martedì 23 aprile 2024
L'ex direttore di Avvenire, candidato alle Europee col Pd nel Centro-Italia: tra Pd e cattolici c’è crisi, dialogo necessario per costruire l’alternativa. Nessuno mi ha chiesto di cambiare linea
Marco Tarquinio

Marco Tarquinio - Imagoeconomica

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Marco Tarquinio, superiamo subito eventuali imbarazzi: è la scelta giusta candidarsi alle Europee dopo una lunga carriera giornalistica?

Sento che è una scelta oggi necessaria. E ciò che è necessario viene prima di ciò che, magari, si sentirebbe giusto per sé stessi dopo molti e intensi anni di lavoro. Lungo la mia carriera, e anche negli anni della direzione di Avvenire, ho sempre detto che in alcuni momenti storici, come questo che stiamo vivendo, l’impegno politico è un dovere cui non potersi sentire indifferenti. Tirarmi indietro dopo aver spiegato in mille modi che l’Europa è al bivio, che è in gioco il futuro delle prossime generazioni, mi avrebbe provocato profonda sofferenza.

Perché il Pd?

In tempi non sospetti ho detto che delle diverse proposte arrivate, ne stavo considerando soltanto una. Innanzitutto perché non intendevo aprire alcuna asta. E poi perché, nella sua complessità, questo partito da un lato conserva gli spazi per poter portare avanti idee non “mainstream”, dall’altro, in quanto protagonista di una delle grandi famiglie politiche europee, ha la possibilità di incidere sulle decisioni anche in modo determinante.

Come ha vissuto il dibattito dentro il Pd circa le sue posizioni sulla pace?

Con molta serenità. So che a volte dietro questioni di contenuto ce ne sono altre che con i contenuti hanno meno a che fare. Ma conosco le regole del gioco, le ho descritte e commentate per anni. Sta di fatto che dal giorno in cui si è parlato della mia candidatura io non ho diminuito di un decibel il grido per la pace. E la segretaria Schlein non mi ha chiesto “aggiustamenti”.

Non teme che la sua voce di pace resterà isolata nel partito?

Isolata da chi? Il vero rischio che vedo è l’isolamento della politica, quasi tutta, dal sentire popolare soprattutto su questo tema cruciale. Penso che chi porta avanti un’altra linea sui conflitti in corso, linea che sta accompagnando e non frenando l’orribile saldarsi dei pezzi della «guerra mondiale a pezzi» in un mondo segnato da disuguaglianze anche feroci, dovrà fare i conti con la realtà. Ovvero dovrà chiedersi come costruire pace e disarmo. E a quel punto si scoprirà che quanto anch’io vado dicendo e documentando da tempo, e con più intensità negli ultimi due anni, non è una provocazione, ma un contributo per una risposta politica a un dramma di cui possiamo e dobbiamo cambiare i prossimi atti e, soprattutto, il finale.

Le Europee sono la contesa giusta per questa battaglia ideale?

Sì, per tanti motivi. Perché in Europa, l’Unione nata dal capovolgimento delle pretese nazionalistiche e delle logiche di guerra che avevano insanguinato il cuore del Novecento, c’è stato un incredibile deficit di ascolto delle idee non violente e non belliciste. C’è invece bisogno del protagonismo dell’Europa, potenza “non imperiale”, retta da un faticoso ma prezioso principio e metodo comunitario, per incidere sulla deriva in corso. E poi la legge elettorale per le Europee consente un pieno esercizio democratico: presenterò le mie idee e, in base a esse, i cittadini decideranno se scrivere o meno il mio nome sulla scheda.

Con la sua candidatura si può aprire una fase nuova nel rapporto tra cattolici e Pd?

Oggi c’è una crisi in questo rap-porto, una crisi seria. E credo che sia indispensabile affrontarla lontano e fuori da vecchi schemi e pregiudizi che inducono sovente al non ascolto reciproco. Credo che anche questo sia un compito collettivo, al quale ciascuno deve contribuire per la sua parte. Sono convinto che la comunità politica nata dall’incontro tra il solidarismo cattolico e quello della sinistra di matrice socialista non può fare a meno dell’apporto ideale e concreto dei cristiani. Il cambiamento in corso nel Pd è un’occasione da non perdere. Sia per rinvigorire l’infrastruttura etica e programmatica, sia per sviluppare politiche che servano la vita vera della gente vera. È così che si può chiedere credibilmente ai cittadini il timone del Paese e costruire alleanze efficaci.

Dentro il Pd ci sono posizioni eterogenee sui diritti civili. E negli ultimi giorni si è vista un’Europa che vuole intervenire nei dibattiti politici nazionali. Non è una prospettiva preoccupante?

Bisogna uscire da stereotipi e strumentalizzazioni. Io, per esempio, non ho mai nemmeno lontanamente immaginato la “riclandestinizzazione” dell’aborto, basta leggere quello che ho scritto in prima persona, basta leggere ciò che ha scritto Avvenire durante la mia direzione, per capire che l’approccio in cui credo è la completa attuazione della 194, che mai è stata e mai deve diventare un grimaldello per relativizzare il diritto alla vita. E spesso sui “diritti civili” ho trovato proprio a sinistra tante personalità lucide e coraggiose che insieme a me, a noi, hanno denunciato i rischi di una deriva individualista del Paese e dell’Europa.

Ma nella Ue ci sono forze che, in alcuni momenti, sembrano spingere per una sorta di “legge comunitaria” su questi temi… Dico e dirò apertamente che sarebbe un errore formidabile.

Si è molto discusso della sua posizione in lista: primo, secondo, terzo, quarto…

I motivi che muovono la mia scelta mi hanno reso completamente indifferente a questo dibattito.

Lei ora entrerà in campagna elettorale e sospenderà il suo rapporto con i lettori di Avvenire. Immagino le pesi…

Moltissimo, ma è necessario sia per il giornale che amo, e a cui ho dedicato due terzi della mia vita professionale, sia per me. Il rapporto con i lettori è stato linfa vitale, mi ha nutrito non solo dal punto di vista professionale, aiutandomi a impostare l’informazione spesso controcorrente che abbiamo sviluppato, ma anche sul piano umano e spirituale. Ogni incontro, ogni lettera, ogni critica, ogni incoraggiamento mi ha spinto a dare il meglio di quanto potevo. Saluto e ringrazio chi ha dialogato con me in questi anni, anche nei mesi dopo la fine della mia direzione, promettendo che in campagna elettorale non vedranno una persona diversa da quella che hanno conosciuto. Li invito, se posso, a prendere parte attivamente, da cittadini critici, consapevoli e informati, a questa competizione elettorale per l’Europarlamento che sarà davvero un passaggio decisivo verso il futuro.

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