mercoledì 14 febbraio 2024
Anteprima del documentario su Vito Fiorino che salvò 47 eritrei dal naufragio del 3 ottobre 2013 in cui morirono 368 persone. Con molti, ora in Nord Europa, ha mantenuto rapporti. E lo chiamano padre
Vito Fiorino assieme a Solomon

Vito Fiorino assieme a Solomon - ©Alessandro Rocca

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A Nord di Lampedusa è lì dove molti degli eritrei sopravvissuti al tragico naufragio del 3 ottobre 2013 hanno ricostruito la loro vita. Svezia, Norvegia, Olanda, Germania sono i paesi in cui hanno trovato percorsi di integrazione, lavoro, casa. Dove si sono sposati e hanno avuto figli. E "A Nord di Lampedusa" è il titolo di un film-documentario che racconta la storia - bella, emozionante, profondamente umana - di Vito Fiorino e dei migranti che ha salvato. Un barese emigrato a Milano che da più di vent'anni vive a Lampedusa, isola avamposto d'Italia (e d'Europa) a sud, più giù di Tunisi, dove ha gestito una falegnameria e una gelateria. Quel tragico giorno, per pura coincidenza, Vito ha scelto di restare a dormire sulla sua barca con gli amici. Voci dal mare li svegliano. Sono i migranti finiti in acqua dopo l'affondamento del loro barcone a mezzo miglio dalla Spiaggia dei Conigli. Vito riesce a tirar su 47 persone, sovraccaricando al limite la sua imbarcazione: 46 uomini e una donna. Dopo il salvataggio i profughi in fuga dalla dittatura di Isaias Afewerki vedranno accolta la loro richiesta di asilo in diversi paesi del Nord Europa. Ma Vito non li dimenticherà mai. E loro non dimenticheranno il loro salvatore, che manterrà i contatti con questi giovani per i quali Vito è un secondo padre, perché ha dato a tutti un'altra vita.

Una storia toccante, scoperta da Davide Demichelis, volto noto di Rai3 come autore e conduttore di Radici, e Alessandro Rocca, regista e filmaker, membro della Ong di soccorso in mare ResQ People saving people. Demichelis e Rocca hanno raccontato questa storia come un road-movie, accompagnando Vito nel suo viaggio in Olanda, Svezia e Norvegia per andare a trovare i suoi "figli" e "nipoti".

"A Nord di Lampedusa" è stato presentato alla Nuova aula dei Gruppi parlamentari, alla presenza degli autori, di Vito Fiorino, dei deputati del Pd Mauro Berruto e Chiara Gribaudo, che hanno reso possibile la proiezione, e di altri interlocutori come Ghirmai Tewelde, membro della diaspora eritrea in Italia, e Giuseppe Giulietti di Articolo 21 che hanno animato un dibattito moderato dalla conduttrice Rai Francesca Fialdini. Il documentario racconta il viaggio di Vito Fiorino, accompagnato da Davide Demichelis, nei paesi del Nord Europa, per incontrare alcuni dei giovani che ha salvato. E a ogni tappa sono abbracci, lacrime, sorrisi e cene eritree. Come con Alex, che vive in Olanda e fa due lavori: le pulizie la mattina presto negli uffici e il parrucchiere in un supermercato, 14 ore al giorno. «No, non mi stanco, sono giovane. Lo faccio per i miei bambini». Di Vito dice che «è mio nonno ed è nel mio cuore, non lo dimenticherò mai, ho un grande rispetto per lui. L'Eritrea mi manca, ma non posso tornare. Mio madre è morta e vorrei tanto vedere dove è sepolta».

Alessandro Rocca (a sx) e Davide De Michelis (a dx) con Fiorino e alle sue spalle Enrico Guidi (riprese e montaggio) assieme a due dei 'figli' di Vito

Alessandro Rocca (a sx) e Davide De Michelis (a dx) con Fiorino e alle sue spalle Enrico Guidi (riprese e montaggio) assieme a due dei "figli" di Vito - ©Alessandro Rocca

Poi Vito raggiunge Solomon, che vive in Svezia dove fa l'autista di autobus. Una sua compagna di studi eritrea, già nel paese scandinavo al suo arrivo, lo riconosce in un servizio televisivo e lo contatta attraverso i social. Ora sono sposati e hanno un figlio. «Qui viviamo bene - dice Solomon - ma io vorrei tornare nel mio amato paese. Quando l'Eritrea sarà ok lo farò, assieme a Vito. La mia famiglia sarebbe felice di conoscerlo» L'ultima tappa è in Norvegia dove vive in un paesino su un fiordo Abram: «Il naufragio è fisso nella mia mente, quando vedo in tivù una barca di migranti - confessa - devo spegnere, è ancora una ferita aperta. In Norvegia ho tutto quello che mi serve, mi salutano, sono stato accolto bene. Sono grato a questo paese e all'Italia, ma resto sempre un migrante. Se potessi tornerei, come molti altri come me. Il regime un giorno cambierà».

Anche Vito si sente un po' migrante: «Ero molto piccolo quando arrivammo a Milano da Bari, ma mi ricordo che noi eravamo i terroni, gli invasori che portavano via il lavoro. Ed eravamo gente della stessa nazione...». Oggi, a 10 anni dal naufragio, Vito ancora fatica a raccontare cosa è successo: «Mi sembra sia stato stamattina, ma è bello farlo con i ragazzi e nelle scuole. Racconto di questi "figli" che hanno deciso di chiamarmi "padre", una cosa che mi riempie il cuore in modo meraviglioso». Poi una nota amara: «Oggi sono in questa aula di Montecitorio, ma in dieci anni è la prima volta che mi invitano a parlare in un luogo istituzionale importante».

«Abbiamo sentito la necessità di raccontare questa storia - spiega Alessandro Rocca - per andare oltre le cronache degli sbarchi, dei naufragi, dei Cpr, che non ci fanno vedere la vita di chi ce l'ha fatta. E che dovrebbe arrivare in Europa con un visto o un corridoio umanitario, non rischiando di morire per avvalersi del diritto di chiedere asilo. Perché il mio passaporto ha un valore di verso da quello di questi migranti? Io posso chiedere un visto d'ingresso a 186 paesi, loro a 20».

«Volevamo fare questo documentario - racconta Demichelis - ma non avevamo un soldo. Abbiamo provato a chiedere alla Fondazione Compagnia di San Paolo che ci ha detto sì. E abbiamo fatto quello che non bisognerebbe mai fare. Perché prima bisogna cercare un potenziale distributore, poi produrre un film. Noi abbiamo fatto il contrario e l'abbiamo girato. Ora vorremmo che il racconto di questa storia e di questa rete di relazioni andasse dappertutto». «Diciamo che questo documentario sarebbe da servizio pubblico», commenta Fialdini. Demichelis informa che il film è all'attenzione di Rai Documentari.



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