sabato 25 febbraio 2023
Dai Fori Imperiali al Campidoglio, la fiaccolata di Europe for Peace per l'Ucraina insieme ai giovani di Sant’Egidio, le Acli, Cgil ed Emergency: «Il cessate il fuoco è un dovere»
Il grido di Roma contro armi e guerra. «Non ci rassegniamo all’impotenza»

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A tenere lo striscione di Europe for Peace ci sono i giovani per la Pace di Sant’Egidio. Dietro di loro sventolano decine di bandiere delle Acli, di Emergency, della Cgil, di Legambiente, dell’Arci, dell’Anpi. È il popolo della pace, unito nelle diversità, che ieri è tornato a inondare il centro di Roma, per chiedere lo stop alla guerra in Ucraina, a un anno dall’inizio dell’invasione russa. Tra i presenti anche Sinistra italiana con Nicola Fratoianni. La Rete Italiana Pace e Disarmo, promotrice della fiaccolata, ha dato appuntamento a tutti a largo Corrado Ricci, a pochi passi dal Colosseo. Nella sola giornata di ieri, la Rete della società civile ha promosso altre 46 iniziative in 43 città italiane.

«Penso sia importantissimo essere presente, perché troppe persone stanno soffrendo», dice Giulia, 15 anni, della Comunità di Sant’Egidio, venuta per l’evento da Subiaco, mentre aspetta che il corteo parta verso il Campidoglio. Accanto a lei Paolo Impagliazzo, segretario generale della Comunità: «Le persone che sono qui oggi pomeriggio, sono in gran parte impegnate nell’accoglienza dei profughi. Chiediamo che si promuova il prima possibile un processo negoziale». Poco prima, circa 200 Giovani per la Pace di Sant’Egidio avevano organizzato un flash mob alla stazione Termini per chiedere il cessate il fuoco.

Quando cala la sera sui Fori Imperiali, parte il corteo e si accendono centinaia di fiaccole per dire che «la pace è l’unica vittoria di cui abbiamo bisogno». In testa alla manifestazione il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, e Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio. «Vogliamo tenere il tema pace al centro dell’attenzione – dice Paola Villa, della presidenza nazionale delle Acli, in corteo –. È necessario iniziare adesso a pensare ad una via di uscita».

«Si alla pace, no alla guerra», gridano i giovani mentre il lungo serpentone di bandiere è arrivato a Piazza del Campidoglio. «Dopo un anno di guerra ancora si sente parlare di quante armi bisogna inviare e di che tipo – dice Rossella Miccio, presidente di Emergency, dal palco allestito davanti alla sede del Comune di Roma –. Tutti sappiamo che Putin è l’artefice della guerra, ma l’unica strada possibile per farla cessare è sedersi al tavolo delle trattative. Noi come Emergency facciamo il nostro lavoro per le vittime, ma chiediamo che anche la politica faccia il suo e rispetti la Costituzione».

Dopo di lei, il sindaco Gualtieri, davanti alla piazza piena, sottolinea che «le strade per la pace si stanno complicando, ma il fatto che tutto sembri difficile non rende meno importante l’impegno di tutti».

Quella di ieri è stata la seconda grande manifestazione organizzata da Europe for Peace dopo quella del 5 novembre scorso, con 100mila persone in piazza San Giovanni. «Non siamo utopisti, non siamo anime belle – sottolinea Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio – ma i più realisti e i più sensibili. Crediamo che bisogna investire sulla diplomazia, perché la guerra rende peggiori gli aggressori, ma disumanizza anche gli aggrediti. Di fronte a tutto questo noi vogliamo dire che non ci rassegniamo».

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ricorda l’impegno che i manifestanti avevano preso il 5 novembre. «Ci siamo detti che non ci saremmo fermati fino alla fine. Noi siamo radicalmente contro qualsiasi guerra, perché non esistono guerre giuste. Oggi siamo di fronte al fatto che la violenza in Ucraina continua, ma anche di fronte al rischio che questa guerra diventi mondiale e atomica. E chi vince in una guerra atomica? Nessuno». La strada è complessa, ma l’obiettivo della società civile è chiaro: senza una conferenza di pace si perde tutti.


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