lunedì 5 maggio 2014
Il comandante della Guardia di Finanza, Saverio Capolugo: «Vanno semplificate le norme tributarie». Allarme prescrizioni: «Tempi troppo brevi». (E.Fatigante)
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Saverio Capolupo, irpino (di Capriglia) di 62 anni, confermato per un altro biennio (fino al 2016) al comando dei 60mila uomini e donne della Guardia di Finanza, non è un militare che parla spesso. Lo fa con Avvenire per tranquillizzare quanti temono un sistema fiscale vessatorio, ma anche per chiedere con forza una «semplificazione» delle norme tributarie. «Voglio rassicurare – dice –: non siamo noi i nemici degli imprenditori, anzi siamo loro alleati colpendo chi è scorretto. Non vogliamo creare problemi all’occupazione. Non viviamo fuori dal mondo. Incentivando la sana iniziativa privata, vogliamo far capire che recuperare evasione fiscale significa, in sostanza, contribuire alla crescita economica dell’intero sistema-Paese». Generale, la lotta all’evasione è sempre tema in primo piano. Cosa bolle in pentola?Questo settore è in effetti un cantiere aperto. Che poggia comunque su due pilastri: la tutela del contribuente e l’efficienza dell’amministrazione. Due interessi considerati contrapposti, ma che non dovrebbero esserlo. Davanti all’evasione si sbaglia nel sottolineare come unico effetto il minor gettito per lo Stato. Spesso si evade per avere a disposizione fondi occulti coi quali commettere poi altri reati: ottenere un favore da funzionari pubblici, pagare il pizzo a clan mafiosi o altro ancora. È quello che chiamo approccio trasversale.Cosa vuol dire?In un controllo, si parte dalle basi imponibili nascoste, ma si punta a cogliere anche tutti gli eventuali profili illegali connessi. E sa qual è il maggior conforto alla nostra azione? Nel 2013 i magistrati hanno disposto il sequestro di beni per 4,6 miliardi di euro (1,4 già recuperati). Vuol dire che considerano valide le prove da noi acquisite.Sì, però la base produttiva, specie nel Nord-Est, continua a lamentare "eccessi" nei vostri controlli.Questa critica non la accetto. La seconda direttrice che ispira la nostra strategia è proprio la qualità degli interventi. Abbiamo abbandonato negli ultimi anni, su nostra istanza, la logica dei "grandi numeri". Il nostro obiettivo è colpire la sostanza, attraverso una serie di indicatori di performance per i quali non è previsto alcun premio d’incentivo. Voglio sfatare una convinzione errata: il nostro stipendio non prevede, in maniera assoluta, alcun tipo di maggiorazione conseguente ai recuperi di evasione operati o comunque ai risultati conseguiti. Stiamo concentrando gli interventi sugli evasori grandi e medi e gli autori dei più gravi crimini fiscali, commessi spesso con l’aiuto di professionisti disonesti. Non c’è un accanimento sui soggetti medio-piccoli. Non abbiamo nemmeno interesse a farlo, per loro ci sono gli studi di settore.Come spiega allora il persistere di questa percezione?A nessuno fa piacere ricevere una verifica. Ma i numeri dicono che, nel 2013, circa il 30% dei recuperi da noi segnalati è stato focalizzato su evasioni di tipo internazionale - in genere quindi di "grandi soggetti" - mentre un altro terzo riguarda l’area dell’economia sommersa, con oltre 8.300 evasori totali scoperti. Aggiungo che la tutela del contribuente per noi è prioritaria. Nessuno pensa di inventare rilievi per conseguire risultati, non c’è nessuna direttiva in tal senso. Se si pensa che ci siano lacune sul piano giuridico, allora è compito del legislatore intervenire. Ma non ci si può chiedere di "non vedere": laddove emerge, a esempio, l’esistenza di un reato, non possiamo non contestarlo. La formulazione della norma stessa non ci lascia discrezionalità.Ma è ancora possibile, coi mezzi informatici di oggi, essere evasori totali?Lo sarà sempre di meno. Stiamo valorizzando al massimo lo strumento tecnologico. Sono già oltre 30 le banche-dati che ci permettono di affinare le nostre