venerdì 19 febbraio 2021
Il senatore, ora nel Centro Democratico, fu uno dei primi espulsi: la piattaforma potrebbe contribuire a formare la linea politica, ma è incostituzionale farla interferire in un procedimento in corso
il senatore Gregorio De Falco (Cd)

il senatore Gregorio De Falco (Cd) - ANSA

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"E' la solita incapacità di tollerare ogni dissenso verso una democrazia partecipativa con tante opacità e di dubbia costituzionalità». Il senatore Gregorio De Falco così commenta la vicenda dei dissidenti del M5s - più di una quarantina fra Camera e Senato - che non hanno votato la fiducia al governo Draghi e ora sono minacciati di espulsione. Ora esponente del Centro democratico all'interno del gruppo Europeisti- Maie-Cd del Senato De Falco fu uno dei primi espulsi eclatanti del M5s, nel dicembre 2018: «Si era ancora ancora in tempo - ricorda - a riprendere l’abitudine al confronto interno che, mi dicono, fosse praticato nella precedente legislatura. È tardi accorgersene ora».

Come andò per lei?

Fui espulso a causa delle mie prese di posizione sul decreto 'Sicurezza 1', che poi si sono rimangiati, e sul decreto Genova, che conteneva il condono per Ischia. Prima ancora che il merito, contestavo il metodo della decisione, mancando ogni possibilità di confronto democratico nel gruppo su 'temi della Lega'. In altri casi il divieto veniva consacrato attraverso il ricorso alla piattaforma Rousseau. In tal modo i gruppi parlamentari sono stati tenuti chiusi a testuggine per 2 anni, hanno votato e ingoiato tutto: decreto sicurezza 1, legittima difesa, decreto Genova-Ischia, 'Quota 100', decreto sicurezza 2 e dopo aver votato circa 20 fiducie al solo Conte bis.

Erano altre, quindi, le occasioni per fer emergere legittimamente il dissenso?

Hanno epurato un intero gruppo, ma forse si contribuisce ora a fare chiarezza. Questi senatori si sono opposti alla fiducia a Draghi, affermando che non è espressione e non è stato eletto in M5S, come se invece Conte non fosse stato anche lui un nome di compromesso, dopo due mesi di trattativa con la Lega, e che si è sempre detto super partes. Ma non avevano mai protestato per l’espulsione dei colleghi ed hanno accettato sempre le 'decisioni' di Rousseau, anche quando ha mandato immune Salvini contraddicendo i principi stessi del Movimento. A capo dei rivoltosi c’è il 'professor' Morra il quale, non avendo l’ardire di denunciare brogli, afferma che il quesito non sarebbe comprensibile, trattando gli attivisti da minus habentes.

Ma ora lei vota questo governo sostenuto anche da Salvini

È un problema suo, non mio. È lui che ha cambiato radicalmente posizione.

Perché il sistema Rousseau per lei era inaccettabile?

È un sistema con cui si interpellano gli iscritti, 130mila sembra, che dovrebbe avere una funzione interna. Invece un centinaio di migliaia di persone, o poco più, determinano le scelte di un Movimento che ha già ricevuto un mandato da circa 10 milioni di elettori. L’accondiscendenza generale verso questo simulacro illusorio di democrazia partecipativa è in aperto contrasto con le norme a presidio delle istituzioni parlamentari, soprattutto con l’articolo 67 della Costituzione.

Ma non è bene consultare gli iscritti?

Al netto dell’opoacità dello strumento, potrebbe costituire un concorso auspicabile nella formazione della linea politica. Ma intervenendo dopo - imponendosi, per di più come «scelta politica» a detta del reggente 'senza fine' Vito Crimi - costituisce un vincolo incostituzionale e deresponsabilizzante del principio della libertà parlamentare.

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