venerdì 19 giugno 2009
Sale la tensione nei palazzi romani in seguito al nuovo «caso morale» che sembra investire il premier e suscita accuse di macchinazione. Berlusconi: non date retta ai «rumors». Ma le opposizioni non danno tregua.
  • La catena delle non chiarezze, di G. Marcelli
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    «Non date retta ai rumor che girano su Giulio Tremonti e Mario Draghi... Con loro c’è piena collaborazione». Silvio Berlusconi è già in piedi e sta per lasciare il vertice tec­nico convocato a Palazzo Chigi sulla Fiat ma prima vuole spazzare via le voci che si accavallano. Vuole spiegare che le indiscrezioni su possibili 'governissi­mi' sono solo indiscrezioni. Vuole negare «sommo­vimenti » all’interno della maggioranza e attriti con il ministro dell’Economia. «Con Tremonti c’è vero af­fetto e la stabilità del governo non è in discussione... Vedrete, ognuno farà la sua parte». La verità, però, non è proprio quella raccontata dal pre­mier. Berlusconi si sente accerchiato e in tutte le conversazioni più priva­te ripete quello che Daniele Capez­zone, il portavoce del Pdl, detta alle agenzie di stampa: «È in corso un’o­perazione di chiaro sapore antide­mocratico, che va denunciata e bat­tuta ». A Bruxelles, per il Consiglio Eu­ropeo, il premier confida ai suoi di sentirsi vittima di «un piano preciso» che utilizza «persone pagate per dire certe cose». Lo scontro, già aspro, è destinato a crescere di inten­sità. Perché – per dirla con il ministro pugliese Raf­faele Fitto – «più passano le ore e più risulta chiaro che non c’è assolutamente nulla di casuale e di scollega­to tra le 'scosse' al premier preannunciate domeni­ca scorsa da D’Alema, lo scoop giornalistico del Cor­riere della Sera, la fuga di notizie dalla Procura di Ba­ri e la circostanza che nonostante la folla che circon­dava il presidente Berlusconi a Bari, la signora D’Ad­dario sia riuscita ad essere spesso sullo sfondo delle foto scattate per strada al presidente». Umberto Bossi è preoccupato «per le ripercussioni che certe voci possono avere nelle famiglie» di chi vie­ne coinvolto. E spera di «non veder candidato» alle prossime elezioni qualche magistrato barese. Ma sul fronte politico, aggiunge il leader della Lega, «quan­do ci sono le campagne elettorali ci vogliono i pro­grammi, non gli attacchi personali», ecco «l’errore» di una sinistra «da troppo tempo chiusa nei palazzi». Complotto? Piano eversivo? Carmelo Briguglio, vice presidente dei deputati del Pdl, parla soprattutto co­me componente del Copasir, il comitato parlamen­tare per la sicurezza della Repubblica, e con la men­te rivolta alla riunione di mercoledì prossimo avver­te: «Il Parlamento e il Paese hanno il diritto di cono­scere se dietro le vicende di queste ore, ma anche dei mesi scorsi, ci sono attività 'non isti­tuzionali' di intelligence». Si aspetta di capire mentre lo scon­tro divampa e il Pdl rilancia l’attacco al Pd. È Denis Verdini ad aprire le o­stilità: «Il Pd chieda scusa per l’asso­luta assenza di moralità del loro mo­do di fare politica». Le opposizioni non restano in silenzio. Rosy Bindi (Pd): «Berlusconi o spiega o se ne va». Rocco Buttiglione (Udc): «A Berlu­sconi do un consiglio d’amico: que­reli o chieda scusa», come fece Clin­ton. Antonio Di Pietro (Idv): «Non è accettabile lasciar governare un uomo che consolida quotidianamente, nell’opinione pubblica del Paese, il dubbio che scelte e decisioni abbiano costante­mente un retroscena vojeuristico e privatistico». È un momento complicato e Gianfranco Fini lo sot­tolinea: in Italia – spiega il presidente della Camera – «stenta ad affermarsi una mentalità da democrazia matura» e «da tempo si avverte nel Paese un males­sere diffuso... Spesso la percezione del destino co­mune appare ed è assai labile. La necessità di valori condivisi è riconosciuta, almeno a parole, da tutti, ma tale aspirazione risulta di fatto smentita dal frequen­te ricorso alla delegittimazione reciproca tra avversari politici».
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