sabato 9 settembre 2023
Il partito nella tormenta dopo l'addio di 31 dem liguri passati ad Azione. La segretaria: «Forse avevano sbagliato indirizzo». La minoranza in trincea: «Che fai ci cacci?»
Schlein gela il dissenso: via chi non vuole cambiare

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I dem fuoriusciti non sono una buona notizia, ma «se qualcuno non si sente a casa in un Pd che si batte per il salario minimo, la scuola, l'ambiente e il lavoro di qualità, allora forse l'indirizzo era sbagliato prima». Elly Schlein va dritta come una spada e non sembra scomporsi più di tanto per il recente approdo ad Azione di 31 esponenti liguri che accusano la segretaria di aver reso il partito troppo «massimalista». Del resto, come spiega lei stessa dal palco della festa del Fatto quotidiano, «se il Pd avesse fatto tutto bene in questi anni, una come me non avrebbe vinto il congresso» e poi, si sa, «il cambiamento incontra sempre resistenze». Poco male, insomma, anche se non per tutti, perché i malumori nella minoranza crescono e, se a viso aperto esponenti riformisti come Piero Fassino o Graziano Delrio ricordano che un abbandono è in ogni caso un buon motivo per interrogarsi, nelle chat c’è chi si chiede se l’intenzione di Schlein non sia quella di cacciare tutti i moderati: «Delle due, l'una – confida un dirigente – o non ha capito che sta succedendo nel partito e nei territori oppure ci vuole buttare fuori». «Ma come si permette? – sbotta un altro – Si è asserragliata con i suoi, sembra Occupy Pd».

Per altro, prima di Schlein, era stato proprio Stefano Bonaccini, pur riconoscendo che chi se ne va sbaglia, a chiedere il «ritorno a una vocazione maggioritaria, perché c’è bisogno di un partito «più grande ed espansivo, che punti a tornare al governo, non di un partito più piccolo e radicale». Un appello caduto nel vuoto, tanto da suscitare l’irritazione di Fassino: «Voglio sperare che le parole di Schlein siano andate al di là dei suoi reali convincimenti. Non posso pensare che di fronte alla fuoriuscita di dirigenti e militanti in sofferenza, l'unica risposta della segretaria del partito sia che avevano sbagliato a scegliere il Pd. Detto peraltro a militanti e dirigenti iscritti al Pd molto prima della adesione di Schlein. Ci si rallegra di chi arriva, non di chi parte». Discorso simile per Delrio, convinto che quando c’è disagio «bisogna rattristarsi non rallegrarsi e farsi delle domande profonde più che pensare che abbia sbagliato partito chi se ne va, e poi tirare un sospiro di sollievo. È giusto che la segretaria segua le sue idee – dice ad Avvenire – ma è necessario che in un partito grande, con tante battaglie in cui tutti ci riconosciamo (la pace, la precarietà o la sanità pubblica) tutti si sentano importanti e che la linea comune sia frutto di un ascolto, non solo di una leadership. Più che la forza della maggioranza devono essere le mediazioni positive lo strumento per evitare abbandoni». Tra i big della mozione Bonaccini c’è però anche chi, come Matteo Orfini, evidenzia la specificità di quanto accaduto in Liguria e concorda sul fatto che abbiano sbagliato innanzi tutto i fuoriusciti, anche perché «il loro punto di vista ha sempre avuto diritto di cittadinanza». E poi «al governo c’è Meloni e se si pensa che il terzo polo possa essere un’alternativa è un errore». Il che, però, «non significa che non dobbiamo capire cosa non funziona nel Pd. Faccio fatica a ragionare di minoranza e maggioranza – prosegue ancora Orfini – io non sono in sofferenza anche se ho sostenuto il candidato perdente. Il Pd penso debba fare un salto di qualità nel lavoro di opposizione».

Ad ogni modo Schlein non pare intenzionata a fare concessioni, né alla minoranza né ai vari “cacicchi” a cui ha giurato tolleranza zero poco dopo la sua elezione. Prova ne sia anche la rigidità ostentata verso chi prospetta la possibilità di un terzo mandato per governatori regionali del partito. Un’ipotesi di cui si è parlato per Vincenzo De Luca (con cui i rapporti non sono mai stati idilliaci), ma anche per lo stesso Bonaccini: «Attualmente non è previsto dalla legge – dice ancora alla platea del Fatto – e non abbiamo notizie che la maggioranza voglia andare in quella direzione. Nel Pd c'è una discussione interna, la affronteremo».

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