modalità ispettive, facendo emergere azioni evasive diffuse sul territorio. Una volta scoperte, facciamo specifiche campagne ispettive.Può fare un esempio?Molti evasori totali li abbiamo scoperti nel campo delle ristrutturazioni di case. È emerso che migliaia d’imprese, nonostante avessero fatturato i lavori svolti e ricevuto i bonifici previsti dallo sgravio Irpef, avevano poi omesso di dichiararli come redditi. Segnalo poi l’avvio del Geodas, un software di analisi che consente di calare il nostro operato in una specifica area territoriale per misurare la differenza fra tasse dovute e non pagate.Ma sono più utili i controlli "tipo Cortina" o gli incroci di dati?Una precisazione, innanzitutto. La Guardia di Finanza non era presente a Cortina e non attua blitz simili. Quotidianamente svolgiamo controlli sul territorio (scontrini, ricevute, abusivismo, contraffazione), la nostra è un’attività ad ampissimo raggio. Voglio dire anzi che è falso sostenere che sono solo 6mila i finanzieri assegnati ai controlli: il 75% è assegnato a ruoli operativi, nelle varie attività che peraltro hanno sempre ricadute fiscali, dalla lotta alla contraffazione agli interventi contro l’abusivismo commerciale e il lavoro nero.Accennava prima alla rigidità delle norme.La semplificazione è anche nostro interesse primario. Per applicare le norme con sicurezza, senza aree d’incertezza. Uno dei capitoli della delega fiscale in corso di attuazione da parte del governo riguarda proprio questo. È un’occasione da sfruttare. I reparti del Corpo già oggi danno il più ampio spazio al contraddittorio con il "controllato", anche quando le norme non lo impongono. Aggiungo poi che c’è un problema di prescrizione: i termini sono troppo ridotti considerati i tempi, non brevi, che intercorrono tra consumazione del reato e avvio dell’azione penale.Tarda intanto ad arrivare il reato di autoriciclaggio.È importante introdurre il reato, anche se deve essere ben definito, con dei paletti precisi. Non può riguardare un imprenditore che, a esempio, reinveste nella sua azienda il frutto di capitali evasi: costui va perseguito sul piano fiscale, ma non dovrebbe essere perseguito per autoriciclaggio.In tempi di spending review, cresce l’importanza della vostra azione sul fronte della lotta agli sprechi?Dal 2001 noi siamo diventati una polizia economico-finanziaria: ci occupiamo quindi di controlli anche sulla spesa pubblica, in collaborazione con la Corte dei Conti. Anche qui la prova tangibile viene dai numeri: nel 2013 sono state scoperte truffe al bilancio nazionale per 445 milioni, e per oltre un miliardo sui fondi Ue. Nel 2013 sono stati denunciati 1.173 truffatori della Sanità nazionale, per un danno arrecato di 23 milioni, e scovati 3.435 "falsi poveri". Cifre importanti per far comprendere ai cittadini che recuperare evasione significa disporre di maggiori risorse per infrastrutture o per interventi redistributivi.Non solo repressione, però. Cosa fate per la prevenzione?Il contrasto all’evasione deve essere un obiettivo di tutta la società, poiché si traduce in giustizia, equità e nuove possibilità di sviluppo per il Paese. Per questo stiamo andando a parlare di legalità nelle scuole, dove i nostri militari spiegano ai ragazzi l’importanza del rispetto delle regole economiche.Anche le Fiamme Gialle stanno facendo una revisione della spesa?Negli ultimi anni abbiamo rimodulato la nostra presenza sul territorio chiudendo 72 reparti. Il nostro organico è carente di 10mila unità. Le spese di funzionamento sono solo di 230 milioni, meno del 10% del bilancio complessivo, fatto per il resto di costi "incomprimibili", quelli cioè relativi al personale. In media lo stipendio di un militare della Gdf è di 1.400-1.500 euro al mese, sono 5 anni che il personale non riceve aumenti. E faccio notare che il Corpo per la collettività non è un centro di costo, ma alimenta le risorse finanziarie dello Stato.
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