martedì 24 novembre 2020
Sono 34 milioni le persone che vivono nell’Ue, ma sono nate altrove. Bruxelles punta su istruzione e lavoro come vie per l’integrazione nei singoli Stati: il nodo chiave del riconoscimento dei diplom
Come integrare gli immigrati regolari: ecco il piano d'azione dell'Ue
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Mentre l’Ue rimane in stallo sul fronte della riforma del regolamento di Dublino sull’asilo, la Commissione Europea preme anche su un altro aspetto cruciale: l’integrazione e l’inclusione dei migranti regolari. Ieri l’esecutivo Ue ha presentato un piano d’azione in materia, il secondo dopo quello del 2016. Un documento che punta molto più il faro sul ruolo del Paese ospite e soprattutto delle comunità locali, cruciali per attuare programmi di integrazione. E tiene molto più conto anche di quanti sono di seconda generazione ma continuano a incontrare difficoltà e discriminazione.


Complessivamente, secondo la Commissione sono 34 milioni le persone che vivono nell’Ue nate al di fuori di essa, l’8% della popolazione. Anche se, certo, le percentuali cambiano molto a seconda dei Paesi: oltre il 10% in Paesi come Svezia, Estonia, Lussemburgo, Lettonia, Croazia, Austria, Malta e Germania, sotto il 3% Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Bulgaria, Polonia e Slovacchia. In media, inoltre, il 10% dei giovani tra i 15 e i 34 anni ha almeno un genitore nato fuori dall’Ue. «I migranti non sono "loro", siamo noi» ha dichiarato il commissario agli Affari interni, Ylva Johansson. «L’integrazione – ha aggiunto – e l’inclusione sono un investimento» e «uno dei peggiori errori è sottovalutare la forza, le qualità, l’energia che hanno tanti migranti. Ne abbiamo bisogno, siamo una società che invecchia».


Il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas: «Molti temono rischi alla sicurezza associati alla presenza
degli stranieri. Questo progetto serve proprio a eliminare questo tipo di rischi»

La Commissione propone un piano d’azione, che non ha valora vincolante (a differenza dei flussi irregolari e dell’asilo, la migrazione regolare è stretta competenza nazionale), ma vuol servire di orientamento, vari fondi Ue possono essere utilizzati. Quattro i filoni. Il primo è la questione dell’istruzione e della formazione che deve essere inclusiva, dalla prima infanzia all’università, con un focus sull’apprendimento della lingua. Il secondo, per Bruxelles il più importante, riguarda l’incremento delle opportunità lavorative e del riconoscimento delle qualifiche. «Ci sono troppi medici siriani costretti a fare i tassisti o infermiere che devono fare le pulizie perché nell’Ue non sono riconosciuti i loro diplomi» avverte il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas. Si tratta anche di lavorare con le parti sociali per favorire l’accesso dei migranti al mondo del lavoro. Terzo filone, l’accesso alla sanità con una migliore informazioni sui diritti, a cominciare dalle donne, più vulnerabili. Quarto filone, un adeguato accesso ad abitazioni a prezzi accessibili.

La Commissione, ammette Schinas, spera che il piano serva indirettamente anche a favorire il difficile accordo su Dublino. «Molti temono rischi alla sicurezza associati ai migranti – spiega – questo piano serve proprio a eliminare questi rischi: nessun migrante deve più esser visto come vulnerabile e isolato» e dunque facile preda di estremisti di ogni genere.

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