sabato 30 settembre 2023
Si è tenuta un’assemblea popolare per contrastare il progetto che vorrebbe trasformare l'edificio e i due chiostri, dal 1870 assegnati all’Esercito, in una residenza per anziani
Il primo chiostro del convento di Santo Spirito a Firenze

Il primo chiostro del convento di Santo Spirito a Firenze - Max Mandel

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Un monastero occupato in gran parte dall’esercito, nel pieno centro storico di Firenze, potrebbe tornare alla sua origine conventuale e a quel dialogo tra fede, arte e cultura che ha animato Santo Spirito fin dalla sua nascita, nel 1250 con l’arrivo dei frati agostiniani. Era uno dei grandi centri della cultura prima medioevale e poi rinascimentale: erano di casa Dante, Boccaccio, Petrarca e Michelangelo, che con i frati studia, in segreto, anatomia sui cadaveri, e per ringraziamento lascia un grande crocifisso ligneo, capolavoro della sua giovinezza, custodito nella sagrestia del Sangallo.

Ma ora si profila ben altra sorte: la trasformazione del convento in residenza per anziani. Per questo ieri la comunità agostiniana – che nel Quattrocento chiede a Brunelleschi di progettare la basilica (per Bernini la chiesa più bella del mondo) e che abita una piccola parte dell’antico convento – ha indetto un’assemblea popolare nella piazza di Santo Spirito, perché quella storia non sia cancellata e possa avere un futuro. In epoca di dismissioni di monasteri e chiese, gli agostiniani, che sono pochi di numero ma forti dell’insegnamento del Doctor Gratiae, hanno il coraggio di andare controcorrente, di ribadire che la fede può ancora generare bellezza, che il genius loci non è una favola, che i luoghi sacri che costellano il nostro territorio non sono solo l’eredità di un glorioso passato, ma spazi dell’anima aperti a tutti e che continuano a parlare a chi crede e a chi non crede, al fedele, al pellegrino, al turista. E la gente che ieri è accorsa numerosa voleva affermare proprio questo, e difendere Santo Spirito che è un complesso unico e indivisibile, perché fin dall’origine convento e basilica sono un tutt’uno e c’è voluta una straordinaria ruberia di Stato, passata attraverso le soppressioni leopoldine e napoleoniche fino a quelle del Regno d’Italia, perché questa unità fosse spezzata e venisse aperta una ferita ancora viva.

Nel 1870 (l’anno di Porta Pia) il convento, con i suoi due splendidi chiostri che un tempo hanno accolto fino a 400 frati, viene assegnato all’esercito italiano e trasformato nella Caserma Ferrucci, e dove, fino al 2007, aveva sede il centro documentale del ministero della Difesa.

«Abbiamo voluto questo incontro – ha detto il priore, padre Giuseppe Pagano – nel giorno di san Michele Arcangelo, roccaforte della luce e protettore dalle insidie del Maligno. Chiediamo a tutti voi presenti e alla popolazione di sostenerci per evitare lo snaturamento di questo luogo di fede, di pace e di fraternità. Dal 2007 si rincorrono voci della dismissione della caserma e da allora abbiamo chiesto ai governi e ai ministeri competenti di affidarci in gestione il resto del convento per farne un museo di arte sacra, arricchendo il percorso attuale che comprende basilica, sagrestia e primo chiostro, ma anche un luogo di studio e di ricerca, e infine aprire nuovi spazi di ospitalità agli studenti, specialmente ai più bisognosi».

«E poi - continua il priore - veniamo a scoprire di una gara d’appalto, solo dopo che questa si è svolta ed è stata vinta. L’apertura dell’iter concorsuale risale all’agosto 2019, il bando viene indetto nel luglio 2021, l’aggiudicazione è del giugno 2022. Sono tanti i punti davvero oscuri. Nonostante siamo i costruttori ed ex proprietari, abitiamo parte del convento e officiamo la basilica, nulla ci è stato comunicato, e questo è davvero grave. Sorge anche la domanda legittima sul perché tra le tante possibilità di valorizzazione, soprattutto in ambito artistico e culturale, si scelga di indire una gara che prevede come unica soluzione la trasformazione del convento in residenza per anziani. Al bando di gara pubblica ha risposto una sola società, la Fastpol srl, che è stata dichiarata vincitrice con un appalto di 5 milioni complessivi per un comodato di 32 anni. Nel bando di gara si parla solo dei locali della Caserma Ferrucci e nulla si dice del fatto che sono collocati in un convento, un edificio rinascimentale che andrebbe protetto e non stravolto dai lavori necessari per la realizzazione di una residenza per anziani. Si parla anche di appartamenti da destinare a persone anziane e, presumo, facoltose».

