lunedì 26 giugno 2023
L'obiezione di coscienza è formalmente legale, ma ora il Cremlino dichiara «nemica» l'ong nonviolenta. L'appello internazionale. Intanto in Lituania è sotto processo un obiettore bielorusso in esilio
Elena Popova coordinatrice del Movimento obiettori di coscienza russi

Elena Popova coordinatrice del Movimento obiettori di coscienza russi - Movimento Nonviolento

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Duro attacco del Cremlino contro il Movimento degli obiettori di coscienza che da venerdì scorso, 23 giugno, è stato ufficialmente dichiarato dalle autorità come «agente straniero» nella Federazione Russa. I membri dell'organizzazione nonviolenta rischiano ora processi e pesanti condanne. A lanciare l'allarme è il Movimento nonviolento, che ha raccolto l'appello di Elena Popova, responsabile del Movimento degli obiettori di coscienza russi, che vive a San Pietroburgo.

«Il Ministero della Giustizia ci accusa di aver diffuso informazioni ritenute false - scrive Elena Popova in una lettera al Movimento nonviolento italiano - sulle azioni, le decisioni e le politiche del governo, oltre a opporci alle azioni militari della Russia in Ucraina. Per l’attuale governo della Federazione Russa queste accuse sono sufficienti a giustificare la messa fuori legge della nostra organizzazione. Questo fatto, pur essendo una dimostrazione dell’efficacia del nostro lavoro, è anche fondamentalmente un’applicazione discriminatoria della legge che calpesta i diritti umani e le libertà universalmente accettate». L'obiezione di coscienza formalmente è legale in Russia, e addirittura inserita nella Costituzione dal 1993, anche se di fatto mai applicata.

Grande ora è il timore delle conseguenze della decisione. «Il nostro team ha lavorato incessantemente durante il fine settimana - informa l'organizzazione pacifista russa - per adottare misure per la sicurezza dei membri del nostro Movimento dedicato alla comunità che serviamo. Un numero significativo dei nostri volontari e coordinatori vivono ancora in Russia e ora affrontano un rischio maggiore di pressioni e persecuzioni statali. Nonostante queste crescenti minacce, rimaniamo impegnati a sostenere coloro che resistono alla guerra e alla coscrizione forzata. Il Movimento degli Obiettori di Coscienza continuerà la sua missione. Rimaniamo fermi nei nostri principi e valori, dedicati a educare le persone al loro diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare. Questa situazione sottolinea l’importanza della nostra partnership con la comunità globale».

L'allarme è stato raccolto e rilanciato dalla rete europea e internazionale degli obiettori. Alexia Tsouni (Presidente dell'Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza (Ebco- Beoc) e Semih Sapmaz, Coordinatore del War Resisters’ International (Wri) hanno rivolto un appello al Cremlino, indirizzato a Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa, e Konstantin Chuychenko, Ministro della Giustizia: «Esprimiamo la nostra grave preoccupazione per l’inserimento del Movimento degli Obiettori di Coscienza nell’elenco degli “agenti stranieri” della Federazione Russa, a partire dal 23 giugno 2023. Questa azione è un’applicazione discriminatoria della legge che contraddice i diritti umani e le libertà universalmente accettati. Il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare è insito nel diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione, garantito dall’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr), inderogabile anche in un momento di emergenza pubblica». L'appello denuncia innumerevoli «casi di reclutamento forzato e persino violento negli eserciti di entrambe le parti, così come tutti i casi di persecuzione di obiettori di coscienza, disertori e manifestanti nonviolenti contro la guerra». E chiede di «smettere di perseguitare le organizzazioni per i diritti umani e i difensori dei diritti umani».

Dvarashyn Vitali, l’obiettore di coscienza bielorusso

Dvarashyn Vitali, l’obiettore di coscienza bielorusso - Movimento Nonviolento

Preoccupazione provoca anche il procedimento penale intentato in Lituania, paese estraneo alla guerra, ai danni di un obiettore bielorusso che nel paese baltico aveva cercato rifugio. Dvarashyn Vitali, ex militare bielorusso dal 1990, nel 1998 ha maturato il rifiuto di usare le armi, ha lasciato le forze armate e ha partecipato a diverse azioni di protesta contro il governo di Lukashenko e per il diritto all'obiezione coscienza. Dopo l'invasione russa in Ucraina, temendo di essere coscritto in quanto ex militare, l’8 marzo 2022 è partito come profugo per la Lituania e da allora non è più tornato. Pochi giorni dopo la partenza, agenti di polizia si sono presentati al suo indirizzo ib Beilorussia

Il 26 aprile 2023 però il suo permesso di soggiorno è stato revocato, per aver prestato servizio nell’esercito bielorusso 20 anni fa, e definito persona “indesiderabile” sul territorio lituano, con un divieto di ingresso in tutta l’Unione Europea di 5 anni, a causa del suo precedente servizio militare. Vitali ha presentato ricorso a un tribunale lituano. Rischia una condanna fino a 7 anni in un carcere bielorusso perché ha partecipato a iniziative pacifiste. Il 19 giugno l'Autorità lituana delle migrazioni lituana ha rinchiuso Vitali in un campo profughi a 100 chilometri da Vilnius. Venerdì scorso, 23 giugno, è stato però temporaneamente liberato con un provvedimento del magistrato, in attesa del pronunciamento del Tribunale sul suo ricorso, che sarà emesso il prossimo 28 giugno. Vitali ha potuto essere assistito da un legale lituano di fiducia, grazie alla Campagna di Obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento che copre le spese legali, e offre un supporto di consulenza con l’avvocato Nicola Canestrini.








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