sabato 5 novembre 2011
Il premier non si fida, ma in caso di crisi valuterà ogni ipotesi Se ne va anche Vizzini, nuovo documento di tre responsabili. Dissidenti del Pdl ed ex- responsabili pensano ad un gruppo autonomo vicino a Casini: «Silvio indichi come premier il sottosegretario, arriviamo al 2013 e rilanciamo il centrodestra»​.
Udc-Pd: o accordo largo o meglio il voto
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​«Angelino, io non sono come quelli che ha portato dentro il 14 dicembre, Silvio ci deve delle risposte politiche, non personali. Sono offesa, per chi ci ha presi?». Isabella Bertolini - ancora deputata del Pdl in servizio effettivo - chiama Alfano e si sfoga dopo aver ascoltato le parole del premier a Cannes. E dà il termometro di una tensione che cresce e che, anzi, le rassicurazioni del premier hanno acuito. Il Cavaliere, dal canto suo, appena rientrato dal G20 ha convocato un gabinetto di crisi a Palazzo Grazioli: presenti l’"uomo dei numeri" Denis Verdini, il segretario politico degli azzurri e Gianni Letta. L’ordine di scuderia è ricucire con tutti gli scontenti, anche fissando appuntamenti personali con il premier prima di martedì, quando alla Camera arriverà il rendiconto. Ma l’ombra di un incidente incombe, e negli ambienti vicini a Palazzo Chigi si ammette che al momento giusto si valuteranno «tutte le ipotesi», scegliendo «quella che tutela di più il presidente e il futuro del centrodestra».Il bollettino di giornata riporta l’addio del senatore Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali, che passa con il Psi di Riccardo Nencini. Da conservare nel memoriale della crisi anche il documento sottoscritto dai deputati Luciano Sardelli (che già ha preso le distanze dal governo nell’ultimo voto di fiducia), Antonino Milo (recuperato in extremis il 14 ottobre) e Vincenzo Scotti (sottosegretario agli Esteri). Il succo è lo stesso della missiva firmata dai sei ex forzisti (Gava, Antonione, Bertolini, Stracquadanio, Pittelli, Destro) che hanno rotto il ghiaccio: si allarghi la maggioranza all’Udc, e se la presenza del premier è un impedimento faccia un passo indietro indicando un nome di sua fiducia. Si profila a Montecitorio la nascita di una componente autonoma del gruppo misto, vicina a Casini, che unisca ex responsabili e scajoliani-berlusconiani delusi, diventando l’approdo di eventuali altri dissidenti. L’ipotesi è quella di contarsi in Aula astenendosi sul rendiconto finanziario. «Così – ragionano – non intralceremmo il provvedimento ma potremmo già mostrare quanto siano esili i numeri». La valutazione finale si farà a ridosso del voto.L’area della dissidenza lancia messaggi in codice a Palazzo Grazioli: «Se indicasse Gianni Letta riconquisteremmo Casini e una parte della Lega sarebbe d’accordo, evitando la disfatta alle elezioni». Il premier da un po’ di giorni ci pensa, ma in nessun modo vuole dare all’esterno e all’interno l’impressione di essere disponibile ad un passo indietro. Perciò da Cannes ha alzato i toni e si è autoblindato. Il governo lo segue senza indugi. Sacconi conferma che «le larghe intese sono impossibili», Calderoli chiude all’esecutivo tecnico. Restano solo l’obiettivo 2013 e il voto anticipato. Un fedelissimo di Berlusconi, a fronte dell’offerta di un avvicendamento con Letta, rivela: «Silvio non si fida, gli possono dare tutte le garanzie del mondo ma il giorno dopo aver lasciato sarebbe senza difese. Cosa fa, scappa dal Paese?».Fronte Senato, dove passerà in prima lettura il ddl stabilità: Lamberto Dini torna a smentire di essere coinvolto in fronde, mentre i movimenti dei pisaniani procedono a fari spenti. Lanciano rassicurazioni altri tre sospettati di Montecitorio, Iannaccone, Porfidia e Belcastro, che hanno appena lasciato i responsabili per formare una loro componente: «Alcuni dall’opposizione verranno da noi».
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