venerdì 25 agosto 2023
Nel giorno del ricordo delle vittime del sisma di sette anni fa, la premier ammette i ritardi. il vescovo di Rieti Vito Piccinonna: la comunità è più forte del sisma
Il ricordo delle vittime del terremoto

Il ricordo delle vittime del terremoto - ANSA

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C’è quello che la premier Giorgia Meloni chiama «l’obbligo morale della ricostruzione», che impone perciò un «cambio di passo». I cittadini dell’Appennino centrale «orgogliosi e capaci di rialzarsi», perciò, hanno tutto il diritto di tornare e «continuare a vivere nei luoghi in cui sono nati». Nel giorno del ricordo delle vittime del sisma di sette anni fa, la presidente del Consiglio ammette i ritardi e chiede un cambio di passo. «Il nostro dovere è sostenere questo percorso di rinascita sociale ed economica con risposte concrete e interventi efficaci - dice - Perché ricostruire i territori colpiti dal terremoto non è solo un obbligo morale delle istituzioni, ma può rappresentare anche uno straordinario volano per l'economia nazionale». Purtroppo - continua Meloni - «la ricostruzione è ancora incompiuta. È una ferita che non si è chiusa e fa ancora male». Messaggi anche da altre cariche istituzionali, i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, e i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini.

Molto è stato fatto, ma non basta. E soprattutto non alla velocità che i cittadini si aspettano, dopo quella terribile scossa delle 3.36 del 24 agosto 2016 che fece tremare un pezzo di Centro Italia. Tanti piccoli borghi che però devono ancora sentirsi comunità, per essere più forti del terremoto.

A ricordarlo, il vescovo di Rieti Vito Piccinonna, nel corso della celebrazione in ricordo delle vittime ad Amatrice, esortando «anzitutto ad essere e a fare comunità e a tendere molto a questo. Abbiamo bisogno di essere salvati dalla solitudine e dalla dispersione, dalla tristezza e dallo sconforto che ci portiamo tutti dentro. È solo Gesù, la Speranza fatta carne, a salvarci, a farci ripartire continuamente, talvolta anche rivedendo i nostri modi, le nostre prospettive, le nostre “certezze”». Il Vangelo, aggiunge, «ci ricorda oggi che qualcosa di nuovo accade solo quando riusciamo a fare comunità. È questa la premessa e la forza liberante per tutto. Ecco che così la nostra vita sarà benedetta solo quando», è la sua conclusione, «ci accorgiamo degli altri e, anche in memoria dei nostri cari, con tenerezza, ci disponiamo ad accogliere, a non lasciare ai margini, a fare comunità perché solo un più grande e forte senso di comunità ci potrà aiutare ad accorgerci che, nonostante tutto, il cielo su di noi non è rimasto chiuso: sì, una comunità più forte del terremoto!».

Ad ascoltare il vescovo le autorità locali e molti rappresentanti del governo. A questi ultimi, in particolar modo, è rivolto lo striscione appeso lungo la strada Salaria che porta ad Amatrice: “Meno armi più ricostruzione”. I residenti, insomma, chiedono a gran voce che i lavori per la ricostruzione e le infrastrutture vengano realizzati al più presto, perché il rischio spopolamento è sempre in agguato. Da 2.760 residenti prima del terremoto ad Amatrice, infatti, ad oggi se ne contano ora nemmeno 2mila e gran parte vivono ancora nelle casette di legno. Stessa situazione nei comuni di Accumoli e Arquata del Tronto.

Il cambio di passo dunque è d’obbligo. Il commissario per il sisma 2016 Guido Castelli annuncia in autunno la partenza del grande cantiere del centro storico ad Amatrice. Il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, che ieri mattina ha reso onore ai caduti del borgo reatino con una corona di fiori, conferma la volontà di accelerare anche sul fronte della prevenzione. «Tenere vivo il ricordo del sisma è un dovere morale, ma anche uno stimolo a capire quella lezione: prevenire e ridurre la esposizione alla vulnerabilità del proprio territorio - conclude - È assurdo che l'Italia non abbia ancora un organico Piano nazionale per la mitigazione del rischio sismico. Entro poco tempo porteremo in Consiglio dei ministri un apposito ddl».

Certo la previsione più realistica è quella del sindaco, Guido Cortellesi: «Saranno necessari ancora diversi anni per tornare alla normalità e rivedere Amatrice come una città vera». Anche perché, «al dramma che è ancora sotto gli occhi di tutti si aggiungono le grandi difficoltà di una ricostruzione che ora ha davvero bisogno di prendere definitivamente velocità. Covid, guerra e incentivi fiscali, allontanando le maestranze, non hanno aiutato le procedure di ricostruzione».



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