lunedì 20 novembre 2023
Secondo Banca d’Italia, i depositi si sono ridotti di 14 miliardi per l’inflazione. Tosini (Università Cattolica): aumenta la domanda dei titoli di Stato. Calano però anche le sofferenze bancarie
Scorcio di un mercato rionale

Scorcio di un mercato rionale - Ansa

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L’andamento dei prezzi al consumo - con l’indice nazionale sceso dal 5,3% di settembre all’1,8% di ottobre - lancia alcuni segnali incoraggianti, dopo i picchi anche in doppia cifra di fine 2022-inizio 2023. Nel frattempo, però, l’inflazione ha presentato un «conto» non indifferente alle famiglie consumatrici. Lo sanno bene anche quelle che vivono in Lombardia, costrette a loro volta a fare i conti con il costo della vita. I dati della Banca d’Italia, aggiornati al 30 giugno scorso, non ammettono repliche, considerato che solo rispetto a un anno prima, i depositi in banca e il risparmio in Posta si è ridotto di 14 miliardi di euro, da oltre 248 miliardi di euro a poco più di 234 miliardi di euro, con un calo del 5,6%, superiore al dato medio nazionale (-3,5%).

Una situazione che per Gianfranco Tosini, docente di Strategie d’impresa per l’internazionalizzazione alla sede di Brescia dell’università Cattolica, ha una spiegazione molto semplice. «Il calo è dovuto, soprattutto, alla contrazione della propensione al risparmio delle famiglie causata dalla minore disponibilità di reddito che è stata erosa dalla perdita di potere d’acquisto provocata dall’inflazione», sottolinea. Ma non è tutto. «Un altro motivo della discesa dei depositi bancari è connesso alla ricomposizione delle attività finanziarie delle famiglie – analizza ancora Tosini – : questo è dovuto al più lento adeguamento dei tassi di interesse sui depositi in conto corrente alle variazioni dei tassi di riferimento rispetto a quelli sui depositi a termine. Una situazione che ha favorito anche un aumento della domanda di titoli di Stato da parte delle famiglie».

Gli effetti scatenati dall’inflazione, comunque, non hanno pesato solo sui depositi delle famiglie, ma hanno condizionato anche le loro richieste di prestiti: sempre al 30 giugno scorso, in Lombardia, lo stock in essere si è attestato poco sopra i 130,7 miliardi di euro, contro i 129,33 miliardi di euro dello stesso periodo del 2022 che, invece, aveva visto un incremento superiore ai 6 miliardi di euro nel confronto con dodici mesi prima. «Questa crescita rallentata si spiega con il fatto che la domanda di finanziamenti è frenata dall’aumento del costo dei prestiti, dalle minori esigenze di liquidità per investimenti oltre che dall’inasprimento dei criteri per la concessione del credito», riflette Tosini.

In questo quadro si inserisce, comunque, un altro dato incoraggiante: sempre al momento della rilevazione l’ammontare delle sofferenze (ovvero quando un debitore non è in grado di far fronte alla rata del mutuo o di un finanziamento) per le famiglie lombarde sono scese di oltre il 12% su base annua a 1.161 milioni di euro. Solo a giugno 2014 erano pari a quasi 7 miliardi di euro a fronte di prestiti per 103,4 miliardi di euro . «Si tratta di segnali al momento incoraggianti, che però non devono illudere – conclude Tosini –. L’andamento, iniziando dalla parte finale di quest’anno, dovrà fare i conti con gli effetti prodotti dall’incremento dei tassi e le inevitabili ricadute, iniziando dalle rate dei mutui».

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