venerdì 23 giugno 2023
Don Francesco Savino ha incontrato i lavoratori di Webuild Sirjo, finito nel mirino della ‘ndrangheta. «Scatta l’ora della corresponsabilità, no alla malavita»
Il vescovo Savino nel cantiere per la realizzazione del Terzo megalotto

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«La Chiesa non è neutrale, ma dalla parte dei cittadini onesti, delle vittime della violenza mafiosa. La Chiesa è dalla vostra parte». Sono le forti parole di don Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente della Cei. Come annunciato, visita il cantiere di Webuild Sirjo, l'azienda impegnata nella realizzazione del Terzo megalotto della statale Ionica 106, che nelle scorse settimane ha subito due gravi attentati. Davanti al vescovo, nel grande cantiere di Villapiana Scala, decine di operai in tuta da lavoro e impiegati che accompagnano il suo intervento con ripetuti applausi.

Savino è già venuto altre volte nell’importante cantiere, opera tanto attesa per mettere in sicurezza quella che è chiamata “strada della morte” e per togliere dall’isolamento questo territorio. Vi ha anche celebrato Messa. Ma oggi è un’occasione particolare. Cita Isaia, «in nome del mio popolo non tacerò». Cita Rosario Livatino, «mi preoccupa il silenzio degli onesti, il silenzio può essere complicità, organico a qualcuno». Cita papa Francesco che 9 anni fa, il 21 giugno 2014 non lontano da qui, pronunciò la famosa scomunica dei mafiosi, denunciando «l’incompatibilità tra mafia e Vangelo, perché i mafiosi adorano il male e la ricchezza illegale e corrotta».

È molto serio il vescovo. «Sono qui perché sono preoccupato e indignato. Ci sono troppi segni che mi inquietano. Non voglio arrendermi a chi vuole fare di noi dei sudditi, degli schiavi. Vogliamo vivere da cittadini liberi». Applauso. «Crediamo in chi serve il territorio, non in chi si serve del territorio» e l’applauso è ancora più forte da chi, col lavoro, questo territorio lo sta migliorando. Poi si rivolge ai mafiosi. «Vogliamo dire “noi non ci stiamo” a chi vuole fare del nostro un territorio di barbarie. Non ci arrendiamo a un sistema malavitoso». E citando il “Convertitevi!” di Giovanni Paolo II ad Agrigento il 9 maggio 1993, lo rilancia agli ‘ndranghetisti. «A chi ha incendiato, a chi usa la corruzione, dico “convertitevi, cambiate, lo dico per amore della gente di Calabria”». E chiude con un nuovo appello ai calabresi. «La violenza non è mai una soluzione. Possa qui nascere un movimento del popolo delle Beatitudini, della mitezza e della pace, contro chi vuole farci vivere senza libertà, per impedirci processi di cambiamento».

E allora, conclude il vescovo, «questa è l’ora della corresponsabilità. Chi si sottrae dovrà dare spiegazioni alla storia, ai propri figli. O ci salviamo tutti o non si salva nessuno. Qua sono a rischio la civiltà e la democrazia». Applauso e l’abbraccio con l’amministratore delegato di WeBuild Sirjo Ss Jonica, Salvatore Lieto. Il manager non vuole parlare degli attentati. «Oggi parla il vescovo e siamo molto riconoscenti per la sua presenza». Ma ci tiene a ringraziare anche «il questore di Cosenza, Michele Spina che è venuto in cantiere e ha predisposto un intervento specifico di controllo». Poi si dilunga a descrivere i lavori. «Siamo il più importante appalto dell’Anas, ci lavorano 350 operai, 148 impiegati oltre ad altri 800 delle ditte affidatarie».

E con orgoglio sottolinea come «il 50% sono calabresi, il resto delle altre regioni del Sud. Io sono l’unico del Nord». Poi ci fa vedere le realizzazioni per la Giornata mondiale per l’ambiente, mensole con bottiglie di plastica trasformate in vasi pieni di coloratissimi fiori. «Abbiamo vinto la gara indetta dal Gruppo, siamo stati i più bravi, come sempre». A portare solidarietà anche il neoreferente regionale di Libera, Giuseppe Borrello. «Siamo qui perché c’è un’emergenza e la necessità di dare una risposta chiara al fianco di imprenditori e lavoratori che stanno realizzando un’opera così importante, respingendo le pretese mafiose». Anche perché gli incendi ai mezzi del cantiere non sono l’unico segnale preoccupante, in un territorio dove i clan sfidano le imprese e lo Stato, ma anche si combattono tra di loro.

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