domenica 20 settembre 2020
Oggi e domani quasi 47 milioni di elettori sono chiamati a confermare o bocciare la riduzione del numero dei parlamentari da 945 a 600. Niente quorum, esito valido comunque
Referendum, una scheda pesante

Referendum, una scheda pesante - Ansa

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Ridurre il numero dei parlamentari o no, ipotesi di cui in Italia si discute - a livello diverso - da quasi quaranta anni? È questo il quesito per oltre 46 milioni e 600mila italiani chiamati al voto per il referendum di oggi, domenica, e anche domani fino alle ore 15. Ad essere precisi, sarà questo il quesito che gli elettori troveranno nella schede verde-chiaro: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari"?». La risposta è semplice: sì o no.

Non lo è altrettanto la previsione sulla partecipazione. L’astensionismo potrebbe essere più alto laddove non ci sono altre votazioni, ovvero regionali e amministrative che si svolgeranno contestualmente. Inoltre, c’è un altro fattore che potrebbe pesare: i timori per il Covid.

Il referendum è confermativo, cioè non si tratta di abrogare una legge, ma di approvare una riforma. Gli elettori sono infatti chiamati a confermare o bocciare la riforma degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, modifica approvata dal Parlamento che prevede il taglio dei parlamentari, riducendo l’attuale numero da 945 a 600, ovvero 400 deputati (contro 630) e 200 senatori (ora sono 315), mantenendo i senatori a vita (ma riducendone il numero, al massimo 5 in totale, mentre finora erano 5 quelli che ciascun capo dello Stato poteva nominare, secondo l’articolo 59 della Costituzione).

Prevista anche una diminuzione dei parlamentari all’estero: i deputati scendono da 12 a 8, i senatori da 6 a 4.

Ieri si sono registrati sui media gli ultimi interventi di costituzionalisti: in un’intervista Gustavo Zagrebelsky ha sostenuto che le ragioni del No «non stanno in piedi», pur riconoscendo che il Sì «porta con sé un effetto maggioritario, questo è un argomento serio ma non per forza a favore del No». E per il Sì è pure Roberto Zaccaria, ex deputato dei Ds ed ex presidente Rai, che però chiede una legge elettorale che «cancelli le liste bloccate».

Opinioni, queste due, difformi dalle oltre 500 firme raccolte dall’appello dei costituzionalisti per il No.

Essendo un referendum costituzionale, il quorum – cioè una soglia minima di votanti per rendere valido il risultato - non è previsto. L’esito delle urne sarà dunque valido anche se non ci sarà il 50% più uno dei votanti. Stavolta, pertanto, l’astensione ha un valore diverso.

Si tratta del quarto referendum di questo tipo nella storia.

Se vincono i Sì, il taglio dei parlamentari entrerà in vigore solo alle prossime elezioni politiche. E, nel frattempo, dovranno essere adattati ai nuovi numeri i regolamenti parlamentari.

Se a prevalere sarà invece il No, resterà l’attuale assetto. Ciò non toglie che ci sarà un contraccolpo politico. Sarebbe sicuramente uno smacco notevole per M5s, che di questo tema ha sempre fatto uno dei suoi vessilli, e che tenta inoltre di "mascherare" nella battaglia referendaria un esito delle parallele elezioni regionali forse poco soddisfacente per il Movimento creato da Beppe Grillo. Non manca chi si è spinto a ipotizzare (spesso ne ha fatto, anzi, una delle motivazioni alla base della propria linea contraria) possibili conseguenze nefaste per lo stesso governo guidato da Giuseppe Conte, come lo fu nel 2016 per Matteo Renzi. Ma si tratta di scenari e congetture tutte da verificare da domani in poi.



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