venerdì 28 aprile 2023
Una ragazza indiana che rifiutava il matrimonio forzato imposto dalla famiglia ha rischiato di fare la fine della coetanea pakistana uccisa nel 2021. «Il codice rosso c'è ma non viene applicato»
Grazie alla denuncia sui social e al pronto intervento della scuola, una ragazza indiana è stata salvata

Grazie alla denuncia sui social e al pronto intervento della scuola, una ragazza indiana è stata salvata - Archivio

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I matrimoni forzati? Si progettano anche in Italia. C’era un altro possibile caso Saman in provincia di Modena, ma per fortuna tutto è stato sventato. La denuncia è stata fatta dall’avvocata Barbara Iannuccelli, che fa parte dell’Associazione Penelope, realtà che si occupa di persone scomparse e assiste i loro familiari.

La donna ha raccontato la vicenda di una ragazza indiana che rischiava di fare la fine della coetanea pachistana, uccisa nel 2021 per essersi ribellata alle nozze combinate. Sull’identità della giovane del Modenese e anche su chi si è fatto carico direttamente della sua storia e della sua denuncia in queste settimane, si mantiene il massimo riserbo.

Iannuccelli è anche la legale di Saqib Ayub, il fidanzato di Saman, che la famiglia di lei non accettava e che ora vive nel terrore di una vendetta, dal momento che i familiari, che vivono in Pakistan, hanno già ricevuto minacce in tal senso. Del delitto di Saman è accusato il padre, in concorso con altri quattro familiari: per l’uomo, che si trova in Pakistan, è attesa l’estradizione.

Il 26 aprile scorso la professionista ha denunciato questo nuovo caso, protagonista una diciannovenne indiana residente nel Modenese. «Una ragazza che sogna l'amore vero» la descrive l’avvocata, ma «la famiglia la rinchiude in casa e la obbliga a un matrimonio forzato; percosse quotidiane e la mancanza di alternative. Facciamo in modo che la storia abbia un altro epilogo. Salviamo questa ragazza» è stato l’appello lanciato via social il 20 aprile scorso.

«Ho ricevuto una richiesta da parte della ragazza - spiega -. Era andata a scuola, ma una volta arrivata a casa i familiari le avevano sequestrato il cellulare. È riuscita a comunicare con me grazie ai social, mi ha chiesto di vederci. Padre, madre, zio e nonna l’hanno picchiata, l’hanno tenuta segregata e le hanno preso i documenti perché avrebbe rifiutato un matrimonio forzato. Lei era semplicemente innamorata di un altro ragazzo» ha raccontato Iannuccelli, che ha poi accompagnato la ragazza in commissariato a Bologna.

Ma, a questo punto, sono nati altri problemi, tutti di tipo burocratico: dopo la coraggiosa denuncia, «non c’era nessuna possibilità di collocamento in protezione, se non metterla da sola in un bed and breakfast . Se avessi voluto, avrei potuto dormire io con lei» spiega adesso la legale. La soluzione è arrivata dalla dirigente scolastica dell’istituto frequentato dalla giovane stessa, anch’essa rimasta nell’anonimato per ragioni di sicurezza.

«È stata affidata alla preside» prosegue Iannuccelli, «l’unica persona disposta a ospitarla dopo cinque ore passate in commissariato.È una privata cittadina che si prende cura di lei, mettendo a repentaglio la sua incolumità perché la famiglia la sta cercando». È proprio nell’ambiente scolastico che la giovane avrebbe trovato il coraggio di denunciare.

«Io mi sarei aspettata che lo Stato rispondesse: è un codice rosso, sono reati gravissimi. Invece dopo cinque ore di pianti, cinque ore di paura perché nel frattempo i familiari la vogliono riportare all’inferno, ci si schianta contro la realtà. Gli strumenti ci sono ma non vengono applicati» è lo sfogo adesso di Iannuccelli, che ha annunciato che, a breve, la giovane lascerà la casa della preside per essere finalmente accompagnata in una struttura protetta, più adatta a tutelarne l’incolumità.

«Ho sempre pensato che l’indifferenza sociale fosse davvero un male profondo. Tutto accade intorno a noi ma l’importante è tornare a casa per cena» si sfoga l’avvocata, ringraziando la preside per essere intervenuta, col placet della famiglia, sensibilizzata proprio dal caso Saman.

Ora l’obiettivo è l’applicazione del codice rosso, che prevede la misura cautelare per gli aguzzini, mentre l’induzione forzata al matrimonio contemplerebbe una semplice multa. «Guardatevi intorno, magari anche voi potete aiutare qualcuno» è l’appello finale, rivolto a tutti noi.



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