Accanto al priore anche il professor Antonio Natali, tra i massimi storici del Rinascimento e direttore degli Uffizi dal 2006 al 2015: «La prima conseguenza logica dovrebbe essere che, con la restituzione dell’ala di pertinenza militare, venisse riacquisita dal convento la sua interezza e la sua piena dignità storica, liberandolo da ogni utilizzo incongruo. Oggi si ragiona tanto dell’importanza del nostro patrimonio, esaltando ognora la sua valorizzazione. Purtroppo l’interpretazione che si dà alla parola valorizzazione è esclusivamente finanziaria. Invece nello spirito della legge valorizzare vuol dire dare valore culturale a un bene che non l’abbia mai avuto, o restituirlo a un bene che nel tempo l’abbia perduto. Quest’ultimo è il caso di Santo Spirito. E poi, se si continua a inseguire solo il profitto, si darà sempre più credito a quella voce d’oltreoceano che con sarcasmo fondato sostiene che il patrimonio d’arte mondiale è al sessanta per cento in Italia, il resto è al sicuro».

L’interno della basilica di Santo Spirito a Firenze

L’interno della basilica di Santo Spirito a Firenze - Max Mandel

Cardini: scelta passata sulla testa dei cittadini​

Ogni tanto, bisogna pur essere chiari. Volete sapere come funziona la democrazia nei Paesi liberi e socialmente avanzati? Ti chiedono di contribuire a tutte le decisioni, di votare su tutto (giardinetti pubblici, arredo urbano, disciplina sugli animali domestici…): e poi si meravigliano e si lamentano perché sei un disamorato della libertà e non vai a votare. Se riflettessero un po’ (ma in realtà lo sanno benissimo), capirebbero che la gente va sempre meno alle urne in quanto sa bene che le cose che contano veramente passano sempre sopra le loro teste e vengono stabilite in gran segreto e con molta velocità, magari dai “soliti seminoti”.

Un esempio? Il mio. Cittadino incensurato e privo di carichi pendenti, padre (e nonno di famiglia), servo il mio Paese come pubblico funzionario (docente universitario) dal 1967, sono professore emerito, ho sempre pagato regolarmente le tasse. Sono nato nel quartiere di Porta Romana, ai margini di San Frediano. La chiesa monumentale del mio rione, che grazie a Dio ne è ricchissimo (San Felice, il Carmine…), è la bella basilica brunelleschiana di Santo Spirito, nella cara omonima piazza dove giocavo da bambino, custodita dai religiosi dell’Ordine eremitano di Sant’Agostino. Un tempio della fede, un tesoro della cultura e dell’arte, una gioia per gli occhi.

I bravi agostiniani di Santo Spirito già da molti anni avevano chesto al governo italiano informazioni: avevano elaborato un progetto di restauro e destinazione a centro di vita artistica e culturale fiorentina nonché a residenza universitaria, una volta che gli spazi del convento fossero stati liberati dalla caserma. Dal competente ministero, in questi anni (sedici, dal 2007 a oggi), nessuna risposta. Da informazioni assunte mi risulta che nemmeno il Comune e i Consigli di Quartiere si siano mai interessati della cosa.

Fino a qui, normale “storia all’italiana”: incuria, disinformazione, ritardi. Ma qualcuno poi ha indetto un bando di gara per la trasformazione del convento in Rsa, gara a cui ha partecipato una sola azienda. Di tutto questo agostiniani, cittadinanza, ma sembra anche le istituzioni locali nulla sapevano. Sulla trasparenza democratica dell’operazione i commenti sono superflui.
E sorge più di una domanda sul futuro destino e sulla conservazione di questo bene pubblico che si vuole cedere a privati.

Franco Cardini - storico

Botta: memoria sublime che parla ancora

La notizia che il complesso rinascimentale del convento agostiniano di Santo Spirito, nel cuore di Firenze, rischia di perdere l’unitarietà che la storia gli ha consegnato fino ai nostri giorni, mi ha richiamato il privilegio di cui ho potuto godere pochi anni or sono quando, durante una conferenza, ho potuto testimoniare fra quelle mura sull’arte sacra oggi. Ricordo che, a fronte di un insieme urbano apparentemente modesto negli equilibri spaziali, ho ritrovato un territorio di memoria sublime che ancora oggi parla sapientemente del suo grande passato.

