venerdì 24 giugno 2011

Il ministro della Giustizia interviene sulla pubblicazione delle conversazioni: «È moralmente sbagliato, ma anche penalmente».

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Il ministro della Giustizia Angelino Alfano critica la pubblicazione delel intercettazioni emerse durante l'inchiesta sulla P4: "Oltre che ad essere sbagliato moralmente è anche un reato da perseguire la pubblicazione delle intercettazioni penalmente irrilevanti. Nessuno però si fa carico di riparare al torto" mentre anche questo è un "reato da perseguire in base al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale". "Le intercettazioni - ha sottolineato Alfano - si devono fare. Rappresentano un servizio giusto perchè servono a scoprire i criminali. Quelle che non sono penalmente rilevanti e risultano agli atti dell'inchiesta perchè fatte durante le indagini ma non sono servite per l'ordinanza cautelare, è sbagliato che siano pubblicate sui giornali se riguardano soggetti estranei all'inchiesta".Secondo il Guardasigilli, tutto ciò "oltre ad essere sbagliato è anche fuori dalla legge": "Il problema, lo ripeto, è che si pubblicano intercettazioni tanto penalmente irrilevanti che non sono state inserite nell'ordinanza di custodia cautelare. Queste gettano un certo disdoro a chi nulla ha a che fare conl'inchiesta".INTERCETTAZIONI, IL PDL ALL'ATTACCO - «Guarda, una volta per telefono ho parlato male di te, se esce sui giornali ti prego di perdonarmi, non lo pensavo davvero...». L’aneddoto lo racconta Enrico Costa, capogruppo del Pdl nella commissione Giustizia di Montecitorio, al quale è stato riferito da un altro parlamentare Pdl. Fotografa la fibrillazione tra gli azzurri, messi a soqquadro dalla pubblicazione di conversazioni telefoniche in cui ministri e parlamentari della maggioranza appaiono l’un contro l’altro armati. «È uno scandalo – attacca dal primo mattino Fabrizio Cicchitto –, un’operazione a senso unico, un gioco al massacro. Di certo non vanno a turbare i lobbisti di De Benedetti...». «Sono pubblicazioni indegne e illegali», affonda il ministro degli Esteri Franco Frattini, citato nella rete di Bisignani.Segue una carovana di dichiarazioni indignate degli altri colonnelli Pdl, con il fine esplicito di rimettere mano a una legge sulle intercettazioni. E un fine implicito: chiamare in campo Udc e Pd. L’unica apertura, sibillina e ironica, viene però dal vicepresidente del Csm Michele Vietti: «Ho un vago ricordo di leggi mai arrivate al dunque, comunque non è mai troppo tardi». Le risposte di democratici e centristi sono invece negative. «In questa fase una legge sarebbe intempestiva e sbagliata, desterebbe sospetti», dice Pier Ferdinando Casini. «Si, c’è una valanga di intercettazioni senza valore penale – ammette il presidente del Copasir Massimo D’Alema –, ma ormai è tardi, ed è inopportuno intervenire per decreto. Se non c’è una norma la colpa è loro...» (le parole dell’ex premier, lungo il pomeriggio, vengono interpretate come una mezza apertura, al punto che il responsabile Giustizia del Pd, Andrea Orlando, è costretto a intervenire: «D’Alema ha ribadito la nostra posizione, siamo per il no a qualsiasi limitazione e favorevoli ad una udienza in cui si stralcino le conversazioni non significative»). Comunque, non è un caso che D’Alema e Casini, citino, come occasione persa, il ddl Mastella approvato alla Camera con largo consenso nel 2007, e poi arenatosi al Senato mentre il governo Prodi crollava. E nemmeno è un caso che i "moderati" del Pdl - Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello in primis -, ricaccino indietro la prima idea venuta al premier, quella del decreto legge per stoppare fughe di notizie e pubblicazioni, e auspichino invece un «testo condiviso»: il ddl Mastella, appunto, oppure il dispositivo scritto da Alfano in questa legislatura, ampiamente emendato, nel pieno della lotta tra Fini e Berlusconi, dalla commissione Giustizia della Camera presieduta da Giulia Bongiorno. In linea di principio, il Pdl preferirebbe il testo scritto durante il governo Prodi, più severo, ma la ragion pratica impone di ripartire dall’ultimo ddl su cui si era quasi arrivati alla quadra. Di certo non ci sarà la sponda di Fli, visto le parole al vetriolo del presidente della Camera: «È giusto regolare la pubblicazione, ma per un decreto non ci sono i requisiti nella Carta. Nell’inchiesta – attacca – c’è un clima da basso impero che indigna gli italiani normali. E io in quei verbali non ci sono...». Scontato il «no» ad ogni intesa dall’Idv.In questo scenario, l’ipotesi di un decreto governativo sembra lo spauracchio da agitare. «Il carattere d’urgenza c’è, Napolitano capirebbe», dicono i giuristi azzurri, ipotizzando una norma ad hoc per assegnare la responsabilità oggettiva ai capi-ufficio delle procure da cui escono i verbali, oppure stralciando commi dei ddl già esistenti sulle pubblicazione illecite. «Il Colle è sempre stato chiaro, in materia di diritti e libertà si agisce solo con leggi ordinarie», replicano gli esperti Pd. Sul versante politico il Pdl ragiona su un ordine del giorno in una delle due Camere. Marco Iasevoli
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