lunedì 21 luglio 2014
Il rettore della Lumsa lascia il suo incarico dopo 23 anni: la differenza è un valore se le università hanno obiettivi comuni.
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«Un addio al rettorato, ma non all’università». Ci tiene a precisarlo il professor Giuseppe Dalla Torre, che dopo 23 anni lascia la guida della Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa), la prestigiosa università cattolica di Roma. Una scelta «fatta prima che gli eventi mi imponessero questo passo» spiega il rettore riferendosi al prossimo decreto che a novembre potrebbe già aprirgli le porte del pensionamento. Ma c’è anche «la consapevolezza che 23 anni di rettorato sono un tempo ragguardevole e oggi le trasformazioni e le nuove dimensioni europee e globali richiedono un salto di qualità possibile con forze nuove e più giovani».Certo 23 anni di rettorato sono un periodo molto lungo e il suo mandato è coinciso con molti cambiamenti interni ed esterni. Quali indicherebbe come punti salienti?Se penso alla realtà interna della Lumsa, devo dire che è stato un periodo di grande impegno e trasformazioni. Quando ho iniziato il mio mandato nel 1991 la Lumsa, nata nel 1939 e carica di una storia prestigiosa, aveva 400 studenti, 2 docenti di ruolo e una sola sede. Oggi vi sono 8mila studenti, cento docenti di ruolo, sedici corsi di laurea, un campus universitario in evoluzione e sedi anche a Palermo e a Taranto. In questi ultimi 25 anni abbiamo soprattutto risposto alle esigenze formative del centro-sud del nostro Paese e anche di una fetta consistente di richiesta internazionale. Una richiesta di professionalità, che abbiamo anche supportato con l’avvio di corsi di laurea al tempo innovativi come quello della laurea in scienze della comunicazioni. Ma siamo stati anche attenti alle esigenze del mondo cattolico, come ad esempio nella creazione della facoltà di economia orientata a percorsi etici.E i punti salienti nel resto del sistema universitario?Abbiamo assistito a un percorso analogo con l’aumento delle sedi universitarie e degli atenei, l’avvio di nuovi corsi di laurea e anche un aumento degli atenei non statali. E quest’ultimo aspetto non è di poco conto perché con la nostra presenza - oggi siamo un quinto dell’intero sistema - abbiamo contribuito a sviluppare un’idea di sistema nell’università, che è una sola anche se con differenti gestori. La nostra presenza attiva anche negli organismi unitari - ricordo che sono stato anche il primo vicepresidente della Conferenza dei rettori (Crui) proveniente da un ateneo non statale - è stato un contributo forte al tentativo di superare la contrapposizione statale e non statale in campo educativo, come l’università.Professore, al termine di questo lungo rettorato, quale realtà universitaria lascia alla Lumsa?Credo che in questi anni l’ateneo abbia consolidato le proprie basi a livello strutturale e a livello di personale, con un potenziamento della ricerca che rappresenta una buona potenzialità di sviluppo. Sono le basi per quel balzo in avanti di cui c’è bisogno. Personalmente credo che il mio rettorato sia coinciso con la seconda fase della vita della Lumsa: il consolidamento delle proprie basi. Questo permetterà di aprire una nuova fase in cui rafforzare la qualità dell’offerta formativa, l’internazionalizzazione dell’ateneo, la qualità della ricerca e, chissà, la creazione di un dipartimento scientifico, che è il mio sogno rimasto nel cassetto.Rettore quale augurio si sente di fare invece all’intero sistema universitario italiano?Mi auguro che cresca la competizione, intesa come "correre insieme verso lo stesso obiettivo pur con le proprie caratteristiche", piuttosto che la concorrenza tra atenei. In questi anni è crescita anche la burocrazia nel nostro sistema, che porta via tante energie a tutti i docenti. Energie che potrebbero essere spese nel compito formativo dei nostri studenti. E poi penso a una migliore politica in favore degli studenti perché davvero si crei un sistema di diritti allo studio che punti sugli aspetti più qualificanti di un percorso universitario. Penso ad esempio al potenziamento e all’allargamento dell’esperienza di studio con l’Erasmus (periodi di studi all’estero durante il proprio percorso universitario, ndr). O con una politica in favore dei collegi universitari: pensi che per i circa 240mila universitari iscritti negli atenei nel Lazio ci sono 2.500 posti nei collegi.Professore adesso quale ruolo svolgerà nell’università?Continuerò ad insegnare sino al pensionamento. Poi spero di potermi dedicare al potenziamento della missione del nostro ateneo, che è anche quello di educare le persone svolgendo una azione di apostolato. Non solo preparare ottimi professionisti, ma anche uomini e donne che sappiano essere da una parte terreno fertile capace di accogliere la Parola di Dio e dall’altra professionisti preparati con un occhio sempre rivolto anche al bene comune sentendo come proprio dovere porsi al servizio della società. Una sfida oggi quanto mai necessaria.
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