La coerenza dell’insieme agostiniano risorge come un portento se letta a confronto delle povertà degli spazi delle città contemporanee. La straordinaria memoria di quell’insieme parla con forza di un’identità del luogo che ritroviamo nei dettagli che ancora oggi connotano la qualità urbana.

Il territorio della memoria è un valore celato ma tuttora presente a confronto della pochezza dei valori che trasmette la società dei consumi. Per la mia generazione, l’indifferenza di fronte all’eco identitaria che ancora la città riesce a trasmettere sarebbe un grave oltraggio non solo nei confronti di Firenze, ma dell’Europa e del mondo.

Mario Botta - architetto

Schmidt: biblioteca o museo, gli esempi ci sono

La chiesa e il convento di Santo Spirito affacciano su una piazza che è un po’ il cuore del quartiere d’Oltrarno: sono luoghi bellissimi, ricchi di arte e di storia. Il problema è che la sera, spesso anche la notte, quella piazza viene invasa dalla movida coi suoi frastuoni. Mi chiedo se il cambio d’uso degli ambienti conventuali oggi prospettato non renderebbe ancora più bizzarra la situazione. In termini generali, noto che con le soppressioni ottocentesche si sono aperti problemi, a volte ancora non risolti. Molti sono gli edifici religiosi che sono stati frazionati. In diversi casi il Fondo Edifici di Culto (Fec) del ministero degli Interni ha potuto renderne l’uso alla Chiesa, per quanto non la proprietà, individuando soluzioni virtuose. In altri casi alienazioni a privati hanno visto prevalere usi incongrui con l’origine dell’edificio.

Nel convento di Santo Spirito temo che i lavori necessari per adattarlo a funzioni lontane dalla destinazione originaria potrebbero stravolgerlo. Sarebbe meglio trovare una via per ricomporne l’unitarietà, seppure con finalità non religiose. Vi sono diversi esempi. Penso a Palermo dove un ex convento del Fec sarà destinata a centro studi per il dialogo tra cristianesimo e islam. O alla Certosa del Galluzzo, dove è ospitata la Fondazione Franceschini. I locali del convento di Santo Spirito potrebbero essere adibiti a biblioteca, e/o a spazi museali. In questo modo darebbero un nuovo importante contributo alla cultura, alla città e alla vita del quartiere.

Eike Schmidt - direttore degli Uffizi

Givone: un cenacolo dei saperi​

Negli anni ’80 e ’90 ho fre-quentato Santo Spirito. Era priore padre Gino Ciolini studioso di sant’Agostino. La comunità era ridotta a un numero esiguo di frati anziani, di cui il padre, anche lui già avanti con gli anni, si prendeva cura con ammirevole dedizione. Ma indomito egli era nel tener viva a Santo Spirito la tradizione culturale che aveva fatto di quel luogo non solo un santuario della spiritualità cristiana ma anche dell’umanesimo fiorentino più saldamente radicato nel cristianesimo.

Ai Convegni di Santo Spirito si potevano incontrare i più bei nomi dell’allora giovane filosofia italiana: Cacciari, Moravia, Vannini e tanti altri. L’idea che ispirava tali convegni era quella della profonda, inscindibile unità di filosofia, religione e arte, cioè di quello che possiamo ben chiamare il patrimonio e la tradizione di Santo Spirito.

Da anni l’attuale priore Giuseppe Pagano si batte perché gli spazi del convento, da oltre un secolo sciaguratamente adibiti a usi del tutto incongrui vengano restituiti a una fruizione culturale appropriata, e trasformati in museo e luogo di ospitalità per studenti. Qui i giovani potranno fare esperienza della grande cultura che fin dal Rinascimento a Santo Spirito è fiorita e di cui Santo Spirito è custode.

Un progetto encomiabile, bellissimo, opportuno. E cosa fa lo Stato? Nel silenzio delle istituzioni cittadine e nel disinteresse della popolazione fa un bando per affittare il convento a privati. E per quanto suoni retorica, c’è una sola domanda che io mi sento di fare: ma che Paese è il nostro?

Sergio Givone - filosofo




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