domenica 27 agosto 2023
Ad Agnone (in Molise) per la progressiva chiusura dei reparti ospedalieri il medico del territorio era l’unico punto di riferimento
In pensione il pediatra, 500 bimbi senza medico
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Agnone ( Isernia) Nel paese delle campane – la Marinelli è la più antica fonderia al mondo e vanta il privilegio di poter usare lo stemma pontificio per i suoi prodotti – i rintocchi a morto per la sanità si sentono non solo in questo borgo di 4.700 abitanti, ma in tutta una vasta zona che tocca le province di Isernia, Campobasso, L’Aquila e Chieti, tra Molise e Abruzzo. L’ospedale “Caracciolo” di Agnone (Isernia) negli anni è stato progressivamente spogliato dei reparti, compresa Pediatria, e i circa 500 bambini della zona facevano riferimento al dottor Luigi Alberto Cutrone, che però da mercoledì scorso ha chiuso il suo ambulatorio in centro. Non un fulmine a ciel sereno: il pediatra oltre due mesi fa aveva preannunciato il diritto sacrosanto di andare in pensione, dandone regolare comunicazione anche alle famiglie dei piccoli pazienti.

Ma in questi 60 giorni dalla Asrem, l’Azienda regionale sanitaria, nessuno si è preoccupato di avviare la pratica della sostituzione, lasciando tutto il comprensorio sguarnito del medico in convenzione per neonati e bambini under14. In caso di necessità ci sono le strutture pubbliche, ma con l’ospedale di Agnone messa ko dai tagli alla sanità pubblica, bisogna spingersi a Isernia o a Campobasso, che vuol dire sobbarcarsi un paio di ore di auto su strade di montagna che in inverno speso gelano o restano sepolte dalla neve. «E sono due mesi che noi abbiamo preso a tambureggiare su questo problema, con una campagna di stampa ininterrotta, ma finora non è arrivata alcuna risposta istituzionale», racconta Francesco Bottone, caporedattore dell’Eco Alto Molise, testata online diretta da Maurizio Ottavio che fa del buon giornalismo “di frontiera” che qui vuol dire anche confini, comunque allargati a tutta la zona abruzzese di Vasto «e con paesini anche di poche centinaia di abitanti per i quali l’ospedale di Agnone era un punto di riferimento e che invece nel tempo è stato progressivamente smantellato. I miei compaesani di Schiavi d’Abruzzo, per esempio, in caso di necessità devono andare fino a Vasto e percorrere 126 chilometri», aggiunge Bottone.

Ora il problema più stringente riguarda per l’appunto i 500 bambini – molti di più in estate, quando in queste zone incontaminate arrivano tanti turisti e molte famiglie di emigrati – ma il massimo della risposta ottenuta è stata quella di spulciare tra le liste Asrem per trovare un altro pediatra e chissà dove. E le sporadiche buone notizie fanno certo piacere, però non bastano: è di questi giorni per esempio l’assegnazione di una seconda ambulanza con medico a bordo alla postazione 118 di Castiglione Messer Marino, ma poi in caso di necessità sempre in un ospedale devi arrivare, tra le strade di cui sopra e altre interrotte addirittura da 5 anni, come nel caso del ponte Sente «la cui chiusura costringe per esempio i miei parrocchiani di Castelguidone e di altri paesi della zona a impiegare altri 45 minuti per arrivare ad Agnone e ai pochi servizi rimasti in quell’ospedale», racconta don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana di Trivento che tra le sue tante battaglie – a iniziare da quella contro lo spopolamento – sta conducendo da tempo proprio quella contro lo sfascio della sanità pubblica, compresa una fiaccolata silenziosa per impedire la chiusura dell’ospedale di Agnone.

«Ma qui – aggiunge sconsolato don Conti – va sempre peggio: molti paesi non hanno più neppure un ambulatorio e il medico condotto devi rincorrerlo per i vari borghi, a seconda dei giorni della settimana. Per tanti anziani, che spesso hanno bisogno di una ricetta o di una semplice pacca sulla spalla da parte del dottore, è un dramma. Da noi, per esempio, c’è ancora la farmacia, ma solo per il buon cuore del farmacista che ha deciso di rimandare la pensione, poi probabilmente non verrà più nessuno. E quel che è peggio è che, dopo tante proteste e lotte per difendere l’ospedale, la gente ora è rassegnata al peggio».

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