martedì 12 marzo 2013
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​Beppe Grillo, ribadisce il «no» alla fiducia e sfida il Pd a rinunciare al finanziamento pubblico. Cioè a seguire l’esempio del movimento 5 Stelle. E Vito Crimi, il capogruppo designato per il Senato mette in chiaro: chi non si attiene alla linea sul limite di 2.500 euro di indennità parlamentare «è fuori e basta». Per le diarie è un altro conto e va commisurato alle esigenze individuali di trasferirsi a Roma. Crimi ritiene possibile un’esperienza simile a quella del Belgio, rimasto un anno e mezzo senza governo. «Perché no? Non sta a noi la soluzione. La palla è al presidente Napolitano». La posizione resta la stessa: governo a 5 Stelle per i 20 punti di programma. Niente accordi. E se verrà offerta la presidenza di una Camera, «diremo grazie. Noi comunque presenteremo un nostro candidato», conclude Crimi.A gettare ancora una volta il guanto di sfida al partito che ha in mano il fiammifero acceso, il Pd, ci pensa il leader. Dal suo blog, come sempre, il comico genovese ha annunciato ieri l’intenzione di rinunciare al finanziamento ai partiti così come già avvenuto per le elezioni amministrative. Perciò «non richiederà né i rimborsi per le spese elettorali, né i contributi per l’attività politica», scrive il leader del movimento. «Si tratta – specifica – di 42.782.512,50 euro che appartengono ai cittadini, anche in virtù di un referendum». E spiega che «le spese per la campagna elettorale sono state integralmente sostenute grazie ai contributi volontari raccolti e verranno comunque rendicontate».Contestualmente, sul blog è stata lanciata la campagna #Bersanifirmaqui: «Il mio auspicio è che tutte le forze politiche seguano il nostro esempio, in particolare il pdmenoelle al quale spetta la quota più rilevante: oltre 45 milioni di euro (al Pdl "solo" 38). Non è necessaria una legge – si legge sul blog di Grillo – è sufficiente che Bersani dichiari su carta intestata, come ha fatto il M5S, la volontà di rifiutare i rimborsi elettorali con una firma. Per facilitare il compito ho preparato il documento che Bersani può firmare per ufficializzare il rifiuto. Bersani, firma qui! Meno parole e più fatti», conclude. E subito inizia la ridda di commenti, puntualmente rilanciati dal profilo twitter di Grillo. C’è chi ironizza in stile Crozza: «Ooohhh, ragazzi, siam mica qui a rinunciare ai rimborsi elettorali che abbiam già speso...». C’è chi perfido ricorda a Gargamella-Bersani le politiche di austerità intraprese con Monti. Chi ricorda il referendum del 1993, chi si rifà alla massima «siamo tutti di sinistra finché non ci toccano il portafoglio». Infine un utente la mette sul disagio sociale: «Sai quante bocche mangiano con 48.856.037,50 euro??? @pbersani per una volta pensa al popolo!!!».Dal Pd arrivano risposte stizzite che fanno riferimento allo Statuto come prerequisito indispensabile per accedere ai fondi. Oppure, come mette agli atti la deputata Donata Lenzi, arriva la controrichiesta: «Rinuncia alla proprietà del simbolo. La democrazia è fatta di trasparenza e partecipazione dal basso». A sbattere la porta in faccia all’accordo arrivano, però, anche le parole di Ferdinando Imposimato, ex senatore di sinistra e presidente onorario della Cassazione che - sempre dal blog di Grillo - ammette di essere sì favorevole a un’intesa Bersani-Grillo, ma aggiunge di dover «riconoscere che gli otto punti del Pd sono acqua calda». Accettarli per Grillo sarebbe «un suicidio».
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