lunedì 23 luglio 2018
Si ripete la tradizionale marcia promossa da Libera nel ricordo del fotografo sequestrato e ucciso nel 1993. Da 5 anni non può più raggiungere il luogo del rinvenimento del cadavere per una frana
La marcia di Pietra Cappa in nome di Lollò Cartisano
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I Sentieri della memoria, la marcia in Aspromonte per ricordare Lollò Cartisano e le altre vittime innocenti della 'ndrangheta, quest'anno si è fermata a metà. Per una civile e pacata protesta. Proprio quest'anno, il 25mo anniversario del rapimento di Lollò, fotografo di Bovalino, mai più tornato a casa da quel 22 luglio 1993. Il suo corpo venne fatto ritrovare dieci anni dopo, grazie alla lettera di uno dei sequestratori che chiedeva perdono alla famiglia, vicino a Pietra Cappa, uno splendido enorme monolite, il più alto d'Europa, che si innalza dai boschi dell'Aspromonte sopra San Luca. Qui una piccola croce lo ricorda e qui arrivava da 15 anni la marcia.

Non quest'anno. E non era mai successo. "Vogliamo denunciare le pessime condizioni del sentiero - ci spiega Deborah, figlia di Lollò e referente di Libera per la Locride -. La Regione aveva promesso un finanziamento al Parco dell'Aspromonte ma non si è visto nulla. Noi vogliamo portare la gente in Aspromonte perché lo amino, così come lo amava papà.

Questa è "cosa nostra" non è della 'ndrangheta, ce ne vogliamo riappropriare". Ma col sentiero dissestato, parzialmente ricoperto da una frana, col piccolo ponte portato via dalle acque in piena di un torrente, è molto difficile. Così Mimma, moglie di Lollò, da cinque anni non può raggiungere il luogo dove venne ritrovato il corpo del marito. Ma da lei, pur con le lacrime agli occhi, non senti parole di odio. "Prego per i sequestratori di Lollò perché anche per loro c'è il perdono".

Lo ha detto nel corso della Liturgia della parola che ha concluso questa marcia a metà. Una celebrazione presieduta dal vescovo di Locri, don Franco Oliva,vescovo di Locri-Gerace, che ancora una volta ha voluto essere accanto ai familiari delle vittime innocenti, camminando con loro tra le querce e le rocce dell'Aspromonte.

"Questa terra è troppo bagnata di sangue - ha detto il vescovo - ma ha ancora tanta energia per rialzare la testa. Qui c'è ancora una famiglia sana, mentre va emarginata quella fatta di silenzi e omertà". Per questo, ha aggiunto, "siamo qui oggi in tanti per fare memoria che è l'antidoto contro l'ignoranza e l'indifferenza, che fa essere insensibili alla violenza mafiosa ma anche di fronte a chi muore in mare. Costruiamo ponti, apriamo i porti, operiamo per la riconciliazione tra i popoli". E ancora il ricordo delle vittime della 'ndrangheta. "Il sangue dell’innocente non può e non deve essere dimenticato. Quando viene versato sangue innocente viene versato anche il nostro sangue. Quando viene ucciso un innocente: muore una parte di noi".

Poi Oliva invita i presenti a ricordare e pronunciare i nomi di chi ha dato il proprio sangue. Tra gli oltre duecento partecipati alla marcia, moltissimi con una maglietta rossa, si alzano nomi noti e meno noti. E poi anche le testimonianze dei loro familiari. Liliana Carbone, mamma di Massimiliano: "Non abbiamo il diritto ma il dovere di chiedere verità, perché è un dono per la comunità che è ferita da questi fatti".

Matteo Luzza, fratello di Pino: "Non siamo qua a celebrare la memoria dei morti ma la memoria dei vivi, perchè i nostri cari sono vivi. E nessuna minaccia potrà fermare questa nostra testimonianza". Stefania Grasso, figlia di Vincenzo, torna sulla decisione di fermarsi a metà strada: "Da soli possiamo arrivare ma non è giusto, dobbiamo arrivare tutti. Non andare oltre è un segno, così come sono un segno i nostri cari".

Come la storia di Fortunato Correale, ucciso solo per aver denunciato quello che aveva visto, raccontata dalla moglie Maria Teresa rimasta sola a 34 anni con tre bambini. Ma lei è qui, a chiedere verità e giustizia. Come Totò e Anna Fava, genitori di Celestino ucciso a 22 anni. Mano nella mano, quasi 80 anni lui 71 lei, camminano assieme ai tanti ragazzi che partecipano alla marcia, vestiti di nero ma sorridenti, il sorriso di chi ha vinto sulla morte.

È la riflessione che fa anche Salvatore Gullì, da cinque anni commissario di governo a San Luca, senza sindaco dal 2013. "Dobbiamo avere il coraggio di dire "basta!". Non dobbiamo più avere paura, non un solo giorno ma tutto l'anno. Per i diritti, per la giustizia, per il lavoro vero, non quello falso offero dalle mafie". È "l'impegno di ogni giorno" a cui invita don Ennio Stamile, responsabile regionale di Libera, "per fermare questa emorragia di umanità che attraversa il Paese". Un messaggio che unisce questi sentieri dell'Aspromonte al Mediterraneo, che appare all'orizzonte.

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