sociali, come se potessero salvare chi rimane senza aiuto in poco tempo. Invece dovrebbero prorogare gli strumenti esistenti. Non sono stati attivati percorsi di formazione. Il governo ha dimostrato la sua impreparazione. Cinismo e sciatteria.

Il Rdc ha davvero aiutato le famiglie povere e le persone fragili o è stato assistenzialismo?
Non è assolutamente assistenzialismo fine a sé stesso. È welfare universale necessario in mancanza di lavoro e presenza di povertà nei Paesi ricchi. Era uno strumento che in Italia mancava a differenza degli altri Stati dell’Unione Europea. In Italia lavorano solo 23 milioni di persone. In Francia ce ne sono oltre 30 milioni. Non si sono create le occasioni di lavoro. Non ci sono gli investimenti. Eventuali posti vacanti in settori avanzati non sono per i percettori del Rdc. Non possiamo lasciare indietro chi non ce la fa. Lo stesso papa Francesco ha chiesto solidarietà nei confronti dei cosiddetti “residui umani” prodotti dal capitalismo. Il problema è anche il ritardo del Sud. Mancano le infrastrutture e le opportunità di lavoro per i giovani. Perché al Sud ci sono più percettori? Si vuol far credere che ci siano fannulloni e furbetti. La verità è che c’è maggiore disoccupazione e povertà, oltre che mancanza di investimenti.

Quali possono essere gli strumenti utili per sostituire il Rdc?
C'è un assegno d'inclusione che proseguirà per i non occupabili: disabili, minori e anziani. Come se i poveri fossero solo questi. D'altra parte nel nostro Paese abbiamo già assegni sociali per anziani e assegni per minori e pensioni di invalidità. Se si ritiene che siano misure insufficienti possono essere aumentate. Ma non possiamo pensare che esistano solo quelle categorie di poveri e che nel Mezzogiorno ci siano persone che vivono nel bengodi e non vogliono lavorare.

Che situazione ha trovato all’Inps e come l’ha lasciato?
L’Inps era meno avanzato tecnologicamente. Abbiamo triplicato la spesa nel digitale. I risultati di bilancio del 2022 hanno registrato un esercizio positivo per 7.146 milioni di euro, in miglioramento di 10.857 milioni rispetto al dato negativo del 2021. Un grande passo avanti, una riduzione dei tempi di liquidazione delle prestazioni del 20%, ho sbloccato il programma di assunzioni che ha portato risorse e circa 12mila nuovi assunti tra il 2019 e il 2023. Ho internalizzato 3mila operatori del call center con vantaggi di produttività e benessere dei lavoratori.

Non sarebbe meglio separare la previdenza dall’assistenza?
A livello contabile sarebbe meglio separarle. Ma a livello amministrativo e gestionale no. Sono state assorbite negli anni diverse Casse previdenziali con vantaggi di economia di scala. Non dobbiamo dimenticare che l’Inps fa welfare a tutto tondo: dalla disoccupazione alla maternità, dalla malattia ai congedi parentali oltre ovviamente alle pensioni.

Quali pensioni avranno i giovani con il lavoro povero?
Dal 1996 abbiamo un modello contributivo che non restituisce pensioni adeguate nel 55% dei casi. Dobbiamo pensare a pensioni di garanzia e a strumenti come il riscatto gratuito della laurea. Anche il salario minimo può contribuire a salvaguardare le pensioni future. Il salario minimo è utile per le pensioni di domani: salirebbero del 10%. Ci sono troppi contratti collettivi non efficaci. Credo sempre nella contrattazione, ma sono troppi i contratti pirata e la loro inefficacia soprattutto nei servizi.

Quali consigli per una pensione giusta?
Le pensioni complementari possono servire a chi ha già un lavoro e una paga dignitosa. In Italia non sono decollate. È giusto che ci sia anche una flessibilità in uscita. Bisognerebbe pensare a un pilastro di natura fiscale-assicurativa rivolto a tutti i cittadini: uno zoccolo di pensione universale, in questo modo si assegnerebbe anche una pensione di garanzia sulla base dei contributi. Poi a una larga fascia contributiva come oggi e a un terzo pilastro dove non solo i privati possano intervenire nelle pensioni complementari, ma anche lo Stato con politiche pubbliche che garantiscano i giovani e chi ha redditi bassi di integrare.

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