sabato 23 aprile 2022
Sono 11 i casi segnalati in Italia, di cui 2 hanno positività per Adenovirus o Sars-CoV-2. Eseguito un trapianto
Epatiti sospette nei bambini, il ministero: «Segnalare ogni caso»

Ansa

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Segnalare i casi sospetti e conservare i campioni biologici per consentire gli accertamenti necessari. È quanto raccomanda il ministero della Salute in una nuova circolare, dopo quella del 14 aprile, sui casi di epatite acuta a eziologia sconosciuta in età pediatrica. Al 22 aprile sono giunte in totale 11 segnalazioni da diverse Regioni (Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana e Veneto). Solo due sono confermati e ad uno giudicato "possibile" è stato eseguito un trapianto. Una positività per Adenovirus o per SARS-CoV-2 è stata per ora riportata solo in 2 casi.

Per ora, in mancanza di dati, quelle messe sul tavolo sono solo ipotesi. Su cui, tra l’altro, la comunità scientifica si divide. Perché i nove casi di epatiti sospette sui bambini in Italia, di cui uno ricoverato in rianimazione in condizioni «serie ma stabili» al Bambino Gesù, sono ora anche sotto la lente del ministero della Salute che sta monitorando la situazione per capire eventuali somiglianze con il centinaio di casi riscontrati da inizio anno in Usa e Ue, soprattutto nel Regno Unito. Di certo però sembra quantomeno azzardata l’ipotesi fatta oltre Manica, che le epatiti dalle cause sconosciute che hanno colpito i bambini portando in molti casi (stranamente) alla necessità di un trapianto siano legate ai vaccini anti-Covid, visto che la stragrande maggioranza dei piccoli pazienti non aveva ricevuto alcun tipo di siero. Resta invece in piedi l’ipotesi che la natura sia virale, anche se è ancora presto per capire se ci siano legami con l’infezione da Covid-19.

Nei nostri confini nazionali invece si continua ad analizzare le nove cartelle cliniche dei bimbi con epatite acuta dall’origine non identificata. In particolar modo quella del bimbo di 3 anni originario di Prato, ricoverato al Meyer di Firenze mercoledì pomeriggio le cui condizioni si sono aggravate giovedì costringendo nelle stesso pomeriggio ad un trasferimento d’urgenza nel nosocomio pediatrico del Papa, arrivato con «insufficienza epatica importante in vista di un ipotetico trapianto». Trapianto però per ora scongiurato per il piccolo, fanno sapere dal Bambino Gesù, le cui analisi «fino ad ora sono tutte negative, anche quelle dell’adenovirus» identificato invece nel 70% dei casi dei babypazienti inglesi e scozzesi con epatite acuta pediatrica di origine sconosciuta.

Certo per la situazione c’è «la giusta attenzione ma in questo momento è gestita con serenità», anche perché casi di epatiti simili si riscontrano ogni anno con una frequenza di una ventina in Italia, 4-5 nell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Ma è la concentrazione di casi, soprattutto in alcuni Paesi, ad aver fatto scattare l’allerta dell’Oms.

Il ministero della Salute sta monitorando con «indagini approfondite» la questione delle epatiti sospette, sottolinea il direttore per la prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, che ha inviato una circolare informativa alle Regioni dal 14 aprile elevando il livello di attenzione, in tutta Italia. Alle strutture sanitarie è stato chiesto di segnalare i casi di bambini che presentano epatite acuta, con esclusione di diagnosi da A a E. E ieri in serata è arrivata la segnalazione di altri due bambini ricoverati in osservazione in Lombardia con epatite a eziologia ignota, tuttavia non in pericolo di vita.

Nel frattempo è la comunità scientifica italiana a continuare a fare ipotesi. Per l’infettivologo Massimo Galli infatti la natura è virale, ma «sono da escludere legami con il Covid e con il vaccino». Stessa linea di ragionamento del direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, per cui «possiamo escludere il Covid e i vaccini, credo che sia improbabile un loro coinvolgimento». Quel che è certo, gli fa eco Giuseppe Indolfi, responsabile del reparto di epatologia del Meyer, è che «l’associazione è più forte con l’adenovirus che con il Covid».

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