giovedì 12 novembre 2009
Iniziativa bipartisan di cinque parlamentari italiani a Strasburgo. «È un simbolo della tradizione e dell’identità di tutto il Paese». Ora la dichiarazione, per diventare un pronunciamento ufficiale dell’Assemblea, deve raccogliere entro tre mesi le firme della metà più uno dei 736 deputati europei I promotori sono fiduciosi: «Abbiamo già coinvolto tutti i gruppi e raccolto vaste adesioni».
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A Strasburgo risponde Straburgo: «Il Crocifisso è il simbolo della tradizione e della identità di tutto il Paese, e dunque elemento unificante dell’intera comunità nazionale». Un gruppo di eurodeputati (per regolamento non possono essere più di cinque) ha firmato una bozza di dichiarazione contro la sorprendente sentenza di alcuni giorni fa della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sede nella stessa città alsaziana. L’hanno sottoscritta Sergio Silvestris e Mario Mauro (Pdl), David Maria Sassoli e Gianni Pittella (Pd), e Magdi CristianoAllam (Udc). La dichiarazione, per diventare un pronunciamento ufficiale dell’Assemblea parlamentare, deve raccogliere entro tre mesi le firme della metà più uno dei 736 eurodeputati. Su questo traguardo Sergio Silvestris è fiducioso: «In questa iniziativa abbiamo coinvolto i parlamentari di tutti i gruppi, e quasi tutti hanno aderito. La nostra dichiarazione non mira a fissare il carattere confessionale dello Stato italiano e, quindi, su questa impostazione anche i parlamentari di Paesi che hanno una tradizione laica sono convinto che non avranno difficoltà ad unirsi alla nostra richiesta». Le firme, infatti, stanno già arrivando. Una volta depositata, la richiesta è stata sottoscritta dalla vicepresidente della Commissione commercio internazionale, Cristiana Muscardini (Pdl), Carlo Casini (Udc), Mario Borghezio (Lega), Erminia Mazzoni (Udc), Gianluca Susta (Pd) e Anna Zaborska (Ppe).La dichiarazione sulla libertà di esposizione in luoghi pubblici di simboli religiosi è asciutta, e non intende – si legge – rappresentare «né una imposizione circa la libera scelta religiosa che appartiene a ciascun individuo, né tanto meno un riferimento di carattere cultuale o catechistico». La decisione della Corte di Strasburgo, sottolineano i parlamentari europei, è «in contrasto con l’identità culturale italiana, fortemente influenzata dalle radici cristiane che sono a fondamento della storia e della tradizione dei popoli». Con queste premesse, si chiede «di riconoscere il pieno diritto di tutti gli stati membri ad esporre anche simboli religiosi all’interno dei luoghi pubblici e delle sedi istituzionali, laddove tali simboli siano rappresentativi della tradizione e della identità di tutto il Paese, e dunque elementi unificanti dell’intera comunità nazionale, rispettosi dell’orientameto religioso di ciascun cittadino».Per Mario Mauro, la sentenza è piuttosto frutto di una mentalità. «In ogni caso – spiega –  è astratta e non tiene conto dei contesti e delle realtà dei singoli Paesi. La sentenza afferma la neutralità sotto il profilo religioso per lo Stato, ma uno Stato che eliminasse la dimensione religiosa non sarebbe neutrale ma di parte. Di più: sarebbe uno Stato totalitario. Questo tipo di atteggiamento crea una cittadinanza privi di soggetti chiari, ma con soggetti senza storia e senza radici, perciò è pericolosissimo per la democrazia. Lo dico – conclude – anche come rappresentante della presidenza Osce per le discriminazioni religiose».Si è detto che la dichiarazione è trasversale. Tra i primi firmatari c’è anche per il Pd David Maria Sassoli: «È una dichiarazione molto liberale, – sostiene – nel senso che non impone simboli religiosi ma pone la questione della libertà di esporre questi simboli e quindi afferma quanto le libertà religiose siano importanti in uno spazio europeo. Un punto fondamentale – aggiunge Sassoli – è riconoscere il diritto di tutti gli stati membri di esporre anche simboli religiosi. Vogliamo che si aggiungano non che si tolgano. Nel momento in cui sono tolti si diventa più poveri non più ricchi». Anche Sassoli è fiducioso sul successo dell’iniziativa: «Questa dichiarazione non apre vecchie discussione sulle radici cristiane dell’Europa. Pone il problema della libertà religiosa che nel Parlamento europeo è un valore che deve essere condiviso nel momento in cui c’è anche la necessità di troncare i rigurgiti di violenza che ci sono nei confronti di comunità religiose». Sassoli fa l’esempio di quanto avviene in Belgio contro la comunità ebraica. «Dare diritti  e diritto – aggiunge è fondamento dell’Europa democratica».
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