martedì 22 agosto 2023
Salvini si schiera dalla parte del generale e gli telefona. «Deve essere giudicato per quello che fa in servizio» non per le sue idee, dice. Insorgono le opposizioni
Il caso Vannacci agita il governo

ANSA

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Matteo Salvini irrompe senza remore o filtri nel dibattito sul caso Vannacci. In una diretta postata ieri sui suoi canali social (seguita da una telefonata solidale al diretto interessato) il leader della Lega si è schierato apertamente dalla parte del generale che, ha detto, «deve essere giudicato per quello che fa in servizio» non per le sue idee e se poi «scrive qualcosa che non ha niente a che fare con i segreti di Stato o il suo lavoro, penso che ha tutto il dovere e diritto di farlo». Un’entrata a gamba tesa in un campo minato, perché il tema è delicato e continua a suscitare imbarazzi e divisioni nella maggioranza.

«Il generale Vannacci è stato additato come un pericolo. Io mi comprerò questo libro – ha rilanciato il capo del Carroccio -, perché prima di commentare e giudicare è giusto leggere» e poi «è facile estrapolare qualche frase, lo leggerò tutto. La condanna al rogo come Giordano Bruno non mi sembra ragionevole». Un paragone impegnativo che però Salvini trova calzante, del resto, ha raccontato, anche lui al liceo ha comprato il manuale del guerrigliero di Che Guevara. «Mi rifiuto di pensare che in Italia ci sia un Grande fratello che dice questo lo puoi leggere e questo no», ha incalzato il ministro dei Trasporti, senza contare che Vannacci «ha fatto missioni in Somalia, Iraq Afghanistan, e ha difeso patria, bandiera, i suoi uomini, e fece denunce sull’uranio impoverito che tanto male ha fatto ai militari italiani». Rispetto al colloquio telefonico, invece, non è filtrato molto sui contenuti, ma ambienti vicini al partito del titolare delle Infrastrutture hanno definito la chiacchierata con il generale «molto cordiale».

Una manna dal cielo per le opposizioni, che hanno colto l’occasione al volo scagliandosi contro le parole del vicepremier leghista e chiedendo a Meloni (finora silente) di prendere una posizione: «Chi deve difendere la nostra Repubblica non può esprimere idee in contrasto con la nostra Costituzione – ha fatto notare il pd Matteo Orfini -. È abbastanza semplice, persino per uno come Salvini. Come è semplice capire il da farsi: fuori dall’esercito chi non crede nei valori costituzionali». Sempre tra i dem, è stato poi il capogruppo in commissione Difesa, Stefano Graziano, a chiedersi se il capo dell’esecutivo stia dalla parte dell’alleato o del ministro della Difesa Guido Crosetto (che invece ha criticato e fatto rimuovere Vannacci finendo nel mirino di diversi esponenti di maggioranza). Ma ancor più duro è stato il leader di Avs, Angelo Bonelli, convinto che «la libertà di pensiero è un diritto sacrosanto, ma non può essere confusa con una licenza di diffondere messaggi d’odio». A difendere Crosetto, anche Lorenzo Guerini (Pd), che da ex titolare della Difesa ha definito i provvedimenti presi contro Vannacci «ineccepibili», mentre il vicepresidente della Camera azzurro, Giorgi Mulé, si è detto «convintamente» dalla sua parte certificando la spaccatura interna alla maggioranza.

Fuori dal coro della sinistra, solo l’outsider Marco Rizzo (Partito comunista - Democrazia sovrana popolare), che invece ha puntato il dito su chi ha ignorato il generale dopo i suoi esposti sull’uranio impoverito e ora lo attacca per delle opinioni personali.


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