venerdì 17 aprile 2009
Voto il 21 giugno o rinvio al 2010. Berlusconi spiega il no all’accorpamento nel giorno delle Europee: «La Lega era pronta alla crisi di governo. Polemiche fuori luogo, ridurremo al minimo gli sprechi». Il Pd: «Si paga la Bossi-tax».
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«Io ho tre lavori, il primo è far uscire il Pae­se dalla crisi economica, il secondo è la ri­costruzione in Abruzzo e il terzo è far fa­re all’Italia bella figura al G8. In una situazione co­me questa, potevamo avere una crisi di governo?». Silvio Berlusconi, arriva nella tendopoli di Picenze nel comune di Barisciano, e non aspetta le doman­da. Ora vuole solo difendersi dalle critiche sul refe­rendum e sulla Lega. E per farlo rivela un retrosce­na: se fosse passato l’election day la Lega avrebbe fat­to cadere il governo. Parla per chiarire il premier. Per spiegare che la sua è stata una scelta di responsabi­lità, una decisione per il bene del Paese. «Abbiamo rinunciato a un fatto molto positivo come l’andare verso un sistema bipartitico», dice Berlusconi che senza cambiare tono sferra l’affondo che a tutti sem­bra diretto verso il presidente della Camera: «Mi di­spiace che altri interpretino come debolezza una scelta che se non fosse stata presa avrebbe fatto ca­dere il governo». La decisione è presa e ora tornare indietro appare impossibile. Niente election day e presto via libera al 'mini accorpamento' referendum-ballottaggi il 21 giugno. «La decisione è presa, sono convinto che sarà confermata nell’ufficio di presidenza del Pdl che si riunirà tra poche ore», ripete il premier che spe­disce la nuova 'cartolina': «Le polemiche sono fuor di luogo, ma non mi toccano perché bisogna pen­sare al benessere dei cittadini». Le domande si ac­cavallano. Qualcuno azzarda: l’election day avreb­be fatto risparmiare risorse da destinare alla rico­struzione dell’Abruzzo. Berlusconi replica: «Gli spre­chi? Li ridurremo al minimo indispensabile, accor­pando referendum e ballottaggi». Le ore scivolano via. E più tardi il premier, al termine di un sopralluogo nel centro dell’Aquila, 'regala' altre motivazioni al no all’election day: molti hanno avanzato dubbi e perplessità di tipo costituzionale. E, in certe città, «gli elettori avrebbero avuto 7 schede con sistemi di voti diversi. Qualunque persona con la mia rag­guardevole età avrebbe avuto delle difficoltà». A metà pomeriggio si aspetta solo il vertice del co­mitato di presidenza del Pdl fissato in serata a Pa­lazzo Grazioli per la scelta della data. Al termine, tut­to verrà affidato al premier: deciderà lui se mante­nere la scelta del 21 giugno oppure rinviare la con­sultazione referendaria di un anno, farà sapere I­gnazio La Russa, che propende per questa seconda ipotesi. La pensa come lui, sul versante opposto, Massimo D’Alema del Pd, secondo il quale «il rinvio di un anno della celebrazione del referendum può essere utile per riproporre in Parlamento una co­raggiosa e radicale riforma della legge elettorale». Berlusconi, comunque, è deciso: «Bisogna sceglie­re una data che sia il meno peggio. Andremo per questo alla data dei ballottaggi», ripete il premier che sferra il nuovo attacco a chi nelle ultime ore l’ha criticato: «Davanti alla necessità di dover ricostrui­re un’intera provincia queste polemiche sono fuori luogo». Chi è in Abruzzo al seguito del premier leg­ge quelle parole come un atto d’accusa non solo contro l’opposizione, ma anche contro Fini. Ma il premier precisa: «Nessuna polemica con Fini sul re­ferendum. Ho solo risposto all’opposizione che ci ha accusato di disperdere i fondi dello Stato. Le cifre diffuse non sono quelle vere, ma molto meno, per questo abbiamo abbinato referendum e ballottag­gi ». La polemica divampa. L’Idv attacca. E il Pd anche. «La Lega ha ottenuto ancora una volta un cedimen­to da parte di Berlusconi», cedimento – dice Fran­ceschini – che «noi chiameremo 'Bossi-tax', perché è una tassa che dovranno pagare tutti gli italiani».
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