lunedì 4 dicembre 2023
Ogni anno 100mila nuovi casi, la metà con gravi conseguenze invalidanti. Le associazioni internazionali: 9 su 10 si possono prevenire. Un'indagine europea: nei giovani pesanti ripercussioni sul lavoro
Una Tac cerebrale

Una Tac cerebrale - Imagoeconomica

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L’ictus cerebrale, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Lo segnalava, in occasione della Giornata mondiale 2023 dedicata a questa malattia, Alice Italia (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale). Ma è anche una condizione gravemente invalidante, la principale causa di disabilità nel mondo, che costringe a pesanti limitazioni della vita personale e sociale, specialmente nelle persone più giovani.

Lo rivela l’indagine europea, realizzata dalla società di ricerche di mercato britannica Censuswide, condotta su 516 pazienti reduci da un ictus (negli ultimi tre anni) in Italia, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna. In particolare, tra le persone in età lavorativa, l’ictus ha avuto un impatto negativo sulle attività professionali.

Quasi 100mila – segnala Alice onlus – sono gli italiani colpiti da ictus ogni anno, e la metà di loro riporta esiti invalidanti più o meno gravi. In totale, si stima che i sopravvissuti all’ictus, con problemi di disabilità siano oggi circa un milione. Un numero che tende a crescere sia per l’invecchiamento progressivo della popolazione (l’ictus è una patologia più frequente nelle età avanzate), sia perché – fortunatamente – migliorano le terapie disponibili e quindi aumenta la quantità di pazienti che supera l’evento acuto.

Dall’indagine europea diffusa da Ipsen (azienda biofarmaceutica che opera nel settore dell’oncologia, malattie rare e neuroscienze) emerge che il 25% degli intervistati più giovani, tra i 30 e i 44 anni, ha dovuto lasciare il lavoro e il 34% ha dovuto ridurre l’orario a causa dell’ictus. Per quanto riguarda i pazienti italiani coinvolti nell’indagine, il 35% ha dichiarato che un familiare ha dovuto rinunciare o ridurre l’orario di lavoro per fornirgli cure e assistenza, e il 12% ha dovuto rinunciare al lavoro per più di un anno. E circa il 30% ha dichiarato che l’informazione sui possibili danni cognitivi a lungo termine è arrivata nel corso di visite di follow-up.

La corretta informazione è importante anche in chiave di prevenzione. Secondo l’organizzazione mondiale per la lotta all’ictus (World Stroke Organization), ben 9 ictus su 10 potrebbero essere prevenuti grazie a stili di vita adeguati, seguendo una alimentazione corretta, bilanciata e sana come quella prevista dalla dieta mediterranea, astenendosi dal fumo, controllando pressione arteriosa, colesterolo, glicemia e fibrillazione atriale oltre che limitando il consumo di alcol.

Aggiunge il presidente di Alice Italia, Andrea Vianello: «È di fondamentale importanza che tutti i cittadini siano consapevoli che i fattori di rischio, da soli e ancora di più in combinazione tra loro, aumentano il rischio di essere colpiti da ictus cerebrale». Una patologia causata «dalla concomitante azione di più fattori, come ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo, sedentarietà e alcune anomalie cardiache e vascolari».

Accanto alla prevenzione, conta il trattamento precoce: «Delle 100mila persone colpite da ictus ogni anno in Italia – osserva Paola Mazzanti, direttore medico di Ipsen Italia – 45mila riportano disturbi neurologici spesso invalidanti, come la spasticità. I trattamenti riabilitativi, soprattutto se intrapresi precocemente, sono in grado di permettere al paziente il ripristino di molte delle funzionalità compromesse e il recupero di una buona qualità di vita».

Infine la precedente presidente di Alice Italia, Nicoletta Reale, in occasione della Giornata delle persone con disabilità, che cadeva ieri, ha ricordato che occorre «aumentare l’informazione su questa malattia e le sue conseguenze oltre che per sollecitare una più stretta comunicazione tra i medici, gli stessi pazienti e i parenti, sapendo che la tempestività dell’intervento e il giusto trattamento possono migliorare molto la qualità della vita di chi sopravvive all’ictus».

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