giovedì 20 marzo 2014
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«La compravendita del sesso è una forma di schiavitù incompatibile con la dignità umana, svilisce l’essere umano fino al livello di merce». Lo specifica a chiare lettere il Parlamento europeo. Lo sosteneva molto prima don Oreste Benzi, profetico anche in questo, lucido nel ripetere che «nessuna donna nasce prostituta, c’è sempre qualcuno che la fa diventare». Da sempre don Benzi ha chiesto che si sanzionasse il cliente, l’unico in grado di alimentare il mercato: senza la domanda, l’offerta necessariamente crolla. Già negli anni ’90 ha dato inizio all’esperienza della "condivisione di strada", gruppi di contatto che avvicinano le prostitute, instaurano un rapporto di fiducia, indicano una via d’uscita, le accolgono e proteggono nelle strutture comunitarie e nelle centinaia di case famiglia in tutto il mondo.Ancora oggi, a 7 anni dalla scomparsa di don Oreste, i suoi volontari sono attivi tutte le notti in 30 province e 14 regioni con le unità di strada, grazie alle quali hanno liberato e reinserito nella società oltre 7.000 ragazze. Non è un’operazione facile, si tratta di far fronte alla malavita organizzata, nascondendo le ragazze, garantendo loro protezione, assistenza legale e psicologica, un aiuto nel disbrigo di pratiche burocratiche, l’insegnamento dell’italiano, il reinserimento nel lavoro e nella vita sociale. Tutte portano nel cuore l’approccio con cui il sacerdote riminese e i suoi operatori le hanno accostate la prima volta, vicino ai falò, con il Rosario in mano: a differenza dei clienti, don Benzi non chiedeva «quanto costi?», ma «quanto soffri?», e lasciava loro un numero di cellulare. In settemila hanno chiamato.Dopo aver analizzato i risultati ottenuti in Svezia con dieci anni di "metodo Benzi", anche la Norvegia nel 2009 ha deciso di criminalizzare la domanda e non l’offerta: «O queste ragazze sono vittime della tratta, o comunque fanno questo mestiere perché non hanno un’altra buona scelta di vita», spiega il ministro della Giustizia norvegese Jan Austad rispondendo agli operatori della Papa Giovanni in un video del 2012, «spinte da disagio familiare o ignoranza... In ogni caso non è mai una scelta libera». La legge punisce i clienti con una multa e il carcere fino a 6 mesi la prima volta, con pene più severe in caso di recidiva, ma intanto prevede provvedimenti di aiuto a chi lascia la prostituzione, garantendo – come fa la Papa Giovanni XXIII da decenni – assistenza sociale e sanitaria, istruzione, lavoro. Nessun risultato hanno invece ottenuto tutti i Paesi che hanno cercato di abbattere il racket legalizzando la prostituzione.La prima rivoluzione don Benzi l’ha operata iniziando a chiamare la "tratta" con il suo nome, comprendendo cioè che dietro un crimine che agli occhi di molti appare ancora giustificabile, poco grave, persino una scelta volontaria, prospera invece il nuovo mercato degli schiavi, sulle strade, ma ancora più nel chiuso delle case, dei locali privé, dei night, degli squallidi alberghi, di fasulli negozi di "benessere" e massaggi. Luoghi in cui si consuma l’agonia di almeno 300mila ragazze, quasi la metà minorenni. Di queste, 120mila sono schiave. Duecento di loro ogni anno perdono la vita, ma di loro ci si scorda presto.
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