sabato 22 gennaio 2011
Nanotecnologie per rigenerare il tessuto nervoso. Il successo di un’équipe guidata da Angelo Vescovi. Una guaina tubolare, realizzata in laboratorio "guida" la ricostruzione della fibra nervosa e del tessuto midollare. Esperti ottimisti: a breve la sperimentazione sull’uomo.
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Una micro protesi per riparare le lesioni spinali croniche, che si dissolve una volta impiantata. Una guaina tubolare, realizzata in laboratorio, che "guida" la ricostruzione della fibra nervosa e del tessuto midollare. È questa la possibile strada, tutta made in Italy, per vincere la paralisi grazie alla nanotecnologia; una tecnica, presentata ieri a Roma, sperimentata per ora solo sui ratti, che potrebbe dare una chance in futuro a milioni di pazienti mielolesi. Ad essere rivoluzionaria, infatti, è soprattutto la rigenerazione delle cellule all’interno della protesi e il fatto che ciò avvenga in maniera più evidente se, al supporto, si aggiungono anche terapie farmacologiche ad hoc. Il metodo, dopo essere stato testato sugli animali, potrebbe tra qualche anno essere adattato anche all’uomo.Lo studio, iniziato nove anni fa e costato finora quattro milioni di euro, dimostra per la prima volta che inserendo nelle cavità delle lesioni spinali delle nano protesi è possibile ricostruire il tessuto del midollo. In sostanza si tratta di una sorta di binario del diametro di 200 micrometri (circa il doppio di quello di un capello) riempito di materiale biologico composto da proteine e farmaci stimolanti. Questa protesi viene, quindi, trapiantata dove sussistono lesioni spinali che hanno determinato la paralisi, per favorire la rigenerazione di fibre e tessuto. Una volta che le cellule cominciano a moltiplicarsi, vengono guidate a svilupparsi all’interno del tubicino che, nel tempo e a danno riparato, sarà assorbito dall’organismo. In altre parole, nei ratti paralitici cronici, questa struttura genera tessuti molto simili a quelli originari che vanno a sostituire cisti e cicatrici responsabili dell’interruzione degli impulsi nervosi e causa della perdita di mobilità. I topi, dopo sei mesi dall’impianto, difatti, iniziano a muovere le zampe e a recuperare la funzionalità degli arti paralizzati. Un risultato ancora più lampante, inoltre, ma in questo caso si è ancora ai test preliminari, se alla protesi si combinano terapie farmacologiche e cellule staminali celebrali umane (estratte da feti abortiti spontaneamente). Una prima prova per l’eventuale uso su pazienti paraplegici di una tecnica esportabile, secondo gli esperti, anche per la rigenerazione di altri tessuti come pelle, cartilagine ed ossa. Padre della scoperta è un’equipe italiana guidata da Angelo Vescovi, direttore scientifico dell’Irccs Casa Sollievo della Sofferenza e da Fabrizio Gelain, cervello rientrato da poco nel nostro Paese. La ricerca è ancora in fase iniziale, ma gli autori sono ottimisti: «I risultati della sperimentazione rappresentano l’avvio di un nuovo settore di studio sino ad oggi neppure concepibile, consentendo la ricostruzione di interi frammenti di tessuto nervoso». Infatti a far ben sperare è il recupero di lesioni croniche, quelle cioè più difficili da aggredire perché il danno è ormai consolidato e il tessuto spinale distrutto. «Siamo rimasti stupiti nel vedere che la rigenerazione cellulare è continua, sembra che la bioprotesi inneschi processi di ricrescita spontanea. Servono ancora anni di studio prima di arrivare ad una terapia - precisa Gelain - ma possiamo dire di avere aperto la strada ad una nuova via contro la paralisi».
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