mercoledì 16 novembre 2011
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Non dà segni apparenti di cedimento Pier Luigi Bersani. Se si è arrivati all’incarico a Monti, ripete, gran parte del merito è proprio della tenacia con cui ha lavorato il Pd. E allora prova fino all’ultimo, il segretario democratico, a evitare di inghiottire il boccone amaro del tandem Gianni Letta-Giuliano Amato, in nome di una garanzia politica al nuovo esecutivo di tecnici, come chiesto dallo stesso premier incaricato, a tutela del suo lavoro e della durata del governo. Su Letta il veto dei democratici era stato immediato: «Si tratta di una personalità in continuità con il governo Berlusconi», concordano a largo del Nazareno. Ma l’idea di vedere qualche politico seduto a Palazzo Chigi divide il Pd e lo stesso segretario arriva davanti al premier incaricato con una posizione che preoccupa il presidente della Bocconi, come anche il capo dello Stato. Tanto che – appena terminato il colloquio in cui Bersani assicura una «fiducia incondizionata» – Napolitano chiama il leader piddì a riferire al Colle.Bersani non cede. Fa smentire ufficialmente l’indiscrezione che lo vuole rassegnato all’idea del ticket. Né l’ingresso di Amato nel governo conforta un Pd che non si sente affatto rappresentato dall’ex premier. «La candidatura del presidente Amato non è del Pd», spiega la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro. Il governo, insiste il segretario democratico, deve essere «di alta caratura tecnica», come riferito a Monti. Napolitano, però, fa capire al segretario pd che non è più possibile sfilarsi e se Monti chiede garanzie, non può essere proprio Bersani a negarle. Dal canto suo, Bersani ripete che «per noi la garanzia è Monti» e per Monti la garanzia è un Pd intenzionato a lasciarlo lavorare per la salvezza del Paese, senza scadenze.Su questo, il partito si è già scontrato duramente. E proprio i veltroniani hanno dubitato della disponibilità bersaniana a un appoggio incondizionato (se occorre, Letta compreso). Piuttosto resta il sospetto della volontà del segretario di tenersi le mani libere, anche per non scontentare quella fetta di partito che fa da riferimento alla Cgil e che non vedrà di buon occhio molte delle misure che saranno prese. Ancora, il capo dello Stato invita il leader democratico a non riesumare proprio ora le spaccature interne al partito. Non è il momento, fa notare.La situazione si fa sempre più delicata. Passano le ore e si rincorrono le voci. Il partito, però, va ricompattandosi sulla linea del segretario. «Chiediamo discontinuità anche nei nomi. Aver detto che non poniamo pregiudiziali non vuol dire aver affievolito la nostra richiesta di discontinuità», conferma la presidente Rosy Bindi, che in nome della ricerca di un clima disteso con gli avversari prossimamente alleati, prende «le distanze da posizioni di piazza che sono potute suonare come linciaggio» a Berlusconi.«Il Partito democratico ha confermato in questi giorni di essere un pilastro per l’uscita dell’Italia dalla crisi. Il Pd sostiene compiutamente il lavoro del presidente della Repubblica e del senatore Monti, dimostrando che nel momento dell’emergenza il Partito democratico e il suo gruppo dirigente è unito e determinato», conferma il vicesegretario Enrico Letta. Anche il braccio destro di Bersani resta sotto i riflettori. Il suo nome si fa come uno dei possibili politici, al posto di Amato, per rendere meno indigesto l’ingresso dello zio Gianni. Il vertice del Nazareno, però, fa quadrato. E contemporaneamente attende le proposte di Monti, convinto che, al dunque, poco o nulla potrà fare per contrastarle. «Abbiamo fiducia che il presidente incaricato, senatore Monti, saprà individuare alla luce delle consultazioni appena terminate le soluzioni migliore per uscire in modo positivo dalla crisi», insiste Letta. Le pressioni arrivano anche dal Terzo polo, che non vuol vedere fallito l’estremo tentativo per tenere in vita la legislatura, mentre i mercati non danno segnali rassicuranti. Le ore passano e Monti appare determinato. Bersani non si rassegna e a sera lo stesso Beppe Fioroni è certo che il ticket Letta-Amato «non ci sarà». Ma sul tavolo di Monti e su quello di Napolitano l’impegno numero uno dei democratici è «l’appoggio incondizionato».
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