giovedì 29 maggio 2014
​​Parla l'ex capo dei Casalesi, ora pentito: non ci interessava il partito, chiunque vincesse le elezioni entrava a far parte del nostro sistema.
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​La camorra ammazza, fa affari con gli appalti, si infiltra nelle pubbliche amministrazioni, tiene sotto scacco i sindaci di qualsiasi colore politico e ne determina il successo o la caduta. Fin qui niente di nuovo sotto il sole. Ma se a spiegare nei dettagli gli affari criminali non è più un gregario, ma proprio chi di quel sistema è stato al vertice per un ventennio, allora gli effetti potrebbero essere davvero deflagranti. Le prime dichiarazioni da pentito di Antonio Iovine, fino ad alcune settimane fa capo del clan dei Casalesi, appaiono infatti destinate a scuotere dalle fondamenta non solo gli assetti criminali della cosca, ma l’intero mondo delle collusioni che vede in prima fila funzionari, politici, titolari di imprese. Iovine argomenta in primo luogo sulle ragioni del pentimento: e se da un lato si addossa la piena responsabilità di «delitti gravissimi» prova poi quasi a ridimensionarne la portata, puntando l’indice contro lo Stato e le istituzioni, colpevoli – a suo dire – di aver favorito lo sviluppo della camorra.«So benissimo di quali delitti mi sono macchiato. Sto spiegando un sistema di cui la camorra non è l’unica responsabile», afferma. E poi sottolinea il potere corruttivo del clan: «C’erano soldi per tutti in un sistema che era completamente corrotto», soldi anche per i sindaci». E la capacità di condizionare le pubbliche amministrazioni: «Non aveva alcuna differenza il colore politico del sindaco perché il sistema era ed è operante allo stesso modo». Insomma «chiunque avesse vinto automaticamente sarebbe entrato a far parte di questo sistema da noi gestito».Il Ninno, come è soprannominato l’ex rampollo che con Michele Zagaria prese il controllo del clan dopo la cattura di Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti, assume quindi le vesti dell’accusatore e si lancia in una filippica contro lo Stato.Entra poi nei dettagli degli affari, raccontando tra l’altro di finanziamenti del ministero dell’Agricoltura per il rimboschimento dell’alto Casertano finiti nelle casse dell’organizzazione. E gli sembra di ricordare che all’epoca dei fatti era ministro Alemanno, il quale avrebbe partecipato tra l’altro a una manifestazione elettorale a San Cipriano d’Aversa. Secca la replica dell’ex ministro: «I fatti a cui fa riferimento il pentito risalgono a un periodo antecedente la mia gestione al Ministero dell’Agricolturà, fu una normalissima manifestazione elettorale di An, organizzata nel 2005 dall’allora candidato al Consiglio Provinciale Giacomo Caterino, su cui all’epoca non pendeva nessuna accusa e nessun sospetto». Il pentito denuncia infine il silenzio anche da parte di chi contrasta la camorra e che invece «è stato quantomeno connivente con questo sistema se non complice: sicuramente era del tutto consapevole di come andavano le cose».
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