giovedì 28 luglio 2011
L’Oms: emergenza globale, 450 milioni di malati. Chi ha un’infezione cronica deve stare attento ad altri fattori aggiuntivi di rischio (come l’obesità, il consumo alcolico e il mancato controllo del diabete), che aggravano il decorso della malattia.
COMMENTA E CONDIVIDI
Oggi, 28 luglio, la gente potrà chiedersi: «Sono io il numero 12?». Si calcola infatti che una persona su12 nel mondo è affetta da epatite B o C. «Am I number 12?», è l’interrogativo che pone la quarta giornata mondiale delle epatiti, la World Hepatitis Day, indetta dalla World Hepatitis Alliance, un’organizzazione non governativa sorta per dare voce a circa 450 milioni di persone affette da uno di questi virus. La giornata è sostenuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che ha dichiarato le epatiti una emergenza sanitaria globale. Quest’anno la giornata non è soltanto simbolica, ma porta con sé una buona notizia per gli ammalati: la scoperta di nuovi farmaci capaci di rallentare la replicazione del virus. I farmaci, che sono stati già approvati dalla Food and Drug Administration americana e dalla Commissione europea del farmaco, presto saranno introdotti anche in Italia. Parliamo di tutto questo con Antonio Ascione, epatologo di fama internazionale, tra i fondatori della Association Mediterranean for Study of liver, e responsabile del centro per le malattie del fegato dell’Ospedale Buon Consiglio-Fatebenefratelli di Napoli. Professore, perché una giornata per le epatiti?È nata per la forte pressione da parte delle organizzazione dei pazienti che ritengono si parli poco, a livello mondiale, di epatite, quando invece il virus B è cinquanta volte più infettivo dell’Hiv. La giornata serve a far capire che le epatiti sono un problema serio, medico e anche economico per la società. La giornata è utile anche per sollecitare le autorità. L’Oms solo l’anno scorso ha dichiarato che questo è un problema di grande rilevanza. Si è calcolato infatti che i malati nel mondo sono più di 450 milioni, e sono due miliardi le persone al mondo che hanno avuto contatto con il virus. È possibile quantificare questa infezione?I numeri della diffusione delle epatiti sono enormi. Solo per l’epatite B si calcola che ogni anno muoiono in tutto il mondo tra 500mila e 700mila persone. Per l’epatite C si contano tra i 180 e i 250 milioni le persone infettate. In Italia, il 3 per cento della popolazione è infetta del virus C; l’epatite B invece è sofferta dall’1,5 per cento della popolazione, proprio perché negli anni si è ridotta moltissimo. A cosa è dovuta la diminuzione di questo virus Hbv nel nostro Paese?Si è ridotto per due ragioni. Prima di tutto perché la gente ha preso più coscienza; c’è del resto una maggiore conoscenza anche scientifica. Il virus B è stato scoperto molti anni prima dell’epatite C e dunque anche dal punto di vista clinico l’esperienza è maggiore. L’eliminazione delle siringhe di vetro è poi stata determinate: erano tra i principali veicoli di trasmissione.Perché queste malattie sono tanto diffuse?Sono andate avanti per decenni senza che se ne conoscessero le cause. Il primo virus è stato scoperto dal Nobel Blumberg soltanto nel 1968, relativamente da poco, e il virus della C addirittura nel 1989. Parliamo dunque dell’altro ieri. Quindi per decenni le persone si sono infettate senza saperlo. Soprattutto nella fascia di età compresa tra i 40 e i 60 anni il numero di persone infettate è molto elevato. Nei giovani, invece, si è ridotto il passaggio del virus. Quando fare degli esami per sapere se si è contratta l’infezione?Il problema è complesso perché da un lato le organizzazioni governative devono fare i conti con i loro bilanci, poi sulla reale utilità di fare screening a tappeto c’è molto da discutere. Noi medici suggeriamo uno screening mirato. Per l’epatite B che si trasmette in maniera facilissima, è chiaro che se in famiglia c’è una persona già infettata è utile che tutti si sottopongano a test e a vaccinazione, perché il vaccino esiste. Vanno vaccinati tutti i neonati. L’Italia è stato il primo Paese la mondo, nel 1991, a rendere obbligatoria la vaccinazione a tutti i neonati e ai bambini che erano all’epoca in età scolare. Ovvio che devono sottoporsi a esame clinico coloro che hanno comportamenti sessuali a rischio. Il contagio sessuale nelle epatiti B è enorme, mentre nelle epatiti C sul piano epidemiologico è quasi trascurabile.Come si trasmette l’epatite C?L’epatite C si trasmette prevalentemente con strumenti infetti, come la siringa di vetro di una volta, o quelli chirurgici. Infatti, si suggerisce a tutti quelli che hanno subito interventi chirurgici o trasfusioni prima del 1990 di fare lo screening, perché i sistemi per sterilizzare dell’epoca non erano sufficienti per distruggere questo virus. In che modo è possibile curarsi?Sono stati fatti passi avanti enormi. A parte l’interferone per le due epatiti, abbiamo adesso due farmaci nuovissimi ed efficaci, l’entecavir e il tenofovir per le epatiti B che somministriamo anche a pazienti che hanno una malattia avanzata, perché bloccare la replicazione virale significa talvolta togliere dalla lista d’attesa per il trapianto di fegato. Per l’epatite C, proprio pochi giorni fa sono stati approvati dalla Fda americana e dalla Commissione per i farmaci europea due principi di nuova generazione che agiscono direttamente sulla replicazione virale, il boceprevir e il telaprevir. Ovviamente funzionano meglio se la malattia non è già in stato avanzato.Una persona infetta è soggetta a un particolare stile di vita?Una persona che ha una infezione cronica deve stare attenta ad altri fattori aggiuntivi di rischio, come l’obesità, il consumo alcolico e il non controllo di una malattia metabolica molto diffusa come il diabete. Sono fattori di rischio, specie l’alcol, che aggiunti al virus ne potenziano in maniera determinante il decorso. Tra una persona infetta che beve e una infetta che non beve, la prima corre un rischio dieci volte maggiore di sviluppare una cirrosi epatica. Preoccupano molto l’aumento di consumo di alcol tra i giovani e l’obesità sempre più diffusa. Noi medici registriamo un aumento di steatosi epatica, cioè di accumulo di grasso nel fegato. La steatosi è destinata a diventare nel tempo la prossima epidemia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: