martedì 23 giugno 2020
Viaggio dentro la "terra di mezzo" che separa Italia e Francia. Parlano operatori e volontari, avvocati per i diritti umani e figure simbolo di un’umanità senza barriere
I profughi a Ventimiglia accolti dalla Caritas.

I profughi a Ventimiglia accolti dalla Caritas. - Caritas Ventimiglia / Ruscello

COMMENTA E CONDIVIDI

"Avvenire", il quotidiano francese "La Croix" e l’olandese "Nederlands Dagblad", uniti da rapporto di cooperazione giornalistica ispirata ai comuni valori cristiani, hanno deciso di tentare un bilancio del percorso dell’Europa nei 5 anni che sono trascorsi dal 2015, l’anno ricordato per la «crisi dei rifugiati». Con reportage, analisi e interviste i tre giornali intendono proporre ai rispettivi lettori un lavoro ispirato da una riflessione condivisa e dalla volontà di mostrare il bene che esiste nella società europea e i passi che restano da compiere nella costruzione di una casa comune aperta ai principi di solidarietà, responsabilità, accoglienza. Gli articoli realizzati dai giornalisti dei tre quotidiani, ideati insieme, vengono pubblicati sulle rispettive testate per offrire all’opinione pubblica di Italia, Francia e Olanda uno sguardo aperto a un orizzonte più vasto di lettura e comprensione dei fenomeni. Questo progetto in particolare prende spunto dall’anniversario di un anno che ha segnato il destino del nostro continente: nel 2015 oltre un milione di rifugiati e migranti raggiunsero le coste europee e durante il viaggio in migliaia persero la vita. La stragrande maggioranza partiva da Paesi dilaniati dai conflitti: la Siria, l’Afghanistan, l’Iraq. Una vicenda che costrinse l’Europa a porre al centro dell’agenda politica la questione dei rifugiati, dell’accoglienza e dei ricollocamenti. Una questione ancora drammaticamente aperta.

Cinque. Ismail alza il braccio con la mano aperta per indicare quante volte è stato respinto in cinque giorni dalla polizia di frontiera francese. In treno o a piedi, non va oltre Mentone Garavan, dove i francesi di sera spesso rinchiudono i migranti bloccati senza documenti nei container.

Ha 22 anni, è sbarcato in Italia quando ne aveva 14. «Vengo da Mogadiscio, là c’è solo guerra. Io voglio lavorare e mandare i soldi a mia madre. Sono rimasto a Roma in comunità fino a 18 anni. Poi sono partito per Stoccarda in Germania. Ho lavorato 4 anni in nero come scaricatore per 2.000 euro al mese. Ma la polizia mi ha rispedito in Italia. Da voi sono regolare, ma non c’è lavoro. In Germania guadagno, ma non esisto. Voglio tornarci dalla Francia».

Lo incontriamo nel cortile della Caritas di Ventimiglia, dove i volontari con le mascherine distribuiscono cibo e abiti a profughi e migranti che dall’11 giugno 2015 provano ininterrottamente a scavalcare il confine ripristinato dalle autorità di Parigi con la sospensione del trattato di Schengen prolungata dalla pandemia fino a ottobre. Vicino a lui una ventina tra somali e sudanesi appena sbarcati dalla Libia, algerini, poi afghani, pachistani e curdi iracheni. Appena il lockdown italiano è finito, un popolo in attesa si è riversato in questa porta d’ingresso verso la Francia e quindi per viaggiare in direzione del Regno Unito o il nord dell’Ue. Chi non ha 200 euro per pagare il passeurche lo metta su un camion in autostrada, tenta con il treno per Nizza o a piedi. Sono riprese perfino le traversate sul pericolosissimo 'Passo della morte' a Grimaldi, a ridosso della frontiera. Si prevede un’estate calda.

«Dagli inizi di giugno – osserva Serena Regazzoni, operatrice della Caritas – stanno arrivando i profughi appena sbarcati, quelli che volevano uscire dall’Italia e quelli provenienti dalla rotta balcanica dove le polizie croata e bosniaca sono particolarmente violente». A giugno in media gli arrivi alla Caritas sono stati una ventina al giorno. E i respingimenti alla frontiera della polizia francese hanno toccato la media di 250 a settimana. «Anche la polizia italiana è tornata a perquisire i treni e a controllare i documenti» nota Maurizio Marmo, fino al primo luglio direttore della Caritas diocesana, che dal 2015 ha affrontato una crisi migratoria senza precedenti in questa 'terra di mezzo'.

LEGGI ANCHE Teresa, Maffeis, la "donna in verde" che sul confine tra Italia e Francia sostiene i migranti

Nel 2017 transitarono dalle strade, dalla ferrovia e dai sentieri secondo stime non ufficiali circa 50mila migranti, 30mila nel 2018 e 20mila nel 2019. Da aprile il campo di transito Roja, che ospita 95 persone, ha 500 posti ed è gestito dalla Croce Rossa, è stato chiuso dal prefetto per due casi di Covid. Chi esce per più di 24 ore perde il posto. Così 250 persone dormono in spiaggia o lungo il fiume Roja. In questi anni in cui il rapporto tra Roma e Parigi ha conosciuto molti bassi e pochi alti, è nata una collaborazione unica in Europa tra Ong e associazioni. La palazzina in via San Francesco è diventata il riferimento di decine di migliaia di migranti magh- rebini, subsahariani, medio orientali e asiatici e Ventimiglia è diventata confine solidale. Marmo ricorda la scintilla da cui è nata la rete associativa. «Il 31 maggio 2016 scoppiò la crisi. In strada dormivano centinaia di persone. Sentito il vescovo e il parroco don Rito Alvarez, aprimmo all’accoglienza di famiglie e minori soli il cortile e i locali sotto la chiesa di Sant’Antonio. Ospitammo fino a 1.200 persone. Vi fu una dimostrazione straordinaria di solidarietà. Arrivarono volontari, aiuti alimentari e assistenza sanitaria, vestiti. Anche dalla Francia portarono aiuti cittadini, associazioni laiche e cattoliche, la comunità islamica. Durò un anno. Nacque così la collaborazione con le associazioni italiane sul campo, come la Diaconia Valdese e Weworld, e quelle francesi».

A giugno gli arrivi alla Caritas sono stati una ventina al giorno. I respinti dalla polizia francese hanno toccato quota 250 a settimana

A giugno gli arrivi alla Caritas sono stati una ventina al giorno. I respinti dalla polizia francese hanno toccato quota 250 a settimana - Caritas Ventimiglia / Ruscello

Da Nizza ne parla Agnes Lerolle, avvocato per i diritti umani, dal 2017 project manager di Cafi, che unisce Amnesty International, La Cimade, Médecins du monde, Médecins sans frontières, Secours Catholique-Caritas France. «Con i dati raccolti in Italia abbiamo avviato monitoraggi alla frontiera e denunciato i respingimenti illegali di minori non accompagnati fatti dalla polizia francese alterando i documenti d’identità anziché tutelarli. O quelli delle famiglie. Abbiamo denunciato gli abusi verso i profughi rinchiusi in container senza cibo né acqua a Mentone per 24 ore e poi riportati alla polizia italiana».

I respingimenti illegali almeno sono diminuiti. Per parlare di solidarietà e confini saliamo a nord di Ventimiglia, dove la val Roja diventa francese. Arrampicata sui monti c’è l’azienda agricola di Cedric Herrou, nizzardo trasferitosi a Breil sur Roya e molto legato a Ventimiglia, incriminato per 'reato di solidarietà ' per aver aiutato i profughi (anche quelli a Sant’Antonio) a entrare in Francia e chiedere asilo. Del contadino difensore dei migranti ha parlato mezzo mondo, sulla sua storia hanno girato il film 'Tra i 4 venti'. Assolto in primo grado, prosegue le sue battaglie giudiziarie per il diritto di asilo. «Non sono un disobbediente. Fedele agli insegnamenti dei miei genitori, ho solo applicato il valore costituzionale della fraternità e le leggi francesi. Non si tratta di essere pro o contro i migranti, ma di rispettare le persone».

I servizi garantiti a chi è arrivato, dal cibo al vestiario

I servizi garantiti a chi è arrivato, dal cibo al vestiario - Caritas Ventimiglia / Ruscello

Cedric ha costituito una comunità di accoglienza che fa parte di Emmaus Francia, cui vende prodotti agricoli. Discendiamo il Roja fino alla foce, tra i migranti accampati. Prima o poi passeranno, nonostante lo schieramento delle due polizie di frontiera. Sono giorni di 'vento largo', che confonde gli animi, e Marmo ricorda le storie semplici e i sogni realizzati di molti migranti passati da qui e integratisi nella Ue anche grazie alla rete italo-francese. Ha un solo, grosso rimpianto. «Nel 2017 passarono tre sudanesi giovanissimi con un bimbo piccolo che stava a malapena in piedi. La mamma alla partenza in Libia, disperata, non era riuscita a salire sul barcone e gliel’aveva gettato in braccio, implorandoli di portarlo al padre, anche lui sudanese. Fece tempo a dire loro che stava in Francia, nulla di più. Non ho mai saputo com’è finita».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI