mercoledì 31 maggio 2023
Molti dati confermano l'aumento di disturbi psichici tra gli adolescenti. Gli esperti ribadiscono che occorre farsene carico con aiuti adeguati senza aspettare i casi di cronaca. Ecco cosa si può fare
Un giovane che protesta contro la didattica a distanza (Dad)

Un giovane che protesta contro la didattica a distanza (Dad) - IMAGOECONOMICA

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Anche se gli allarmi si susseguono da tempo, l’attenzione sul problema della salute mentale, e specialmente dei più giovani, si manifesta quasi sempre dopo un fatto doloroso di cronaca. Si era verificato ad aprile, quando a Pisa la psichiatra Barbara Capovani fu uccisa da un ex paziente; si ripete oggi di fronte all’accoltellamento di una insegnante dell’Istituto di istruzione superiore (Iis) “Emilio Alessandrini” di Abbiategrasso (Milano) per opera di un suo alunno di 16 anni.

E come dopo il delitto della psichiatra il ministro della Salute, Orazio Schillaci, aveva promosso un nuovo Tavolo tecnico per la salute mentale, in quest’ultima occasione, il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha avanzato la proposta di introdurre la figura dello psicologo a scuola: «È un momento particolarmente difficile, il disagio dei ragazzi, anche a seguito del Covid, è molto aumentato».

​I dati dell'emergenza

Quello del disagio mentale dei giovani è un’onda lunga, che però la gestione della pandemia di Covid-19 ha contribuito a far crescere. In occasione dell’incontro su “Salute mentale dei bambini e adolescenti” – organizzato a Genova nello scorso marzo dall’Ufficio nazionale di Pastorale della salute della Cei –, Stefano Vicari, primario di Neuropsichiatria infantile all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e docente di Neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica, ricordava che «i ragazzi sono stati i veri dimenticati nella lotta alla pandemia, e ne stanno pagando un prezzo enorme».

E i dati dell’ospedale pediatrico Giannina Gaslini di Genova lo confermavano: il numero dei ricoveri per disturbi psichiatrici acuti hanno mostrato un drammatico incremento, fino a quasi quattro volte rispetto al periodo pre-Covid, passando dai 72 casi nel 2019 ai 270 del 2022. Con «un netto aumento della prevalenza di disturbi quali autolesionismo non suicidario, ideazione suicidaria, tentati suicidi e un’alta percentuale di disturbi della condotta alimentare» segnalava Laura Siri, reposabile della sezione di Psichiatria dell’adolescenza del Gaslini.

Ancora Stefano Vicari, alla presentazione dell’Atlante dell’infanzia a rischio (realizzato da Save The Children) lo scorso novembre, riassumeva i dati giunti all’osservazione del suo reparto al “Bambino Gesù”: «L’onda lunga del Covid non è finita. L’Unicef ci dice che un adolescente su 7 nel mondo ha una diagnosi di disagio mentale, presente nel 10% dei bambini e nel 20% degli adolescenti. Nel 2011 al Pronto soccorso abbiamo fatto 152 consulenze psichiche, nel 2018 oltre mille, nel 2021 sono state 1.850. Durante la pandemia abbiamo avuto un più 10% di ricoveri, più 30% di disturbi alimentari, più 75% di atti di autolesionismo o progetti suicidari: la seconda causa di morte tra 10 e 25 anni è il suicidio», dopo gli incidenti stradali.

​Il rifugio nella tecnologia

A queste patologie, si aggiungono le “dipendenze da tecnologia”. Si stima che circa 700mila adolescenti (tra gli 11 e i 17 anni) siano dipendenti da social network, Internet, piattaforme streaming e videogame: sono i dati di uno studio promosso dal Dipartimento Politiche antidroga della Presidenza del consiglio e dal Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità, condotto dall’Irccs Stella Maris di Calambrone (Pisa) e dalla Ausl di Bologna, e discusso nei giorni scorsi dalla Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e dalla Società italiana di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza (Sinpia).

Il disturbo viene definito dagli esperti Internet Gaming Disorder (Igd) ed è favorito dai disturbi mentali dilaganti dopo il Covid-19. «Pandemia, guerre, crisi ambientali ed economiche – puntualizza Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano – stanno amplificando un disagio che era già presente: la progressiva riduzione della socializzazione, la diminuzione delle relazioni affettive e di esperienze tipiche del percorso di crescita sono tutti fenomeni in continua crescita negli ultimi anni, così come la crescente pressione per la performance».

​Scuole in prima linea

Il bisogno quindi è tanto, e forse non è sufficiente il “bonus psicologo” introdotto lo scorso anno. Oggi rispetto all’idea dello psicologo a scuola prevalgono i pareri positivi, a partire dal presidente del Consiglio nazionale degli Ordini degli psicologi (Cnop), David Lazzari, che invita a fare presto: «È l’ora di agire, non riflettere. Il malessere dei ragazzi è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo dati drammatici, non si può rinviare un intervento che è ormai diventato urgente». È invece scettico sull’efficacia di questo intervento lo psichiatra Paolo Crepet, che osserva come «lo sportello psicologico a scuola c’è da tanti anni, ma evidentemente funziona male». E aggiunge: «Per avere a che fare con adolescenti con problemi, ci vuole molta professionalità».

Intanto il dirigente scolastico dell’Iis di Abbiategrasso, Michele Raffaeli, ha predisposto un intervento psicologico per i compagni di classe che hanno assistito all’aggressione dell’insegnante.

​Le esperienze di aiuto

Acquistano quindi maggior importanza gli interventi già attuati per aiutare i giovani in difficoltà. Come il progetto #Withyou (Wellness training for health - La psicologia con te) realizzato dalla collaborazione tra Unicef Italia e Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” Irccs di Roma, che con la sua Unità operativa semplice di Psicologia clinica ha promosso un percorso di sostegno psicologico dedicato ad adolescenti e preadolescenti (e le loro famiglie) particolarmente colpiti dagli effetti delle pandemia.

Sono stati coinvolti 1.571 giovani, seguiti per un anno: 971 sono stati sottoposti anche a valutazione psicodiagnostica e presi in carico e 600 sono stati coinvolti con le attività nelle scuole. Qui le valutazioni hanno messo in evidenza una condizione di Disturbo specifico di apprendimento (Dsa) e correlato disordine psicologico in 462 dei 971 ragazzi presi in carico (il 47%). E il restante 53% ha presentato altri disturbi del neurosviluppo: disabilità intellettiva, disturbi della nutrizione, disturbo dello spettro dell’autismo, disturbo da deficit di attenzione/iperattività, disturbi del movime nto, patologie neurologiche e/o neuro-muscolari.

Interessante anche il progetto “Non dimentichiamoci degli adolescenti” realizzato dalla Fondazione Soleterre (finanziato dal fondo Thomas Rowe Price 2022) che, in collaborazione con l’Unità di ricerca sul trauma dell’Università Cattolica di Milano, ha preso in carico 31 adolescenti tra i 14 e i 18 anni in provincia di Milano, con 212 colloqui con psicologi.

Si è dimostrato, spiega Damiano Rizzi, psicologo e presidente della Fondazione Soleterre, che «è necessario adottare forme di intervento pubblico per la presa in carico degli adolescenti con disagio psicologico e veri e propri traumi».

Infatti «sia il Covid sia la guerra in Ucraina hanno avuto un impatto sulla salute mentale dei giovani ed è particolarmente associato a depressione e ansia nelle coorti di adolescenti. Per alcuni di loro, circa un terzo, si tratta di veri e propri eventi traumatici in cui l’esposizione a morte indiretta deve essere affrontata con supporto psicologico» ha concluso Rizzi.

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