sabato 4 marzo 2023
Filtra la versione della Guardia costiera: ci fu uno lungo scaricabarile tra le autorità. Alla fine è prevalso l'utilizzo di una nave della Finanza, ma il tempo per il salvataggio c'era
Cutro, non fu soccorso ma attività di polizia. Dubbi sempre più forti

ANSA

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«Un’attività di polizia marittima», invece di un evento di soccorso Sar, nonostante il mare in burrasca. C’è stato un momento, sabato sera fra le 23.37 e le 23.39 - mezz’ora dopo la segnalazione delle 23.03 d in aereo di Frontex su un barcone in navigazione verso la costa ionica calabrese - in cui l’opzione di uscire in mare con imbarcazioni guardacoste (ormeggiate a a Crotone e Roccella) sarebbe stata fra le opzioni possibili. Ma poi è prevalso l’utilizzo di unità della Guardia di Finanza, in linea con la catalogazione dell’evento come attività di polizia. In quegli stessi momenti, il caicco Summer Love, partito da Smirne con 180-200 migranti a bordo, continuava la navigazione su un mare con onde molto alte fino a naufragare, alle 4.10 di domenica, davanti alla costa di Steccato di Cutro, con 68 vittime finora accertate, 81 sopravvissuti e un numero di dispersi stimato fra 27 e 47.

La relazione. La classificazione dell’evento (definito «Imm. 533/2023») come «attività di polizia marittima» è riportata, nero su bianco, in una relazione di servizio della Guardia costiera, fra gli atti che la procura di Crotone potrebbe acquisire dopo aver aperto un secondo fascicolo sulla macchina dei soccorsi (accanto a quello per naufragio e omicidio colposo, con tre scafisti agli arresti), ma al momento senza ipotesi di reato e senza indagati. Gli atti, i brogliacci, le registrazioni e le relazioni di Gdf, Guardia costiera e altre autorità competenti - che saranno raccolte dai carabinieri su delega del procuratore Giuseppe Capoccia e del sostituto Pasquale Festa - potrebbero fornire un primo quadro d’insieme su attività svolte e procedure seguite nelle cinque ore fra le 23.03 di sabato e le 4.10 di domenica. E non è escluso che, dopo averle esaminate, i pm vogliano ascoltare come persone informate sui fatti i comandanti provinciali dei due corpi e altri soggetti della catena di comando in servizio quella sera.

Le chiamate delle 23. Ripercorriamo ancora una volta la sequenza di fatti di quella sera. Alle 23.03 l’aereo Eagle 1 di Frontex segnala - con una comunicazione a una sfilza di enti su cui torneremo dopo - il barcone, a 38 miglia dalla costa calabrese direzione Isola Capo Rizzuto, senza rivelare una situazione di pericolo. Ma il meteomar dell’Aeronautica segnala un mare in burrasca fino al mattino e le onde sono alte. Alle 23.37 - si legge nella relazione della Guardia costiera - la Guardia di Finanza di Vibo Valentia contatta la Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, chiedendo se sia a conoscenza della segnalazione dell’Eagle 1 e precisando che si tratta di un’attività di Polizia che sta seguendo la Gdf, con la vedetta V5006, uscita da Crotone e che avrebbe atteso l’arrivo del «target».

A quel, Il centro di soccorso (Mrsc) di Reggio Calabria manifesta la disponibilità ad avvisare Roccella e Crotone (»sorgitori», cioè dove sono ancorate, la Cp 321 e Cp 326). Ma al telefono il Reparto operativo aeronavale delle Fiamme gialle precisa che «l’attività viene gestita» da loro. Poco dopo, alle 23.39, Mrsc Reggio Calabria riporta alla centrale (Mrcc) di Roma che sono state allertate le vedette Cp 321 (su Crotone) e Cp 326 (su Roccella), riferendo tuttavia la Gdf ha fatto sapere: di avere classificato l’operazione come «attività di Polizia Marittima». E che, pertanto, in mare c’è la V5006, che avrebbe atteso il barcone «sotto costa’», condizioni meteo marine permettendo.

Il rientro della Gdf.

Il secondo snodo della nottata è alle ore 3.48, quando ancora il Roan Gdf contatta Mrsc di Reggio Calabria per informare che la V5006 e il Pattugliatore Barbarisi (di cui si apprende solo in quel momento la presenza in attività operative in mare) stanno facendo rientro per le condizioni meteo avverse, precisando di non “battere” nulla al radar (cioè di non avere scafi in vista). La Guardia costiera non ha in quel momento unità in quel tratto di mare. Entrambi gli interlocutori che non risultano «elementi di criticità». Poi, alle 4.06, Mrsc Reggio Calabria informa via Whatsapp l’ufficiale di servizio di Mrcc Roma che il Roan Gdf riferisce che le sue unità sono rientrate per il mare forte.

Il naufragio.

Ma solo 4 minuti dopo, alle 4.10, al 112 arriva una chiamata da un numero internazionale: è la richiesta di aiuto dei naufraghi. L’utenza viene localizzata per in località Le Castella. I primi due carabinieri che arrivano a Steccato di Cutro salvano due migranti, ma vedono decine di cadaveri. Poco dopo, parte la macchina dei soccorsi della Guardia Costiera, ma diventa un’attività di ricerca delle vittime.

Troppi enti nella catena?

Torniamo alla prima segnalazione giunta dall’aereo Eagle 1 Frontex. Il messaggio, visionato da Avvenire, come da protocollo viene inviato dall’agenzia europea (che sta a Varsavia) a diversi indirizzi della stessa Frontex, ma anche all’International coordination centre in Italia, che risponde allo Ncc del ministero dell’Interno (una cabina di regiasui flussi migratori ) all’ Imrcc della Guardia costiera a Roma. Una catena di competenze che, secondo l’ammiraglio Vittorio Alessandro, già portavoce della della Guardia costiera, rallenta l’attività di salvataggio: «Prima prevaleva il principio di precauzione. Ora c’è un ruolo più penetrante del Viminale» con la prevalenza dei controlli anti immigrazione.

L’ultima preghiera corale.

Mentre le indagini proseguono, ieri c’è stato un ultimo momento di raccoglimento davanti alle 68 salme per i sopravvissuti e i parenti. C’erano anche alcuni bambini che nel naufragio hanno perso i genitori. Presto, appena espletate le formalità, diverse salme verranno trasportate nei Paesi dove risiedono i familiari. Ma nel mare davanti aSteccato proseguono le ricerche dei sommozzatori per trovare i corpi ancora dispersi, forse oltre una quarantina.


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