sabato 22 agosto 2009
Mentre proseguono le ricerche dei cadaveri dei clandestini morti in mare il governo accusa Malta: non li hanno aiutati. La Valletta: rifiutarono i soccorsi. Intanto la procura di Agrigento indaga per capire cosa sia in realtà capitato al barcone e se davvero ci fossero a bordo 78 persone.
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Il Mediterraneo restitui­sce le prime prove del naufragio denunciato dai 5 superstiti arrivati giovedì a Lampedusa dopo una venti­na di giorni trascorsi alla de­riva. Fino al tardo pomerig­gio di ieri erano 8 i cadaveri, su 73 dispersi, avvistati in mare dagli aerei della mis­sione Frontex a Malta. Il loro recupero, hanno spiegato i maltesi, non è stato però pos­sibile perché si troverebbero in acque di competenza libi­ca. Per capire cosa sia davvero avvenuto su quel gommone, chi lo guidava e soprattutto se sul natante vi fossero ve­ramente 78 eritrei (tra cui 17 donne) come confermano quattro dei cinque superstiti (il quinto non è stato ancora ascoltato per motivi di salu­te) la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta. Al mo­mento l’ipotesi è di favoreg­giamento dell’immigrazione clandestina contro ignoti, ma sicuramente l’inchiesta do­vrà tener conto del ruolo di Malta. Stando alle testimo­nianze dei superstiti e ad al­tre evidenze i maltesi sape- vano del gommone. «È stata una motovedetta a fornirci il carburante e a intimarci di proseguire per Lampedusa. Ci hanno dato anche cinque salvagente. L’equipaggio in­dossava pantaloncini corti e una maglietta scura. Uno di loro ha acceso il motore per­ché non avevamo la forza per farlo e ci ha indicato la rotta. Poi si sono allontanati senza aiutarci», è il drammatico racconto. Parole che non coincidono con la versione fornita da La Valletta in base alla quale furono i migranti a non accettare soccorsi. Un punto cruciale per la rico­struzione della tragedia e su cui tra Italia e Malta rischia di tornare a salire la tensione. L’intervento della motove­detta, comunque, sarebbe avvenuto due giorni prima del salvataggio. Perché non prima? Il portavoce delle for­ze armate maltesi, Ivan Con­siglio, si è limitato a riferire che l’imbarcazione con i cin­que eritrei è stata affiancata mercoledì sera da un pattu­gliatore maltese: «Hanno ri­fiutato di essere presi a bor­do e hanno detto che voleva­no continuare la loro traver­sata verso Nord ovest. Gli è stato dato del cibo, dell’ac­qua e dei salvagente Erano in buono stato di salute». L’e­satto contrario di quanto ac­certato dalle Fiamme Gialle e dai medici italiani. Una conferma inbarazzante per La Velletta al racconto dei cinque superstiti viene an­che dall’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione “Fortress Europe” che, già lo scorso 14 agosto, aveva rice­vuto una mail da Malta in cui si chiedeva notizie della sor­te di un gommone con 80-85 eritrei a bordo che avrebbe dovuto lasciare le coste libi­che intorno al 29 luglio. «Da vari Paesi d’Europa, i fami­liari dei passeggeri chiede­vano notizie sulla loro sorte – si legge sul sito –. Esclude­vamo che dopo 15 giorni l’imbarcazione potesse esse­re ancora alla deriva. Non è possibile passare inosserva­ti nel Canale di Sicilia. Ma ab­biamo sbagliato». «Se il racconto dei cinque e­ritrei verrà confermato, vuol dire che sono stati lesi i dirit­ti umani», ha dichiarato il prefetto di Agrigento, che già ha inviato al ministro dell’In­terno una prima relazione sulla vicenda.
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