lunedì 30 luglio 2012
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​Nella ricostruzione dell’Emilia terremotata il violino è una priorità? Nessuna persona di buon senso lo sottoscriverebbe. Eppure Wendy, una ragazza della Bassa modenese di 13 anni, alla domanda su quale fosse il suo desiderio più grande, non ha avuto dubbi a rispondere: imparare a suonare lo strumento. Ed è scoppiata la rivoluzione dei gemellaggi a chilometro zero. Nella tendopoli di San Felice sul Panaro si aggirano i volontari della porta accanto, giovani che abitano nelle vicinanze delle zone colpite dal terremoto e che hanno deciso di spendere tempo e capacità perché alle macerie delle case, delle chiese, dei municipi, delle imprese non si aggiungano anche quelle della rassegnazione. Tutto parte dall’amicizia tra Cristina Rossi e Valentina Bedin, due insegnanti di Comunione e liberazione. Racconta Cristina: «La mia amica è di Mirandola, dopo il terremoto perde la casa. Ci ritroviamo più vicine ma con un mare di problemi. Poi, seguendo la provocazione lanciata dal nostro grande amico Julián Carrón, la scoperta che ciò che dà senso alla vita è più grande di quello che è venuto giù». Cristina e Valentina si ricordano di avere alcuni dei loro alunni in tendopoli. E li vanno a trovare. «La reazione – prosegue Cristina – è stata di stupore assoluto. Non credevano che in una situazione di dispersione fosse possibile il miracolo di nuovi rapporti. Si é creato un bel giro quasi contagioso. Perché prima conosci i bambini e gli adolescenti, poi entri nelle famiglie: sono loro stessi che ci hanno fatto conoscere mamma e papà». Loro, i ragazzi, confermano tutto. Yasmin, 17 anni, frequenta l’istituto d’arte: «Dopo il terremoto mi sono sentita sola. Poi è arrivato questo gruppo ed è rinata la speranza. La “prof” ci ha portato in gita e per me è stato come incontrare degli angeli custodi». George, 20 anni, lavora in un autogrill: «Vivere in queste condizioni è molto stressante. Poi ho conosciuto tanti ragazzi e la tendopoli fa un po’ meno paura». Maruane, studente, annuisce. «Ho perso la casa, mi sembrava di avere scritto la parola fine sulla mia vita. Poi sono andato in montagna con questi ragazzi. E oggi ho ricominciato a vivere».Un giorno, per sfuggire al grande caldo della tendopoli le due “prof” portano il gruppo in gelateria. All’improvviso l’intuizione che la domanda di bellezza è più forte della desolazione. Ecco allora il metodo dei gemellaggi, nel solco dell’appello lanciato da Benedetto XVI, che l’insegnante sintetizza così: «Favorire l’incontro tra i ragazzi ’terremotati’ e quelli delle zone vicine, partendo dalle loro passioni. Uno sprone a non smettere mai di desiderare. Ci siamo dette: se Wendy desidera suonare il violino e tutti intorno si prodigano perché lei possa andare in fondo a questo desiderio, se mai un giorno la Bassa ripartirà, ripartirà da gente così. E così, mettendo a frutto i talenti dei giovani, sono nati laboratori di danza, di musica e altre attività». Valentina, l’altra insegnante, racconta «Tra le macerie tutto sembrava impossibile: la grigliata per il compleanno, la cena di fine anno, un film da vedere insieme. C’era la tentazione di rimandare tutto a non si sa bene quando. Una rassegnazione spezzata dalla decisione di alcuni di spendere le proprie capacità per questi ragazzi. Una decisione che ai ragazzi ha cambiato la vita». Ed ecco le voci dei protagonisti del gemellaggio, quelli che sono scesi in Bassa. Marta, liceo classico: «Non siamo eroi, ma persone che vogliono condividere. Faccio questa esperienza perché voglio che anche dentro questa circostanza sia possibile ritrovare uno sguardo stupito sulla mia vita». Dice Giorgio,17 anni, liceo classico: «Abbiamo conosciuto tanta gente triste e arrabbiata. Ma non dimenticherò mai la faccia di un ragazzo arrabbiato come gli altri: quando gli abbiamo detto che eravamo lì per lui. All’improvviso si è illuminato». Cecilia, frequenta la terza media, si stupisce di come una visita di pochi minuti ad una ragazza della tendopoli sia ricambiata da un messaggio pieno di “Grazie di cuore!”. E sui laboratori dice: «Lì puoi riconoscere più che in altri luoghi la presenza di quello che tiene in piedi l’esistenza anche quando sono caduti i muri». L’ultima parola spetta di diritto a Wendy, quella del violino. «In sette secondi siamo scesi all’Inferno poi abbiamo incontrato questi amici, loro ci hanno abbracciato e allora siamo saliti in Paradiso».
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