giovedì 15 giugno 2023
Giovani, donne e bambini sono le principali vittime del ribaltamento del peschereccio partito a Tobruk e probabilmente diretto in Italia. In Grecia tre giorni di lutto nazionale
Il peschereccio stracarico di migranti: a bordo sarebbero stati almeno 700, solo 104 i sopravvissuti

Il peschereccio stracarico di migranti: a bordo sarebbero stati almeno 700, solo 104 i sopravvissuti - Fotogramma / courtesy of Guardia costiera greca

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Un altro naufragio, un’altra terribile strage del Mediterraneo sempre più “il più grande cimitero d’Europa”, come non smette di denunciare papa Francesco. A un mese e mezzo dalla strage di Cutro, un nuovo bilancio drammatico: 79 morti, centinaia di dispersi, 104 sopravvissuti, nel mar Egeo, davanti alle coste greche, nel naufragio di un peschereccio partito da Tobruk, Cirenaica. Partiti in 750 cinque giorni fa, diretti in Italia, ma affondati nelle acque della baia di Pylos, Peloponneso occidentale. Morti perché non soccorsi, malgrado le continue richieste di aiuto.

Da una testimonianza emerge un'ipotesi agghiacciante: "Ho chiesto a un paziente e mi ha parlato di un gran numero di bambini, circa 100 nella stiva" ha riferito ai media greci il direttore della Clinica Cardiologica dell'Ospedale di Kalamata dove sono ricoverati alcuni sopravvissuti. Il primo ministro ad interim della Grecia, Ioannis Sarmas, ha annunciato un periodo di tre giorni di lutto nazionale: dalle 21 di mercoledì fino alla mezzanotte di venerdì.

Arrivavano da Siria, Pakistan, Egitto, ma l’elenco delle nazionalità presenti a bordo del peschereccio della morte è per ora soltanto parziale. Una strage annunciata. La rotta dalla Cirenaica è in queste settimane la più affollata. Dal territorio controllato dal generale libico Khalifa Haftar comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), salpano pescherecci stracarichi di immigrati, da 500 a 700. Direzione Calabria e Sicilia orientale. Negli ultimi trenta giorni ne sono arrivati più di 4mila, in gran parte soccorsi dai mezzi della nostra Guardia costiere, e in alcuni casi dalle Ong. Tragedie evitate. Non così ieri.

Il dramma inizia nel pomeriggio di martedì quando Nawal Soufi, attivista marocchina che vive in Sicilia e tiene i contatti con molti immigrati, comunica di aver ricevuto un Sos da un’imbarcazione con 750 persone in difficoltà. Con forte vento, mare grosso e quasi senza acqua da bere. Segnala la posizione e scrive su Twitter che «necessitano di soccorso immediato». A bordo ci sarebbero sei persone morte e altre «in condizioni critiche». Si avvicinano due mercantili. Da uno gettano bottigliette d’acqua, ma a ogni lancio gli immigrati si spostano, facendo ondeggiare paurosamente il peschereccio. Anche Alarm phone, l’organizzazione che raccoglie gli Sos delle imbarcazioni in difficoltà, riceve la richiesta di aiuto e la rilancia. Ma le autorità greche non fanno partire i soccorsi. Eppure il peschereccio, dopo aver deviato per il maltempo, sta dirigendo verso le coste del Peloponneso, è in area Sar greca, a 46 miglia dalla costa. Quindi è Atene che dovrebbe intervenire. L’allarme arriva anche alle autorità italiane da un aereo Frontex e il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma avvisa la Guardia costiera greca. La versione di Atene conferma l’avviso ma, ci si giustifica, gli immigrati «hanno rifiutato l’assistenza» e hanno «dichiarato la volontà di proseguire il viaggio verso l’Italia». Dopo alcune ore, sempre secondo i greci, il peschereccio si sarebbe ribaltato perché sovraccarico e perché gli immigrati a bordo si muovevano troppo. Un evidente tentativo di autodifesa, perché non è la prima volta che la Grecia si rifiuta di effettuare soccorsi.

Sempre Alarm Phone riferisce di aver cercato di far intervenire due mercantili che transitavano non lontano, che però hanno fatto sapere di poter intervenire solo su ordine della Guardia costiera greca. Che non è arrivato. Di certo a morire sono stati soprattutto donne e bambini che viaggiavano sottocoperta, proprio come a Cutro. Così i soccorsi arrivano solo dopo il naufragio.

Una strage che provoca reazioni ad alto livello. Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si dice «inorridito» e aggiunge che «questa tragedia è un altro esempio della necessità che gli Stati membri si uniscano per creare un corridoio sicuro per coloro che sono costretti a scappare e mettere in campo un’azione per salvare vite e ridurre pericolosi viaggi». «Dobbiamo continuare a lavorare insieme, con gli Stati membri e i Paesi terzi, per prevenire queste tragedie» afferma la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Per la commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johansson «questo naufragio è il segno che la nostra politica migratoria non funziona bene al momento. La cambieremo con il nuovo Patto». Ma l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) guarda oltre sottolineando «l’urgenza di un’azione concreta e globale da parte degli Stati per salvare vite in mare e ridurre i viaggi pericolosi, ampliando i percorsi sicuri e regolari per la migrazione». E di «un’ecatombe che l’Europa avrebbe potuto e dovuto evitare» parla Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli secondo il quale «manca la volontà degli Stati europei di istituire vie d’accesso legali e sicure per chi cerca protezione in Europa».

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