mercoledì 29 gennaio 2014
​Perquisiti i casolari. Prende piede l'ipotesi di un furto commissionato da un collezionista. Sotto esame le centinaia di segnalazioni arrivate ai carabinieri. Appello del cardinale Dziwisz: restituitela.
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I casolari di montagna e i tabu­lati telefonici. Sono queste le due parole chiave del terzo giorno d’indagini sul fur­to della reliquia con il sangue del beato Gio­vanni Paolo II, avvenuto la scorsa settima­na nel piccolo santuario di San Pietro del­la Ienca, alle pendici del Gran Sasso, il pri­mo a lui dedicato in Europa. Abbandona­ta la pista satanica, l’ipotesi più accredita­ta ora resta quella del furto per commis­sione, probabilmente ideata da un colle­zionista. Dopo il vertice di ieri mattina in procura tra i pm e le forze dell’ordine, co­munque, adesso gli sforzi della procura del­l’Aquila si stanno orientando verso la mes­sa al setaccio delle cascine abbandonate attorno al vicino comune di Assergi, nella speranza che i ladri abbiamo abbandona­to la preziosa ampolla, donata nel 2011 al­la comunità abruzzese dal segretario par­ticolare di Papa Wojtyla, il cardinale Stani­slaw Dziwisz, per poi tornare a riprender­la una volta che le acque si fossero calma­te.  Ma in queste ore si stanno analizzando anche le telefonate agganciate nelle celle della zona prima e dopo il furto, probabil­mente avvenuto di notte tra venerdì e sa­bato scorso, per capire chi fossero le per­sone presenti in quel quadrato di terra. Ma non si tralasciano nemmeno le centinaia di chiamate, anche anonime, arrivate in queste ore al comando dei carabinieri del­l’Aquila, perché «non vogliamo lasciare nulla di intentato», dice il comandante pro­vinciale Savino Guarino. È ancora incre­dulo e frastornato invece il parroco di As­sergi, don Josè Obama Abuy, che domeni­ca insieme ad alcuni fedeli ha scoperto la finestra rotta della chiesa. Nessuno pote­va immaginare un gesto del genere in que­sto paesino, continua a ripetere, «è uno scandalo internazionale, una vergogna per tutti, oltre a essere un duro colpo per i cri­stiani ». Col senno di poi, è il suo unico ram­marico, forse «si doveva provvedere alla si­curezza con le telecamere». "Desidero rivolgere una richiesta a coloro che hanno sottratto la reliquia da quella chiesetta sotto il Gran Sasso. Vi prego restituitela prima della canonizzazione di Giovanni Paolo II". L'appello arriva dal cardinale Stanislaw Dziwisz, per oltre cinquant'anni segretario personale di Wojtyla."Spero dal profondo del cuore che chi ha sottratto la reliquia la restituisca", dice il cardinale in un'intervista al Messaggero. "Bisogna fare tutto il possibile perché questoavvenga e spero che possa davvero accadere. Chi l'ha presa sa bene che non ha nessun valore. Prego perché la coscienza di questa persona abbia un sussulto e decida di restituirla, magari facendola ritrovare al parroco in qualche luogo lì attorno".
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