mercoledì 28 luglio 2021
Renato Nitti denuncia l'azione violenta dei clan sul sistema economico ma anche la presenza "dilagante" di criminalità d'impresa. E la forte pressione sul mondo agricolo con reati d'altri tempi
Renato Nitti

Renato Nitti - Ansa

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"Una provincia depredata". Così il procuratore di Trani, Renato Nitti, definisce la Bat. E lo fa con analisi precise. "È in assoluto la prima tra le 107 province per furti di auto". È tra le prime dieci per le rapine in abitazione e le estorsioni. Mentre è al terzo posto per gli omicidi volontari. Ed è tra i primi posti per riciclaggio, incendi e spaccio di stupefacenti. Per non parlare, sottolinea Nitti, da poco più di un anno alla guida della procura, del "triangolo maledetto in cui portavalori e tir sono inghiottiti dall’azione militare e repentina di autentici commando". Una “specialità” della criminalità locale così come i furti ai bancomat e l’incendio dei veicoli. Tutti fenomeni che, aggiunge, "contribuiscono alla percezione di insicurezza dei cittadini". Con un particolare allarme nelle aree rurali dell’Alta Murgia per reati che evocano tempi lontani. "L’abigeato che viene attuato mediante veri e propri raid aziendali con più mezzi e molte persone, armi e strumenti da scasso; furti e rapine di mezzi agricoli; estorsioni collegate a danneggiamenti e tagli di colture". E che "mirano a creare paura e soggezione".

Un territorio che, spiega il procuratore, "non è dominato da una singola associazione mafiosa". Qui, infatti, "agiscono mafie diverse" in rapporti con quelle baresi e foggiane e anche "con significative colonie di criminalità straniera, in particolare albanese". Sono mafie predatorie, "che non esercitano il dominio sul territorio, ma lo spogliano, aprendolo persino alle scorrerie di clan storici di altre province e regioni". Ad unirle "non sono le strategie a lungo termine, ma semplicemente i singoli affari". Il rischio "è di percepirle come meno pericolose", mentre "esprimono un’aggressività verso il tessuto imprenditoriale e i patrimoni dei cittadini del tutto straordinaria". Un tessuto che "ne è vittima" ma è al tempo stesso "fortemente percorso da spinte interne verso comportamenti illegali". Il procuratore parla di "criminalità di impresa dilagante", un fenomeno che "penalizza le tante imprese oneste, che finiscono per sopportare costi aggiuntivi, pagati alla criminalità o a un sistema che premia la concorrenza sleale" ma è anche "motivo di indebolimento della azione repressiva perché lo rende più esposto e permeabile all’azione delle mafie".

E non è certo un caso che l’indice di criminalità organizzata nell’analisi del Viminale, è di 40.9 a fronte di una media nazionale di 29.1. Il procuratore, infine, non nasconde gli scandali che hanno riguardato una parte della magistratura locale e "indebolito la difficilissima azione della prevalente restante parte della magistratura, il cui impegno risulta così ancora più difficile, in perenne debito di ossigeno, quello della credibilità". E la debolezza delle istituzioni è percepita dalla criminalità, portando a un "preoccupante livello di aggressione", con numerosi "attentati" anche mediante ordigni esplosivi contro le Forze dell’ordine, “che alimentano un diffuso senso di impunità e di sfiducia”.

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