mercoledì 27 aprile 2011
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Un evento «importante». Per Roma, e per il mondo intero, un’occasione «per riconnet­tersi a quel ciclo di speranza che Gio­vanni Paolo II ha rappresentato». Gianni Alemanno, sindaco di Roma, vede in questo modo il senso della cerimonia che domenica prossima vedrà la beatificazione di Papa Wojty­la. Trecento, quattrocentomila le per­sone attese. Forse più. Roma è pronta? Credo di sì. Abbiamo già l’esperien­za maturata al tempo dei funerali, e penso che siamo pronti, anche se è chiaro che bisogna essere molto at­tenti. Pronti ad accogliere tutti, e se­condo me alla fine i calcoli fino a og­gi sono sbagliati, perché saranno molti quelli che verranno sponta­neamente, flussi carsici, per così di­re, fuori dei gruppi organizzati. Ma, ripeto, siamo abbastanza tranquilli. Città accogliente, ha detto. Ma che proprio nei giorni di Pasqua ha vis­suto, su un altro fronte, un momen­to di crisi di accoglienza. Io non voglio fare polemiche in que­sti giorni, quello che è accaduto a San Paolo non rappresenta la realtà ro- mana, anche se, come sempre, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Abbiamo discus­so di cinquanta nomadi, ma nei no­stri campi autorizzati e in quelli tol­lerati ci sono oltre seimila nomadi. La nostra è e rimane la metropoli eu­ropea che accoglie maggiormente, pensare che Roma 'cacci' i nomadi è veramente fuori dal mondo. Tornando a quanto accadrà dome­nica prossima, che cosa rappresen­ta per la città questo momento?È una specie di ritrovarsi, perché Gio­vanni Paolo II in qualche misura è stata la persona che si è legata a tut­to un ciclo positivo, per la città e per il mondo. E secondo me l’evento di domenica prossima può riconnet­tersi a quel grande ciclo di speranza, un ponte che ci aiuta a superare an­che la crisi di questo momento. Roma è piena di manifesti con la fra­se, ormai famosa, di papa Wojtyla: 'Damose da fa’, semo romani'. An­che questo un modo per ricordare la 'romanità' di Giovanni Paolo II?Giovanni Paolo II è sempre stato sta­to molto legato alla città, come ci ha di nuovo confermato il cardinale D­ziwisz quando siamo stati a Craco­via. Un Papa che tutte le sere si af­facciava alla finestra per benedire la città, e che quando non ce la faceva più da solo ci si faceva portare; un Pa­pa che ha visitato quasi tutte le par­rocchie, che è stato veramente e profondamente vescovo di Roma. Un rapporto profondo, che è rimasto, e da questo punto di vista il nostro im­pegno è anche questo, mantenere vi­vo questo rapporto che c’è stato, non solo con i credenti ma anche con la parte laica della città. Lei qualche giorno fa ha parlato di scelta di 'sobrietà' per questa occa­sione. Che cosa, in particolare, com­porta?Questa è stata una scelta precisa del­la Santa Sede, una scelta di respon­sabilità di fronte a quella è la situa­zione attuale. Questo ha fatto sì che l’appuntamento di domenica non è stato dichiarato grande evento, e si è fatto fronte a tutte le necessità con le risorse comunali e quelle messe a di­sposizione dalla Santa Sede e dall’O­pera romana pellegrinaggi attraver­so sponsor privati. Nulla di faraoni­co, dunque, le cose e i servizi essen­ziali, che tuttavia mai come in que­sto caso caso non sono riduttivi, ma è un modo di andare al cure, alla ra­dice del momento, e finisce per va­lorizzare l’evento stesso. E, in questo senso, va sottolineato anche il parti­colare contributo che darà il volon­tariato. Il 18 maggio l’inaugurazione della statua di Wojtyla alla stazione Ter­mini- Giovanni Paolo II. C’è già qual­che programma per il 22 ottobre? Per ora, come organizzazione ci fer­miamo al 18. Ma sicuramente per la prima festa del nuovo beato il Co­mune, con il Vicariato, organizzerà qualcosa di importante.
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