lunedì 7 settembre 2015
La battaglia con la burocrazia di una parrocchia a San Benedetto in Aple per poter officiare in un gioiello del IX secolo a 40 km da Forlì espropriato dallo Stato. 200 euro per ogni Messa.
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Volete usare la chiesa anche per celebrare la Messa? Pagate un canone di 200 euro ogni volta. Ma il consiglio pastorale parrocchiale risponde picche e la chiesa da tre mesi è chiusa. È l’incredibile situazione della chiesa parrocchiale di San Benedetto in Alpe, un paese appenninico di 300 abitanti, a 40 chilometri da Forlì. Ma come si è arrivati all’assurda vicenda?La storia, la burocrazia e alcune incomprensioni hanno complicato l’intricata faccenda, che parte dal 1866, quando l’abbazia benedettina di San Benedetto in Alpe (IX secolo), consacrata dal papa Leone IV, riformata intorno al Mille da San Romualdo e uno dei primi luoghi che accolse in esilio Dante fra il 1302 e il 1303, fu incamerata dallo Stato a causa delle soppressioni di congregazioni religiose. Da allora è proprietà dello Stato e amministrata dall’Agenzia per il Demanio dell’Emilia Romagna, che spiega: «Tutto l’immobile è stato riconosciuto di particolare interesse storico artistico nel 1985 e iscritto nei registri inventariali. Solo da quella data sono state richieste indennità di occupazione». Ma la parrocchia rifiutò di pagare il canone. Nel 2010 la chiesa abbaziale fu ristrutturata dalla Soprintendenza e l’Agenzia demaniale nel marzo 2011 chiese alla parrocchia, «nella persona del reggente don Tedaldo Naldi (parroco di Rocca San Casciano e amministratore parrocchiale di varie parrocchie di montagna) il pagamento degli arretrati per il periodo 1985- 2011 (150euro l’anno), pari a 2550 euro, riscossi dal Demanio il 10 marzo 2011».A quel punto il consiglio pastorale parrocchiale decise di non pagare più, «perché la chiesa è del popolo». Il Demanio precisa che «in quell’occasione era stato chiesto alla parrocchia di presentare un’istanza di concessione della chiesa a canone gratuito, in base alla stessa legge, ma la richiesta non è mai giunta». Di qui la decisione della direzione del Demanio di mettere i lucchetti alla storica chiesa, che è anche monumento nazionale per aver ospitato San Romualdo e il padre della lingua italiana. Alcuni giorni fa lo storico locale Massimo Ragazzini si è fatto interprete delle continue e rumorose proteste degli abitanti, scrivendo al direttore del Demanio, e per conoscenza al vescovo di Forlì-Bertinoro, Lino Pizzi, «perché trovino un accordo per restituire ai parrocchiani la libertà di culto (anche se in paese esiste una seconda chiesa, ndr) e ai visitatori il celebre monumento».Anche il Comune di Portico e San Benedetto, col sindaco Luigi Toledo, sta cercando una mediazione per ottenere in convenzione l’immobile in comodato gratuito, come prevede la legge. Per ora il Demanio precisa che «negli ultimi anni il bene è stato dato in concessione temporanea al Comune e Associazioni per eventi culturali o religiosi, applicando un canone minimo per ogni concessione previsto per legge: 194,24 euro per il 2011 e 199,46 euro per 2012». Un spiraglio c’è, sembra infatti che la Direzione nazionale dell’Agenzia per il Demanio di Roma, guidata ora da Roberto Reggi, ex sindaco di Piacenza, sia propensa a risolvere il problema.
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