Memoria e riconciliazione, gli orrori del Novecento e l’allargamento del progetto europeo. C’è tutto questo nella cerimonia del ricordo che si celebra al Quirinale in memoria delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano dalmata. Rievocare le foibe «non per dimenticare, né per rivendicare. Ma per trarre dagli errori e dalle sofferenze del passato l'ulteriore spinta per un cammino comune. Perché le diversità non dividono, ma diventano ricchezze se si collabora e si pensa, insieme, nell'ottica di futuro comune». Sergio Mattarella prende la parola dopo aver ascoltato le testimonianze degli esuli. Ad ascoltarlo in prima fila la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il presidente della Corte costituzionale Giovanni Amoroso, il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè. La memoria delle vittime «deve essere preservata e onorata», dice il Capo dello Stato. Ma «dopo tanti decenni e in condizioni storiche e politiche profondamente mutate perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori».
Il cammino dell'integrazione europea, come aveva già sostenuto il ministro degli Esteri Tajani, «va proseguito con coraggio, ostinazione e saggezza- auspica Mattarella - impegnandosi anche per favorire l'ingresso di nuovi membri - Paesi dei Balcani Occidentali che ne sono ancora esclusi, Ucraina, Moldova».
Fra le testimonianze, particolarmente toccante quella di Egea Haffner, “La bambina con la valigia”, protagonista di una immagine del tempo diventata iconica, e poi titolo di un libro da cui è stato tratto il film trasmesso su Raiuno per l’occasione. Testimonianze «esemplari», le definisce Mattarella - la sua, come quella di Giulio Marongiu – da cui «si coglie un forte ammonimento per la pacificazione e la riconciliazione». Un processo che va proseguito attraverso l’«allargamento della famiglia europea che ha conseguito risultati giudicati fino a qualche decennio fa impensabili».
Non trascura le responsabilità pregresse nelle zone del confine orientale, dell'«oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave», della «barbara occupazione nazista», dopo le quali «si instaurò la dittatura comunista di Tito, inaugurando una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone»
Una vicenda su cui è intervenuta anche Giorgia Meloni, con un messaggio: «Oggi onoriamo la memoria dei martiri delle foibe e torniamo ad abbracciare tutti i nostri connazionali che decisero di abbandonare tutto pur di non rinunciare alla propria identità. Italiani due volte, per nascita e per scelta», scrive la presidente del Consiglio.
«La guerra porta sempre con sé conseguenze terribili: lutto, dolore, devastazione», dice ancora Mattarella. «Ogni popolo, ogni nazione, porta con sé un carico di sofferenze e di ingiustizie subite. Apprezziamo gli sforzi, fatti dagli storici dell'una e dell'altra parte, per avvicinarsi a una memoria condivisa. Dobbiamo ascoltare le storie degli altri, mettere in comune le sofferenze, e lavorare insieme per guarire le ferite del passato. Se ci si pone dalla parte delle vittime, dei defraudati, dei perseguitati, la prospettiva cambia, i rancori lasciano il posto alla condivisione, e si rende valore al percorso di reciproca comprensione».
Mattarella ricorda poi – lo aveva fatto già Tajani, ma anche gli esuli – il celebre evento che nel 2020, che lo vide insieme al presidente Pahor, mano nella mano, «insieme, prima alla Foiba di Bazovizza, simbolo del calvario di tanti italiani, e poi al monumento dei giovani sloveni fucilati dal fascismo». Un percorso di riconciliazione, di abbattimento dei confini che trova ora una nuova immagine simbolica: «Nova Gorica e Gorizia sono un segno di speranza in un continente ferito dal ritorno tragico della guerra e sfidato da impetuosi mutamenti».
Con l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea, ricorda il Capo dello Stato «venti anni or sono, i nostri Paesi si sono ricongiunti in un percorso condiviso: e la Repubblica italiana è stata lieta di poter sostenere e accompagnare il processo di adesione, affinché i due popoli si ritrovassero a contribuire a un destino comune Nulla può far tornare indietro la storia che Slovenia e Italia hanno costruito e costruiscono insieme», dice con riferimento, piuttosto esplicito, all'atto vandalico alla foiba di Basovizza.
«In questa giornata – tornando al messaggio di Giorgia Meloni -, riportiamo al cuore ogni singola storia di quella tragedia e rinnoviamo una promessa solenne. Continueremo a scrivere nuove pagine e a raccontare alle giovani generazioni ciò che è successo ai fiumani, agli istriani e ai dalmati. Perché la loro storia non è una storia che appartiene ad una porzione di confine o a quel che resta delle comunità degli esuli, ma è patrimonio di tutta la Nazione. È una storia che ha sconfitto la congiura del silenzio e che nessun tentativo negazionista o giustificazionista potrà mai più nascondere o cancellare», conclude.
Responsabilità di oblio o mancata accoglienza (è stato ricordato il celebre attacco alla stazione di Bologna al treno degli esuli) ai quali ha fatto riferimento anche Mattarella: «Spesso l'accoglienza in Italia degli esuli non fu quella che sarebbe stato doveroso assicurare. Stenti, sistemazioni precarie, povertà, ma soprattutto diffusa indifferenza, diffidenza. Financo ostilità da parte di forze e partiti che si richiamavano, in Italia, alla stessa ideologia comunista di Tito», rimarca.
«Le vittime stimate del dramma delle foibe sono oltre 4 mila i profughi esuli sono stati oltre 350 mila. Sono numeri di una pulizia etnica perpetrata in nome di due aberrazioni tipiche del ventesimo secolo, il nazionalismo esasperato e comunismo», ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Auspichiamo l'adesione all'Ue e all'alleanza atlantica di quei paesi dei Balcani che ancora non ne fanno parte».