mercoledì 1 febbraio 2023
Iniziativa della diocesi di Camerino-San Severino-Fabriano-Matelica. Settanta opere messe in salvo dal sisma esposte a San Severino Marche.
La sala San Ginesio-Cessapalombo del Museo Marec

La sala San Ginesio-Cessapalombo del Museo Marec - Collaboratori

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Il nuovo terremoto del 9 novembre scorso ha esteso la mappa delle gravissime criticità legate alla chiusura di decine di chiese, molte parzialmente inagibili, in provincia di Ancona e Pesaro, elenchi che si aggiungono alle centinaia di edifici religiosi nelle province di Macerata e Fermo. Ogni tanto qualcuna ne viene recuperata, ma sono gocce in un oceano di bisogni.

Così, mentre nel popoloso quartiere multicolore del Piano San Lazzaro ad Ancona viene chiusa per la terza volta in mezzo secolo la grande chiesa dei Salesiani (terremoto del 1972, poi la grande nevicata del 2013 e adesso di nuovo il terremoto), la grande diocesi di Camerino-San Severino-Fabriano-Matelica nell’impossibilità di prevedere in tempi brevi una riapertura di tutte le chiese danneggiate, non è rimasta con le mani in mano. È nato, così, a San Severino Marche il Museo dell’Arte Recuperata (MARec), il nuovo museo diocesano, che raccoglie nel palazzo vescovile in un’unica esposizione le opere salvate dalle 350 chiese danneggiata dal sisma del 2016.

Un allestimento nuovo, ma provvisorio: «Oggi – spiega l’arcivescovo, Francesco Massara – abbiamo recuperato 50 chiese e speriamo di non dover aspettare troppo tempo affinché le opere riescano a essere riaccolte nelle chiese di provenienza».
Una custodia, quindi necessaria, ma temporanea, per riconsegnare alla comunità un patrimonio straordinario, riorganizzato dalla responsabile diocesana, Barbara Mastracola: «Ci sono gioielli come la Madonna del Monte di Lorenzo d’Alessandro o la statua lignea della Madonna di Macereto. Sono in tutto settanta opere esposte in un piano suddiviso in tredici sale, mentre il secondo piano accoglie il deposito attrezzato di altre 2.500 opere. Accanto, il laboratorio di restauro. Al terzo piano ci sono le aule didattiche che possono essere utilizzate per convegni o mostre temporanee. In una sala multimediale, a inizio percorso, un documentario racconta il senso dei luoghi di questo territorio e la pesante esperienza che sta attraversando».

«Fino a oggi – racconta Mastracola – dall’apertura, nel giugno scorso, il museo è stato visitato da circa ottomila persone. Nell’estate scorsa il laboratorio di restauro ha ospitato la scuola di alta formazione dell’Istituto centrale per il Restauro».
Tutto questo si è reso possibile con l’intervento del ministero dei Beni culturali e, attraverso la Regione, grazie ai fondi comunitari. All’orizzonte c’e anche la creazione di un polo museale, sede di laboratori di restauro per tavole, affreschi e sculture danneggiati dal sisma.

«La diocesi – incalza Massara – ha dovuto ricominciare daccapo, dopo i lavori seguiti al terremoto del 1997. Chiese appena restaurate sono state nuovamente annientate. Quindi, se il restauro architettonico c’era già stato, abbiamo dovuto nuovamente adeguare gli impianti, creare ambienti espositivi adatti al deposito delle opere d’arte, allo studio e alla didattica e anche per nuovi ambienti multimediali, non solo per arricchire l’offerta museale, ma anche per creare un legame tra cittadini e opere d’arte, che non sia solo contemplativo, estetico, ma anche sentimentale, pienamente vissuto, in modo che il museo diventi realmente comunitario, un luogo d’incontro, quella piazza che molti paesi non hanno più, ma di cui avvertono profondamente la necessità: una moderna agorà dove percepire, in uno spazio condiviso, ma in modo autonomo, la vibrazione dei colori, l’ampiezza delle pennellate, il contorno di una figura, la forma e il peso delle opere».

«L’obiettivo, adesso – conclude Massara – è un piano di rete di sei musei: San Severino, Camerino, Torre del Parco, Visso, Fabriano, Matelica».

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